Tutti in fuga dall'esondazione: «Vogliono cancellare l'Ucraina»
Poche ore prima delle cannonate sui quartieri a ridosso del fiume esondato era stato il presidente Volodymyr Zelensky a raggiungere Kherson per incoraggiare la popolazione e ringraziare i soccorritori. Poco più a Nord, nella regione di Zaporizhia, l’esercito ucraino ha colpito duramente le postazioni russe in quello che è sembrato come l’avvio della controffensiva di Kiev che intende colpire alcune aree del fronte per sfondare le linee russe su alcuni fianchi e costringere le forze d’occupazione a cedere metri e riorganizzarsi.
Bombe sugli sfollati
Lo Stato maggiore di Kiev ha confermato l’avvio delle manovre, ma non entra nei dettagli. Anche alcuni sindaci della regione ribadiscono di aver saputo della luce verde data ai militari e invitano la popolazione a non tralasciare alcun allarme.
I bombardamenti russi hanno ucciso due civili durante le operazioni di evacuazione dai villaggi evacuati. L’artiglieria ha deliberatamente centrato una zona residenziale di Kherson completamente allagata e trasformata in un improvvisato imbarcadero per i gommoni con cui vengono recuperate le persone ancora intrappolate nelle zone inondate. Almeno 7 persone sono rimaste ferite e tra esse il rabbino capo dell’Ucraina, Mosche Asman, che era giunto nelle zone allagate dopo la distruzione della diga di Kakhovka per portare aiuti alla popolazione e denunciare gli atti di Mosca.
I colpi sono caduti dove i soccorritori sbarcavano gli alluvionati e i giornalisti facevano domande ai sopravvissuti. Ancora migliaia sono bloccati da qualche parte. Forse vivi, forse dispersi. Le agenzie umanitarie ONU spiegano che in due giorni sono state evacuate circa 4 mila persone, ma nella zona allagata ne vivevano almeno 40 mila. Prima della guerra erano oltre 100 mila. Nessuno sa con precisione quanti siano i morti. C’è chi forse si è messo in salvo consegnandosi agli occupanti sul lato controllato dai russi. E chi magari se l’è cavata a nuoto, oppure fuggendo in macchina prima che fosse troppo tardi.
Una voce disperata
«Stiamo facendo tutto il possibile per aiutare e soccorrere le persone ma forse questa è la catastrofe più grande che abbiamo vissuto fino a oggi». È la testimonianza di monsignor Stanislav Szyrokoradiuk, vescovo della diocesi cattolica di Odessa-Simferopol, sotto la cui giurisdizione ricade la città di Kherson. «Stanno agendo in modo che l’Ucraina non possa più esistere. È una guerra terribile e l’unica via possibile ora è liberare tutto il nostro territorio», ha aggiunto il presule.
Manca l’acqua potabile
L’accesso all’acqua potabile è una delle principali preoccupazioni, poiché i livelli del bacino di Kakhovka, che alimenta le condotte per oltre 700 mila persone nell’Ucraina meridionale, hanno continuato a scendere rapidamente. In totale, secondo il governo ucraino, circa 80 villaggi e città dell’oblast di Khersonska sono stati inondati, causando danni e distruzione alle abitazioni e ad altre infrastrutture civili. La situazione potrebbe ulteriormente peggiorare nelle prossime ore. Si prevede che il livello dell’acqua continuerà ad aumentare prima di raggiungere il picco, e il numero di persone colpite potrebbe passare dalle 17.000 di oggi a quasi 40.000. Secondo le diverse previsioni, le inondazioni dovrebbero durare circa una settimana, con gravi conseguenze umanitarie che si protrarranno anche dopo il ritiro della palude.
L’impatto della distruzione della diga di Kakhovka - esplosa nelle prime ore del mattino del 6 giugno - ha continuato a peggiorare, costringendo altre persone ad abbandonare le loro case e ostacolando l’accesso all’acqua e ad altri servizi essenziali, secondo quanto riferito dagli operatori umanitari sul campo. Sebbene il livello dell’acqua stia aumentando più lentamente rispetto a ieri, secondo le autorità ucraine e gli operatori umanitari, sta ancora causando l’allagamento di altri villaggi e città nell’oblast’ di Khersonska.
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, circa 1.300 persone che vivono in aree sotto il controllo ucraino non hanno avuto altra scelta che lasciare le loro case subito dopo il crollo della diga. Il governo ucraino ha riferito che il numero delle persone evacuate è salito a quasi 2.000 oggi. Gli umanitari che lavorano per sostenerli hanno spiegato che la maggior parte ha deciso di rimanere vicino alle proprie case, nella città di Kherson, e alcune decine sono partite verso Mykolaiv o Odessa. I media riferiscono anche di inondazioni nelle aree sotto il controllo russo, anche se le Nazioni Unite non hanno avuto accesso a queste zone per confermare l’entità dell’impatto in questa parte del Paese.
Continui scambi di colpi
Anche per tutta la giornata di oggi gli scambi di colpi sono stati ininterrotti. Sul lato ucraino sono stati usati anche i lanciatori multipli per tenere sotto pressione le linee russe appostate dietro all’argine del Dnepr. Ma l’artiglieria di Mosca non ha ridotto la pressione colpendo anche i quartieri residenziali di Kherson. Nel corso di uno degli attacchi è rimasto coinvolto anche il rabbino capo dell’Ucraina, Mosche Reumen Azman che stava rilasciando una intervista nella quale accusava i “nazifascisti” del Cremlino per l’aggressione all’Ucraina.