Monarchia

Tra indifferenza e desiderio di repubblica: come sarà l'incoronazione fuori da Londra?

Da domani, Carlo III sarà ufficialmente il nuovo re del Regno Unito, ma anche dei reami del Commonwealth e dei territori d'oltremare britannici, dove però non sembra esserci lo stesso entusiasmo della capitale inglese
© AP Photo/Peter Dejong
Federica Serrao
05.05.2023 19:30

Da domani, Carlo III sarà ufficialmente il nuovo re del Regno Unito. Ma anche degli altri quattordici reami del Commonwealth e dei territori d'oltremare britannici. Eppure, mentre le strade di Londra – ormai da giorni – si sono colorate di bianco-rosso-blu grazie alle bandiere dell'Union Jack appese in ogni angolo, fuori dai confini del Regno Unito le reazioni al grande evento sembrano essere decisamente più pacate. Se nella capitale inglese le vetrine si sono riempite di corone di plastica, spille, portachiavi e gadget a tema, in altre nazioni sotto la monarchia di re Carlo l'entusiasmo per l'imminente incoronazione sembra essere molto più contenuto. Così come i festeggiamenti. Anche se – ovviamente – con qualche eccezione. 

Dopotutto, qualche Paese e qualche territorio avevano già dimostrato la loro vicinanza a Buckingham Palace a settembre, in occasione dei funerali della regina Elisabetta II. Dall'Antartide a Tristan da Cunha, due dei territori più remoti del mondo (se non i più remoti in assoluto), persino ricercatori scientifici e isolani si erano uniti al dolore causato dalla scomparsa della monarca più longeva della storia dell'Inghilterra. A settembre, in mezzo alla neve e al ghiaccio delle basi antartiche britanniche, l'Union Jack era stata issata a tutt'asta mentre Carlo III diventava nuovo monarca, succedendo alla madre. Sull'isola più remota del mondo, nell'Oceano atlantico, la manciata di abitanti che popolano Tristan da Cunha aveva invece posizionato un ritratto della defunta regina nella Sala del Consiglio. 

Piccoli gesti. Ma simbolici, e comuni in tanti territori d'oltremare britannici e reami del Commonwealth. Questa volta, però, la faccenda sembra diversa.

Chi preferiva Elisabetta

Le emozioni, lo anticipavamo, non sembrano essere particolarmente positive ovunque. L'incoronazione di re Carlo, attesissima nel Regno Unito, altrove non sta suscitando particolare interesse. In Canada, secondo le testimonianze raccolte da un corrispondente della BBC, i cittadini si definiscono per lo più «indifferenti». Gli stessi sondaggi d'opinione parlano chiaro: i canadesi, nonostante fossero particolarmente affezionati a Elisabetta, non provano la stessa ammirazione per Carlo. E anzi, sembrerebbero sempre più interessati ad allontanare il loro Paese dalla monarchia inglese. Spostandoci in Australia, tra le strade di Sydney sono pochi, quasi nulli, i segni che possano ricondurre all'incoronazione di Carlo. Di più, a una settimana dalla cerimonia, molti australiani non avevano idea della data precisa dell'evento. Qualcuno, tra i più giovani, non sapeva nemmeno fosse in programma. Un timido tentativo di mostrare vicinanza alla monarchia inglese verrà messo in atto sabato sera, quando i monumenti di tutta l'Australia verranno illuminati di viola. La copertura televisiva dell'evento, tuttavia, sarà limitata. E ben lontana da quella riservata ai matrimoni reali o, più recentemente, ai funerali di Elisabetta. Anche da queste parti, Carlo non è ancora riuscito a guadagnarsi la stessa stima e lo stesso affetto che i cittadini avevano per la madre. E, come se non fosse abbastanza, la sua incoronazione arriva anche con un tempismo a dir poco pessimo. In questi ultimi tempi, il movimento repubblicano australiano ha infatti riscontrato il maggior successo dell'ultimo decennio.

