Trump e la fine della guerra: l'Ucraina accetterebbe di cedere alla Russia i territori occupati?
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, per Kiev la questione di vitale importanza è sempre stata quella territoriale: evitare a tutti i costi l’occupazione di diverse regioni del Paese. I funzionari ucraini per mesi hanno ripetuto fino allo sfinimento che non ci sarebbe mai stato un accordo di pace con Mosca se le truppe di Putin non avessero ceduto il territorio invaso. Ora, di fronte alle difficoltà sul campo di battaglia e la vittoria elettorale di Donald Trump negli USA, che potrebbe spingere per arrivare in breve tempo a un accordo di pace, il focus sembra essere cambiato. O perlomeno, un’altra questione sembra esser diventata più rilevante. Stando al New York Times, infatti, Kiev in questa fase del conflitto sta dando maggiore importanza all'ottenimento di garanzie di sicurezza laddove dovesse arrivare un cessate il fuoco.
Mentre le forze ucraine perdono costantemente terreno a est, due alti funzionari ucraini hanno affermato che la difesa degli interessi del Paese in potenziali colloqui non dipenderà dai confini territoriali, che saranno probabilmente determinati dai combattimenti, ma dalle garanzie che un eventuale cessate il fuoco possa reggere nel tempo: «I colloqui dovrebbero basarsi su garanzie. Per l'Ucraina, niente è più importante», ha affermato Roman Kostenko, presidente del Comitato per la difesa e l'intelligence del Parlamento ucraino, citato dal NYT. Mentre un altro funzionario ucraino, che ha parlato in condizione di anonimato, è stato anche più diretto: «La questione territoriale è estremamente importante, ma è comunque la seconda questione. La prima questione è legata alle garanzie di sicurezza».
I confini ucraini sono stati stabiliti con la dichiarazione di indipendenza del 1991, ma da allora la Russia ha preso il controllo di circa il 20% di quei territori. Kiev, in caso di un accordo favorevole alla Russia rispetto al mantenimento delle regioni invase, continuerebbe ad avanzare le sue rivendicazioni, ma con un approccio incentrato maggiormente sulla sicurezza per la popolazione. Lo scorso ottobre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando di un cessate il fuoco, aveva dichiarato: «Tutti capiscono che, indipendentemente dal percorso che intraprendiamo, legalmente nessuno riconoscerà i territori occupati come appartenenti» alla Russia.
I funzionari di Kiev stanno cercando di entrare a far parte della NATO proprio come garanzia contro nuovi attacchi russi, solo che al momento l’adesione all’Alleanza atlantica resta incerta, nonostante il favore espresso da numerosi Paesi occidentali. Secondo i funzionari di Kiev, inoltre, un importante arsenale di armi convenzionali, fornito dall'Occidente, consentirebbe all'Ucraina di reagire rapidamente e fungerebbe da deterrente qualora Mosca volesse riprendere le ostilità.
Le garanzie di sicurezza restano comunque un tema spinoso tanto quanto quello territoriale. Il NYT, a tal proposito, ricorda che quando i due Paesi si incontrarono nel 2022 per i colloqui di pace, la Russia si tirò indietro proprio di fronte alla possibilità di un accordo che obbligasse gli altri Paesi a intervenire in difesa dell'Ucraina in caso di attacco. Del resto, una delle richieste cardine del Cremlino, è che Kiev non entri mai a far parte della NATO. Un punto, questo, del tutto inaccettabile per Putin, proprio come la restituzione dei territori occupati dalle truppe russe.
L’arrivo di Donald Trump, apertamente scettico sulla consegna di aiuti americani all'Ucraina, potrebbe accelerare la decisione di Kiev di sedersi al tavolo delle trattative con Mosca. In questa fase, gli ucraini avrebbero il territorio russo di Kursk, invaso ad agosto, da utilizzare come merce di scambio, ma per il Cremlino, invece, il ritiro degli ucraini è piuttosto un prerequisito per iniziare i negoziati.
Inoltre, secondo gli Stati Uniti, proprio a Kursk sarebbero schierati 50 mila soldati russi e nordcoreani pronti alla controffensiva. Dunque le carte in mano a Zelensky potrebbero farsi sempre meno buone una volta seduto al tavolo delle trattative.
Donald Trump e il leader ucraino la settimana scorsa hanno avuto una conversazione, ma nessuno dei due ha reso pubblico l'argomento trattato. Mentre recentemente Mykhailo Podolyak, il principale consigliere del presidente ucraino, si è detto «cautamente ottimista» sul fatto che il tycoon possa cambiare idea rispetto ai finanziamenti dopo l'insediamento a Washington: «Riceverà molte più informazioni sulla natura di questa guerra e sulle reali intenzioni di Putin. Spero che qualcuno gli metta finalmente un rapporto sulla scrivania che analizzi il profilo psicologico di Putin, spiegando perché fondamentalmente non è qualcuno con cui si può negoziare», ha affermato Podolyak.
L’unica certezza, ora, è che l'Ucraina sta perdendo terreno, soffrendo sempre di più per il divieto di utilizzare i missili balistici occidentali in territorio russo. Il sostegno alla possibilità di cedere i territori occupati in cambio della pace sta aumentando pure tra la popolazione ucraina. Stando a un sondaggio realizzato lo scorso ottobre dal Kyiv International Institute of Sociology, il 32% degli intervistati sosterrebbe un accordo del genere. Si tratta di un aumento del 19% rispetto a quanto emerso l'anno scorso.