Il caso

Tratta degli schiavi: Carlo III sostiene lo studio

Buckingham Palace sta collaborando con uno studio indipendente che intende inquadrare la relazione fra la monarchia britannica e la tratta degli schiavi nel XVII e XVIII secolo
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Marcello Pelizzari
06.04.2023 16:51

Buckingham Palace collabora. Nello specifico, con uno studio indipendente che intende inquadrare la relazione fra la monarchia britannica e la tratta degli schiavi nel diciassettesimo e diciottesimo secolo. Di più, re Carlo III sta prendendo la questione «profondamente sul serio». 

La ricerca, leggiamo, è condotta dall'Università di Manchester assieme alla fondazione indipendente Historic Royal Palaces, l'ente incaricato di gestire i palazzi reali non occupati. Buckingham Palace, in un'operazione di trasparenza probabilmente senza precedenti, sta garantendo ai ricercatori pieno accesso agli archivi reali e alla collezione reale. Lo studio dovrebbe essere completo nel 2026.

Sia Carlo sia suo figlio William, il principe di Galles, in precedenza avevano espresso dolore per le sofferenze causate dalla tratta degli schiavi. L'anno scorso, durante una visita in Ruanda, l'attuale re aveva affermato di non poter descrivere «la profondità del suo dolore personale». La scorsa primavera, invece, il principe William in Giamaica disse che la schiavitù era un'aberrazione. Un'aberrazione che «non sarebbe mai dovuta accadere» nonché una «macchia» eterna «nella nostra storia».

Carlo, concretamente, intende proseguire nel suo impegno di comprensione dell'impatto della schiavitù con «forza e determinazione», ha spiegato un portavoce di Buckingham Palace. Che ha aggiunto: «Data la complessità dei problemi, è importante esplorarli nel modo più approfondito possibile».

Buckingham Palace ha rilasciato una nota ufficiale dopo che il Guardian, sul proprio sito, ha pubblicato una maxi inchiesta incentrata proprio sui legami della monarchia britannica e la tratta degli schiavi. In particolare, l'inchiesta del quotidiano ruota attorno a un documento mai visto prima, del 1689, che mostra il trasferimento di azioni della Royal African Company, compagnia commerciale inglese che aveva come scopo la deportazione nelle colonie britanniche di schiavi prelevati dall'Africa, dal vice-governatore della compagnia Edward Colston a re Guglielmo III.

Il Guardian, fra le altre cose, ha pure scoperto un altro documento, di 46 pagine, negli archivi dell'India Office, il Dipartimento governativo un tempo responsabile del dominio britannico sul subcontinente indiano. Il documento descrive nei minimi dettagli un'indagine, apparentemente commissionata dalla regina Mary, la nonna di Elisabetta II, sulle origini imperiali dei suoi gioielli. Il rapporto, del 1912, spiega come pezzi inestimabili, tra cui una lunga cintura d'oro intarsiata con 19 grandi smeraldi usata da un maharaja indiano per decorare i suoi cavalli, furono estratti dall'India come trofei di conquista e successivamente dati alla regina Vittoria.

Fra i re e le regine che hanno approfittato della schiavitù anche Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena, sul trono dal 1558 al 1603, anno della sua morte. La regina Tudor concesse una grande nave reale al commerciante di schiavi John Hawkins, nel 1564, in cambio di una quota dei profitti del viaggio. Durante il viaggio, Hawkins catturò molti africani e ne sequestrò altri 600 dalle navi portoghesi, secondo quanto riferito da Nick Hazlewood nel suo libro The Queen's Slave Trader.

Guglielmo IV, invece, sedeva sul trono quando la schiavitù fu abolita nel 1833. Tuttavia, si era sempre opposto all'abolizione. Prima di diventare re, deteneva il titolo di Duca di Clarence e trascorse del tempo nei Caraibi, dove fece amicizia con alcuni proprietari di piantagioni e, ancora, si vantò di aver contratto una malattia sessuale. Dedicò discorsi in difesa della schiavitù, sostenendo che era vitale per la prosperità e addirittura che le persone schiavizzate erano «relativamente in uno stato di umile felicità».

Clarence House, l'odierna dimora del re Carlo III e Camilla, la regina consorte, fu costruita per Guglielmo IV alla fine degli anni '20 dell'Ottocento.

La questione, evidentemente, è legata altresì al Commonwealth e all'esigenza, da parte di molti Paesi membri, di affrancarsi dalla monarchia britannica. Re Carlo, al riguardo, ha detto che ogni nazione del Commonwealth dovrebbe decidere liberamente se diventare una repubblica. Le origini del Commonwealth risalgono «al periodo più doloroso della nostra storia», la lunga fase del colonialismo britannico. E, secondo l'attuale re, è arrivato il momento di parlare degli errori commessi in passato. Mentre scriviamo queste righe, oltre al Regno Unito ci sono 14 nazioni in cui Carlo III è riconosciuto come capo di Stato.

Lo studio, concludendo, è cominciato lo scorso ottobre, un mese dopo che Carlo è salito al trono dopo la morte di Elisabetta.