Il racconto

Una ticinese nell'occhio del ciclone: «È stato molto stressante, ho dormito poche ore in tre giorni»

Barbara Clemann e il marito hanno atteso l'arrivo dell'uragano Milton nella loro casa a Bradenton, dove è passato l'«eye of the storm»: «È impressionate quello che madre natura può fare»
©CdT/Barbara Clemann
Michele Montanari
10.10.2024 17:45

Alla fine Milton è arrivato. L’«uragano del secolo» ha colpito la costa centro-occidentale della Florida nella notte tra mercoledì e giovedì, con piogge intense e forti venti. Almeno tre milioni di persone sono rimaste senza elettricità e, al momento, ci sarebbero 4 vittime. In queste ore e nei prossimi giorni si farà l’inevitabile conta dei danni, sicuramente ingenti: già si stima che le perdite potrebbero raggiungere i 60 miliardi di dollari.

Alcune zone della costa del Golfo del Messico sono state inondate da onde alte fino a 3 metri, mentre i tornado, il cui cammino imprevedibile rende quasi impossibile anche la possibilità di evacuare, hanno distrutto edifici, case e automobili. I cieli sono diventati violacei e i venti hanno soffiato fino a 190 km/h. Alberi, detriti e pure veicoli sono stati spazzati via, come trasformati in proiettili impazziti.

A Bradenton, cittadina situata a sud di Tampa e a nord di Sarasota, circa il 60% degli abitanti è rimasto senza elettricità. Tra loro c’è anche la ticinese Barbara Clemann, originaria di Coldrerio, che dal 2009 vive in Florida. È proprio Barbara a darci un’idea di quanto avvenuto, per lei e i suoi cari le cose potevano andare decisamente peggio: «Al momento non abbiamo corrente. Però, considerando la forza del vento, fortunatamente stiamo bene. Sono caduti alcuni alberi qui dove abito. Ora possiamo uscire di casa, ma non possiamo allontanarci più di tanto. Le autorità hanno chiesto di non muoversi con l’auto, ci sono cavi elettrici nelle strade».

CdT/Barbara Clemann
CdT/Barbara Clemann

La ticinese, che vive a Bradenton con il marito, mentre la figlia e il figlio si trovano rispettivamente a Orlando e a Fort Lauderdale, racconta: «Noi abbiamo messo i pannelli su tutte le finestre, per evitare che un oggetto spinto dal vento le danneggiasse. Abbiamo perso due pannelli solari che erano stati messi dal proprietario precedente. La nostra casa è in cemento, quindi non abbiamo riportato altri danni. Qui nella nostra zona nessuno ha perso il tetto. Ci sono alberi caduti e alcune tegole volate però».

La donna prosegue: «Proprio a Bradenton è arrivato quello che chiamano eye of the storm. Nonostante ci siano stati uragani in passato, è la prima volta che l’occhio del ciclone passa di qui». Ma come è trovarsi proprio lì in mezzo? «La cosa incredibile è che il vento, quando l'occhio è effettivamente arrivato, si è fermato. Tutto è diventato calmissimo per 10-12 minuti. Poi il vento ha ricominciato con molta più forza di prima. Aveva davvero una potenza incredibile». Barbara ricorda solamente altri due uragani così forti: Irma nel 2017 e Ian nel 2022. E aggiunge: «A quanto pare dovrebbe essercene già un altro che si sta formando nel Golfo del Messico. Purtroppo l'acqua in quell’area è troppo calda e ciò dà potenza agli uragani».

Ma cosa si prova a dovere aspettare l’arrivo di un evento così catastrofico? «È molto stressante», risponde senza esitare la ticinese. E racconta: «Negli ultimi tre giorni ho dormito circa 5 ore. Bisogna prepararsi. Si fa scorta di acqua e ghiaccio. Ora che non c’è corrente, il nostro frigorifero lo apriamo solo in caso di necessità. E poi bisogna avere abbastanza medicine, per almeno 3-5 giorni. È stressante il prima, ma anche il dopo. Mentre Milton colpiva sono riuscita a fare dei brevi video, naturalmente dall'interno della casa (vedi sotto). Non sono uscita, altrimenti sarei volata via. È impressionate quello che madre natura può fare».

Dopo la tempesta, Barbara e il marito hanno tolto i pannelli dalle finestre e sono usciti dalla loro abitazione per controllare che non ci fossero stati troppi danni, o peggio: «Ci siamo sincerati che i nostri vicini stessero tutti bene. La cosa migliore, quando si verificano tali disastri, è vedere le persone che si aiutano le une con le altre, anche se non si conoscono. In questi momenti non importa più il credo politico o altro. Non conosco i loro nomi, ma siamo qui, tutti insieme».