Senza andare troppo lontano, anche la Nuova Zelanda sembra essere stata investita dai medesimi sentimenti. Lo stesso primo ministro, Chris Hipkins, negli scorsi giorni ha ribadito di essere un repubblicano e di essere fortemente convinto che, prima o poi, il Paese lascerà «idealmente» la monarchia. 

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Verso la repubblica?

Volando fino ai Caraibi, la situazione non accenna a migliorare. Al contrario, in queste nazioni la morte della regina Elisabetta non ha fatto altro che aumentare i dibattiti sul futuro. Molti Paesi vogliono ora seguire le orme di Barbados, che nel 2021 ha definitivamente abbandonato la monarchia, diventando una repubblica. Le richieste in tal senso, si legge sul Washington Post, sono state amplificate dal movimento Black Lives Matter e da una recente controversia sul maltrattamento da parte della Gran Bretagna degli immigrati provenienti dalle Indie Occidentali Britanniche. Ora, tra i regni caraibici, i più decisi a inseguire il sogno di diventare una Repubblica sembrano essere Antigua e Barbuda, Belize e Giamaica. E proprio a Montego Bay, solo qualche giorno fa, decine di persone hanno affollato un centro civico per parlare proprio di Carlo III. Ovviamente, però, non per celebrarlo in vista dell'imminente incoronazione. L'obiettivo dell'incontro era infatti quello di illustrare i piani del governo per abolire la monarchia e diventare presto una repubblica. 

Non molto lontano, nello stato insulare di Grenada, l'entusiasmo per l'evento sembra essere prossimo allo zero. «Nei Caraibi nessuno parla dell'incoronazione. Non è un argomento d'interesse. Non è un problema. La gente è in gran parte disinteressata», confessa la presidente della commissione nazionale per le riparazioni al Washington Post, confermando la stessa tendenza già riscontrata in altri reami del Commonwealth. Sull'isola di St. Lucia, quasi nessuno ha in programma di sintonizzarsi in diretta per l'incoronazione. I reali sono lontani, sia fisicamente che emotivamente. E per molti, l'incoronazione è solo una formalità. 

A Saint Kitts e Nevis, la situazione non è diversa. Anche qui, si spera avvenga presto una transizione verso una repubblica. Transizione che, tuttavia, avverrebbe solo grazie a un referendum, più complicato di quanto sembri. Oltre ad ottenere la maggioranza di voti a favore, si dovrebbero superare altri ostacoli, diversi per ognuno dei Paesi caraibici. Il che rende la faccenda decisamente più complicata e delicata di quanto possa apparire. 

Quel legame con Vanuatu

Ma mentre molti Paesi non mostrano il minimo interesse, qualcun altro sembra essere entusiasta. E organizza anche grandi festeggiamenti. Anche se, a dirla tutta, con il Regno Unito non avrebbe più nulla a che fare ormai da tempo. È il caso di Vanuatu, un piccolo stato insulare nell'Oceano Pacifico Meridionale. Sebbene l'arcipelago abbia ottenuto l'indipendenza dal Regno Unito nel 1980, esiste ancora una remota tribù del Pacifico meridionale nota per venerare il defunto Principe Filippo. Tanto da aver dato vita a quello che gli antropologi chiamano «Movimento del Principe Filippo». Secondo un'antica profezia dell'isola di Tanna, «uno spirito guerriero dalla pelle pallide dell'isola» si sarebbe allontanano da Vanuatu per cercare una donna potente da sposare. Quando il Duca di Edimburgo visitò con la regina Elisabetta quelle che ai tempi erano chiamate «Nuove Ebridi», fu immediatamente riconosciuto dagli isolani come «lo spirito ritornato». Dando origine, va da sé, a un legame fortissimo con il Regno Unito.

Da giorni, quindi, ci si prepara per il grande evento. Gli abitanti dell'isola di Tanna hanno in programma balli e festeggiamenti con la kava, una «bevanda inebriante» composta da radici polverizzate. Anche qui, verranno appese le bandiere dell'Union Jack, insieme a tre ritratti del Principe Filippo, donati a Vanuatu da Buckingham Palace. Secondo ABC Radio, alla festa presenzieranno tra le 5.000 e le 6.000 persone. 

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