Violenza contro le donne: la Giornata, la data e i suoi simboli
«Siamo allarmati dal fatto che le donne non godano pienamente dei propri diritti umani e libertà fondamentali, e preoccupati per il fallimento di lunga data nel proteggere e promuovere tali diritti e libertà in relazione alla violenza contro le donne». Questa la presa di posizione dell’ONU quando decise di cerchiare nel calendario una nuova data, quella del 25 novembre: la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Era il 17 dicembre del 1999 quando tali parole vennero scritte nella risoluzione 54/134 delle Nazioni Unite.
Ma perché il 25 novembre? La data è stata scelta in memoria delle tre sorelle Mirabal: dissidenti domenicane assassinate nel 1960 su mandato dell’allora dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Partite per visitare in carcere i propri mariti (anche loro schieratisi contro il regime), la loro auto venne fermata lungo la strada: le tre, insieme all’autista, vennero condotte in una piantagione di canna da zucchero dove vennero stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e infine strangolate. Per simulare un incidente, i corpi vennero in seguito caricati nel veicolo sul quale stavano viaggiando e questo fu fatto precipitare in un burrone. La morte delle sorelle portò a grandi sollevamenti popolari che culminarono con l’assassinio di Trujillo il 30 maggio 1961. La data del 25 novembre venne adottata prima nei Paesi sudamericani per poi essere istituzionalizzata, come già sottolineato, anche dall’ONU.
I colori della lotta
I simboli della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne? Almeno tre, accomunati dal colore rosso: il fiocco, le scarpe e la panchina.
Il nastro/fiocco rosso è usato come simbolo di sensibilizzazione da una quarantina d’anni: in Nordamerica ha rappresentato per decenni la lotta all’AIDS, alle dipendenze e alla guida in stato di ebbrezza. Si vede frequentemente quello rosa nella prevenzione del tumore al seno, si tinge di colore rosso contro la violenza di genere.
Le scarpe rosse sono divenute un simbolo diffuso di denuncia (probabilmente il più diffuso a livello mondiale) dopo l’installazione, nel 2019, a Ciudad Juárez (Messico) da parte dell’artista messicana Elina Chauvet della mostra «Zapatos rojos» (che significa appunto «scarpe rosse»). Le calzature da donna, esposte in ogni angolo della cittadina, avevano l’obiettivo di attirare l’attenzione di popolazione e media sul crescente numero di violenze e femminicidi. Da allora la mostra è stata traslata in diverse città di tutto il mondo.
La panchina rossa ha invece origini italiane. Lanciato nel 2016 in Lombardia, il progetto prevede la posa (o ritinteggiatura) di panchine rosse nelle differenti città. Su queste sono solitamente poste delle targhe che ne spiegano il fine. Da allora il simbolo si è diffuso in tutta la Penisola sconfinando anche in Svizzera: proprio oggi il Comune di Vacallo ha inaugurato la propria panchina rossa.
La panchina di Vacallo
In un comunicato, il sindaco di Vacallo Marco Rizza ha fatto sapere della propria iniziativa: «Già dallo scorso anno il nostro Municipio aderisce a questa sensibilizzazione illuminando di arancione la facciata del Municipio per 15 giorni e quest’anno ha deciso, quale gesto concreto in sostegno delle vittime, di inaugurare una propria panchina rossa che resterà segno tangibile nel tempo».
«L’inaugurazione odierna della panchina rossa contro la violenza sulle donne non deve essere fine a se stessa ma motivo di riflessione e un forte segnale di sensibilizzazione rivolto a tutti gli uomini, ma in special modo alle nuove generazioni. Tanti sono i contesti in comuni e città in cui è già stata realizzata una panchina dipinta di rosso, simbolicamente occupata dalle numerosissime donne vittime di violenza, pensata per trasmetterne la memoria e restituire loro il posto che occupavano al cinema, a scuola, in autobus, prima che un uomo decidesse di porre fine alla loro vita. Fortunatamente a Vacallo la nostra panchina non ricorda una singola vittima, come ho recentemente visto in alcune città Italiane, dove sulla panca, viene purtroppo posto il nome della persona scomparsa.
Posta al centro di questo stupendo parco giochi, questo simbolo deve essere un monito contro queste forme di violenza e testimonierà alle giovani famiglie, ai bambini e ai giovani che frequentano quest’area, la necessità di porre fine a questa emergenza purtroppo diffusa anche nella nostra ritenuta sicura Svizzera».