Verso le elezioni francesi: Macron come Mitterrand o come Chirac?
Fine giugno, inizio luglio: un periodo caldo, caldissimo, per la Francia. Per gli ultimi preparativi ai Giochi Olimpici, sì. Ma anche e soprattutto – alla luce dello scioglimento dell'Assemblea Nazionale decisa ieri dal presidente Emmanuel Macron –, per lo svolgersi del primo e secondo turno delle elezioni parlamentari, previste rispettivamente il 30 giugno e il 7 luglio.
Dopo la scoppola rimediata alle elezioni europee (31,5% per l'estrema destra di Rassemblement National, contro il 15,2% rimediato dalla formazione di Macron, Renaissance), non c'era altra via. Lo ha specificato, nel firmare il decreto che dava il via libera alla dissoluzione del parlamento francese, lo stesso Macron. «Questo (esito del voto alle europee, ndr) non è un buon risultato per i partiti che difendono l'Europa. Non posso continuare come se non fosse successo nulla».
Il presidente francese, quindi, ha preferito accorciare i tempi e invocare l'elezione di una nuova Assemblea Nazionale, prima che a farlo fosse qualcun altro, magari un avversario. Giocare d'anticipo sarà pietra tombale o rinascita del macronismo?
Solo cinque casi precedenti
Analizziamo il fenomeno. Ai sensi dell'articolo 12 della Costituzione francese – ne abbiamo parlato qui – il capo dello Stato può decidere di sciogliere il parlamento previa consultazione del primo ministro, del presidente dell'Assemblea Nazionale e del presidente del Senato. Nella storia della Quinta Repubblica, questa circostanza si è dimostrata relativamente rara: solo cinque casi prima di Macron, messi in atto da tre differenti presidenti.
Nel 2022, Emmanuel Macron aveva già evocato lo spettro della dissoluzione parlamentare in caso di stallo nell'ambito dei dibattiti sulla riforma delle pensioni. Uno stallo poi verificatosi, ma aggirato dall'inquilino dell'Eliseo, a marzo 2023, con un altro strumento: il contestato articolo 49.3 della Costituzione francese. Un'arma con la quale Macron ha potuto ottenere l'approvazione della riforma pensionistica senza passare dal voto dell'Assemblée Nationale.
Successi...
Ma torniamo ai casi precedenti. Che cosa dice la Storia sulle conseguenze di questi scioglimenti promossi dal presidente stesso? I primi, indubbiamente, si sono dimostrati vantaggiosi per il capo di Stato. Il 9 ottobre 1962, Charles de Gaulle sciolse l'Assemblea Nazionale in seguito all'adozione di una mozione di censura promossa da socialisti, Mouvement républicain populaire (MRP) e dagli indipendenti. Il gruppo si opponeva a una revisione costituzionale volta a introdurre l'elezione del presidente della Repubblica a suffragio universale diretto, voluta da de Gaulle stesso. Lo scioglimento dell'Assemblea e le conseguenti elezioni permisero a de Gaulle di rafforzarsi, creando una maggioranza assoluta in Parlamento.
Il generale e presidente francese riutilizzò questa strategia nel corso del famoso «Maggio '68», in un momento di grave crisi non solo politica, ma – sotto ogni punto di vista – nazionale. Fra problematiche sociali e ideologiche, una rivoluzione rischiava di travolgere il Paese. Lo scioglimento dell'Assemblea Nationale e la chiamata al voto permise ai gollisti di ricompattarsi e opporsi al movimento nato in ambito studentesco ma supportato, almeno inizialmente, da ampie fasce di popolazione.
Tredici anni più tardi – era il 22 maggio 1981 –, all'indomani del suo insediamento presidenziale, il socialista François Mitterrand sciolse l'Assemblea Nazionale che, eletta nel marzo 1978, era costituita da una maggioranza assoluta della destra. All'epoca (e fino al 2002), la durata del mandato presidenziale francese era di sette anni, contro i cinque dell'Assemblea Nazionale. Ciò causava, spesso, la coabitazione di un presidente appartenente a uno schieramento politico con una maggioranza, in Parlamento, appartenente al fronte opposto. È proprio per questa ragione, per cercare di riconciliare i colori di esecutivo e legislativo, che Mitterrand chiese immediatamente una nuova elezione dell'Assemblea. Una mossa che ebbe il successo sperato: nelle elezioni di giugno la maggioranza assoluta passò ai socialisti.
Rieletto nel maggio 1988, Mitterrand eseguì la stessa manovra, sciogliendo l'Assemblea Nazionale di destra che era stata costituita due anni prima, nel marzo 1986. Le elezioni concessero ai socialisti di creare una nuova maggioranza (seppur relativa) nel legislativo.
...e una sconfitta
Simile per motivazioni ma diverso nei risultati il caso di Jacques Chirac. Membro del partito neogollista Rassemblement pour la République (poi confluito nell'Union pour un mouvement populaire, UMP), nell'aprile 1997 Chirac promosse lo scioglimento anticipato dell'Assemblea Nazionale – le cui elezioni erano comunque previste di lì a 11 mesi – con l'obiettivo di riconfermare e rafforzare la maggioranza di destra in Parlamento. Solo un anno prima, il leader parigino aveva evidenziato come l'articolo 12 fosse uno strumento da utilizzare con parsimonia: «Lo scioglimento non è mai stato utilizzato per comodità del presidente, ma per risolvere una crisi politica». Con un sostegno popolare in calo a causa delle difficoltà economiche in cui versava il Paese, tuttavia, Chirac provò a forzare la mano del popolo francese, cercando una riconferma della destra prima che la popolarità del legislativo calasse eccessivamente. Una strategia che non pagò. Nelle elezioni che seguirono lo scioglimento, a prendere il controllo dell'Assemblée Nationale fu la sinistra guidata da Lionel Jospin.
E Macron?
In Francia e nel mondo, ora, si parla di scelta shock, di mossa kamikaze. Macron sarà come Mitterrand? O come Chirac? Per conquistare la maggioranza assoluta persa nel 2022, ipotizza un'analisi di Le Monde, il partito presidenziale chiederà ai parlamentari uscenti appartenenti al campo repubblicano – Les Républicains (LR) e Union des démocrates indépendants (UDI) – di allearsi con i candidati di Renaissance, nelle circoscrizioni, per battere l'onda Le Pen.
All'indomani della decisione, Macron si è detto fiducioso delle capacità dei francesi «di fare la scelta più giusta» alle elezioni anticipate. «Ho fiducia nella capacità del popolo francese di fare la scelta più giusta per sé e per le generazioni future. La mia unica ambizione è quella di essere utile al nostro Paese, che amo così tanto», ha scritto il presidente su X.
Una fiducia nel voto popolare, tuttavia, non condivisa da tutti. A partire dallo stesso primo ministro e compagno di partito di Macron, Gabriel Attal. Ieri sera, secondo quanto affermato questa mattina dall'emittente TV BFM, il premier francese avrebbe cercato di dissuadere in extremis il presidente Emmanuel Marcon dallo sciogliere il Parlamento. Invano.