Il personaggio

«Uno dei principali artefici dell'attacco del 7 ottobre»: ecco chi era Yahya Sinwar

Il leader di Hamas è stato ufficialmente dichiarato morto in seguito a un raid avvenuto a Gaza – Il suo passato, tra più di vent'anni di prigione e una vita dedicata al Movimento Islamico di Resistenza sin dalla giovane età
© MOHAMMED SABER
Red. Online
17.10.2024 17:43

Yahya Sinwar è morto. La notizia, divulgata nel pomeriggio dall'IDF, è stata ufficialmente confermata dalla polizia isrealiana. Il leader di Hamas è stato ucciso «per caso» in un raid a Gaza, in cui sono morti altri «due terroristi». L'attacco non era stato pianificato. Per lungo tempo, l'IDF aveva ipotizzato che Sinwar si nascondesse tra gli ostaggi israeliani, per ridurre le possibilità di rimanere ucciso. Tuttavia, nel luogo in cui è stato trovato, sembra non fosse presente alcun ostaggio.  

Sinwar era considerato uno dei principali artefici dell'attacco del 7 ottobre 2023. Motivo per cui, l'IDF, da tempo, gli dava la caccia. Inoltre, si ritiene che sia stato, negli ultimi anni, «la forza trainante di Hamas», tanto da aver portato Israele a credere che il gruppo fosse stato dissuaso dal combattere lo Stato ebraico, proprio prima di lanciare l'attacco a sorpresa dello scorso anno. Attacco in cui, lo ricordiamo, sono state uccise 1.200 persone e altre 250 sono state prese in ostaggio. A causa del suo coinvolgimento nell'attacco del 7 ottobre, Sinwar era stato anche aggiunto alla lista dei terroristi redatta dal Consiglio dell'Unione europea lo scorso 16 gennaio. 

Ma chi era, davvero, il leader di Hamas? Innanzitutto, un esperto di politica ed esercito israeliani, come lui stesso si considerava. Di origine palestinese, nato nel campo profughi di Khan Yunis nel 1962, Sinwar parlava perfettamente l'ebraico, imparato durante gli oltre vent'anni trascorsi in carcere. Nel 1989, dopo aver orchestrato il rapimento e l'uccisione di due soldati israeliani e di quattro palestinesi che considerava collaborazionisti, Sinwar era stato infatti condannato a quattro ergastoli da Israele. Scontò, tuttavia, solo 22 anni in prigione: il suo rilascio avvenne nell'ottobre del 2011, in uno scambio di prigionieri, in cui venne rilasciato anche il soldato israeliano Gilad Shalit. 

Il suo legame con Hamas nacque però tempo prima. In giovane età. Col tempo, dentro e fuori dalle prigioni israeliani, Sinwar ha scalato i ranghi come «famigerato esecutore», incaricato di trovare e uccidere i sospetti collaboratori palestinesi. Fu nel 2017, sei anni dopo essere uscito dal carcere, che venne eletto dai membri di Hamas, a scrutinio segreto, leader del gruppo a Gaza. Ad agosto, dopo la morte di Ismail Haniyeh a Teheran, era stato nominato anche capo dell'ufficio politico del movimento islamista palestinese. 

Nell'ultimo anno, a detta dei servizi segreti occidentali e israeliani, Sinwar aveva evitato le comunicazione elettroniche, affidandosi a una rete di corrieri per comunicare con il mondo esterno dalla vasta rete di tunnel di Hamas, sotto la Striscia di Gaza. Come detto, secondo l'IDF, il capo di Hamas si nascondeva insieme agli ostaggi, con l'obiettivo di ridurre al minimo i tentativi di assassinio. 

Tuttavia, sempre secondo i rapporti redatti dai servizi segreti occidentali e israeliani, Sinwar era diventato «fatalista». L'ultimo anno di guerra, considerato «particolarmente intenso», lo aveva portato ad abbandonare le speranze. Complice la morte di 42.000 palestinesi nella Striscia, credeva che, prima o poi, sarebbe stato a sua volta ucciso dall'esercito israeliano. Ciononostante, secondo le indiscrezioni, una parte di lui sperava ancora di riuscire a intrappolare Israele «in una battaglia regionale con l'Iran e i gruppi alleati in Medio Oriente», come gli Hezbollah libanesi. 

Tra i suoi amici di infanzia, si legge sul Guardian, c'erano Mohammed Deif, capo militare di Hamas, che Israele ha dichiarato di avere ucciso in un attacco aereo tre mesi fa, e Mohammed Dahlan, membro influente del partito laico Fatah, che ora vive in esilio negli Emirati Arabi Uniti.