Un anno dall'attacco al Nord Stream: che cosa sappiamo?
Il 26 settembre di un anno fa, nel 214. giorno di guerra in Ucraina, alcune esplosioni sottomarine danneggiavano gravemente i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 nel Mar Baltico. Generando caos, preoccupazioni, pericoli. E, ovviamente, anche ipotesi, e poi indagini. Indagini che, tuttavia, non sono ancora riuscite a ricostruire che cosa accadde realmente in quel giorno di fine settembre. Soprattutto, a dodici mesi di distanza, manca ancora un chiaro colpevole. Negli ultimi 365 giorni, si è puntato il dito contro diversi Paesi, primo fra tutti la Russia. Ma con il passare del tempo e con l'emergere di nuovi indizi, le carte sono state rimescolate tante volte. Senza però riuscire, almeno per ora, a individuare il vero responsabile.
Il fatto
Ritorniamo, per un momento, al 26 settembre di un anno fa. Le esplosioni sottomarine, avvenute nelle acque al largo della costa dell'isola danese di Bornholm, causarono un danneggiamento dei gasdotti del Nord Stream, lasciando intatto un solo collegamento. In particolare, vennero danneggiate tre sezioni, all'interno delle quali erano contenuti 778 milioni di metri cubi di gas naturale. La cui fuoriuscita, a detta degli esperti, è stata fino ad ora una delle più grandi perdite singole di gas metano nell'atmosfera. Tale da aver creato una nuvola tossica per il clima.
In un primo momento qualcuno parlò di un incidente. Altri di un attentato. Kiev e Mosca, fin da subito, negarono ogni responsabilità. Poi, il 18 novembre, a quasi due mesi di distanza dall'attacco, arrivò la prima conferma ufficiale: si era trattato di un grave sabotaggio. Dalle analisi emersero «tracce di esplosivi su diversi oggetti estranei rinvenuti». E da quel momento, si intensificarono le congetture.
Le ipotesi
Nel corso di questi dodici mesi, si è detto e si è scritto tanto sull'attacco al Nord Stream. Soprattutto, sono state fatte tante, tantissime ipotesi. Ancora oggi, però, l'unica certezza che resta è che si sia trattato di un atto deliberato. La Russia fu la prima a essere severamente incolpata dai funzionari statunitensi ed europei, ma le cose cambiarono a fine anno. A dicembre, nessuna delle prove raccolte fino a quel punto suggeriva un concreto coinvolgimento di Mosca nell'attacco. Tuttavia, complici le rilevazioni di alcune imbarcazioni sospette intorno al luogo dell'attacco nei giorni precedenti ai fatti, la pista russa è rimasta ugualmente aperta fino ad oggi. Ma nel frattempo, ne sono spuntate di nuove.
A inizio 2023 si accesero i riflettori anche sull'Ucraina, a causa della sua opposizione agli oleodotti sostenuti dal Cremlino. Poi, alcuni mesi fa, secondo quanto riportato dal Washington Post, la CIA avrebbe appreso da un alleato, mesi prima delle esplosioni, che l'esercito ucraino aveva pianificato un attacco segreto proprio ai gasdotti del Nord Stream. La rivelazione sarebbe stata contenuta in alcuni documenti di intelligence condivisi su Discord. Un mese fa, Der Spiegel e ZDF hanno pubblicato una lunghissima indagine che suggeriva, ancora una volta, il coinvolgimento di Kiev. Ma anche in questo caso, il rapporto non è stato sufficiente per indicare con certezza il vero responsabile del sabotaggio.
Facendo un passo indietro, però, a marzo, nelle indagini degli investigatori tedeschi fece capolino la barca a vela Andromeda. Un'imbarcazione noleggiata da persone sotto falsa identità, che, ancora oggi, si sospetta possa essere stata utilizzata per trasportare gli esplosivi utilizzati nell'attacco. Sempre in quell'occasione, alcuni funzionari occidentali dichiararono che, stando ad alcune comunicazioni dell'intelligence intercettate, i responsabili dell'attacco potevano appartenere a un gruppo filo-ucraino. Gruppo che potrebbe aver agito all'insaputa di Kiev e di cui vennero ricostruiti anche i presunti movimenti. Dalla consegna del materiale esplosivo al porto di Rostock, fino alla data dei fatti.
Le indagini oggi
Oggi, quindi, il mistero è più fitto che mai. Soprattutto, più intricato rispetto a quanto non lo fosse già un anno fa. Al momento, sulla vicenda stanno indagando Germania, Danimarca e Svezia. I tre Paesi hanno avviato indagini separate, ma collaborano attivamente sulla questione, come ribadito in una lettera inviata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a luglio.
In Germania, a condurre le indagini sono la polizia nazionale e il procuratore generale della Corte federale di giustizia, mentre in Svezia a occuparsi del caso è il servizio di sicurezza svedese, sotto la guida del procuratore Mats Ljungqvist. Quest'ultimo ha rivelato che Stoccolma ha effettuato «ampi sequestri» dalla scena del crimine. La Danimarca, invece, ha coinvolto nell'indagine le agenzie di sicurezza, l'intelligenza e la polizia, oltre ad aver chiesto la collaborazione con le autorità straniere.
Dal canto suo, invece, la Russia ha chiesto già tempo fa all'ONU di indagare sulla questione.