Trump minaccia e la Groenlandia corre ai ripari: «A marzo terremo le elezioni generali»

Quella di Trump, per la Groenlandia, è una vera e propria minaccia. Ragione per cui, il territorio autonomo danese ha deciso di intervenire. Proponendo, per il prossimo 11 marzo, delle elezioni generali. Una mossa che, come ha annunciato il primo ministro groenlandese, è una risposta al rinnovato interesse del presidente degli Stati Uniti per il territorio artico.
Neanche a dirlo, infatti, la prossima campagna elettorale sarà incentrata sulle «aspirazioni di indipendenza della Groenlandia», ma anche «sullo sviluppo della fragile economia dell'isola e sulle relazioni con la Danimarca e gli Stati Uniti». «Siamo nel bel mezzo di un periodo serio. Un momento che non abbiamo mai vissuto nel nostro Paese. Non è questo il momento per creare divisioni interne», ha dichiarato in un post sui social media – senza mai menzionare, direttamente, Donald Trump – il primo ministro groenlandese Múte Egede. Dopotutto, nelle ultime settimane, il presidente degli Stati Uniti è stato particolarmente insistente. Trump, più volte, ha ribadito di voler seriamente acquistare il territorio artico, mostrando di essere pronto a qualunque cosa, pur di riuscire nell'intento. Non sorprende, dunque, che il Parlamento della Groenlandia abbia approvato all'unanimità la proposta di Egede, per le elezioni dell'11 marzo. Circa quattro settimane prima della scadenza elettorale, prevista per il 6 aprile.
Ma non è tutto. Prima di fissare la data del voto, il Parlamento groenlandese ha anche approvato un nuovo disegno di legge che vieta le donazioni politiche straniere per evitare ingerenze elettorali. Una legge proposta per «salvaguardare l'integrità politica della Groenlandia», citando gli interessi geopolitici dell'isola, dove una «superpotenza alleata ha espresso interesse a prendere il controllo della Groenlandia».
La questione dell'indipendenza
Il primo ministro – che compirà 38 anni proprio nel giorno delle elezioni – sostiene l'indipendenza. Al momento, però, non ha ancora proposto un piano preciso su come ottenerla. Egede, nello specifico, guida una coalizione di governo formata dal suo partito di sinistra Inuit Ataqatigiit e dal partito socialdemocratico Siumut.
Sebbene tutti e cinque i partiti parlamentari sostengano l'indipendenza, ognuno di loro ha opinioni diverse su come questa debba essere raggiunta. Solo il partito di opposizione Naleraq – che attualmente detiene cinque seggi nel Parlamento di 31 seggi – vuole recidere immediatamente i legami con la Danimarca. «La parte più importante della nostra campagna elettorale sarà l'avvio del processo di indipendenza dalla Danimarca», ha infatti dichiarato, a tal proposito, il leader del partito Pele Broberg.
Come si legge su Reuters, secondo un recente sondaggio condotto dall'istituto di sondaggi Verian e commissionato dal quotidiano danese Berlingske e dal quotidiano groenlandese Sermitsiaq, qualora si tenesse ora un referendum, la maggior parte dei groenlandesi voterebbe per l'indipendenza. Dall'altro lato, però, i risultati dell'analisi mostrano anche che il 45% della popolazione si opporrebbe all'indipendenza, qualora questa incidesse negativamente sugli standard di vita. Una prova del fatto che il percorso verso l'indipendenza resta ancora incerto. E la minaccia di Donald Trump potrebbe renderlo ancor più tortuoso.