La curiosità

Vuoi i vaccini occidentali? Vai a Macao

Sempre più cinesi sono scettici rispetto a Sinovac e Sinopharm – E così, visto l'aumento repentino di contagi, con la scusa del turismo si recano in massa nella regione amministrativa speciale
© CdT/Gabriele Putzu
Marcello Pelizzari
26.12.2022 17:46

Tutti (o quasi) a Macao. Dove i cittadini della Cina continentale possono avere un assaggio di Occidente, quantomeno sul fronte dei vaccini. Già, perché la regione amministrativa speciale è l’unico angolo di Paese che offre i preparati a mRNA. E così, come riferisce il Financial Times, il turismo della puntura – se così vogliamo definirlo – è letteralmente esploso. Tant’è che l’unico ospedale a offrire il servizio è stato preso d’assalto e, come prevedibile, ha fatto registrare il tutto esaurito.

Pechino preferisce i vaccini locali

Piccolo passo indietro: Pechino, come noto, non ha approvato alcun vaccino anti-COVID straniero per i suoi cittadini, affidandosi invece ai locali Sinovac e Sinopharm. A detta degli analisti, tuttavia, i preparati cinesi non offrono lo stesso livello di immunità se paragonati alle alternative occidentali, anche perché non utilizzano la tecnologia mRNA.

L’inversione di marcia da parte delle autorità cinesi, discostatesi dalla politica zero-COVID dopo accese, accesissime proteste da parte della popolazione, ha scatenato un’incredibile esplosione di contagi – al punto che i medici di Pechino inizieranno a distribuire il Paxlovid – e ridestato l’interesse di molti cinesi per i vaccini occidentali. Macao, ex colonia portoghese, è salita nelle preferenze di viaggio. Anche perché è la sola destinazione al di fuori della Cina continentale in cui è possibile recarsi senza poi mettersi in quarantena al ritorno. Pardon, era, visto che dall'8 gennaio la Cina abolirà la quarantena obbligatoria per chi arriva nel Paese. Aprendo, così, a nuove possibili «destinazioni vaccinali».

Copertura scarsa

La pandemia, dopo un controllo maniacale da parte di Pechino, all’improvviso è sfuggita al controllo delle autorità. E gli slot per le vaccinazioni, a Macao, sono andati presto in esaurimento. Un dipendente del servizio clienti presso l’ospedale di Macao, a tal proposito, ha spiegato al Financial Times che il suo telefono, dall’inizio di dicembre, non ha smesso di squillare. Parallelamente, molti clienti-turisti hanno dovuto annullare il loro appuntamento poiché, nel frattempo, hanno contratto il virus.

La Cina, di suo, non ha certo gestito nel migliore dei modi la campagna vaccinale. Circa 85 milioni di persone, un terzo dei 267 milioni di cittadini cinesi di 60 anni e oltre, non hanno ancora ricevuto la terza dose, necessaria per elevare il grado di protezione contro la variante Omicron. Tra gli over 80, addirittura, 21 milioni di persone sono prive della terza dose. Per un tasso del 60%.

Pechino, in questo senso, ha detto di voler dedicare più risorse per colmare le (grosse) lacune nella copertura vaccinale. Ma potrebbe essere troppo tardi. Anche perché il completamento delle campagne di richiamo richiede fra i tre e i quattro mesi, con l’attuale ondata che inevitabilmente avrà tutto il tempo per raggiungere il picco. E riempire, di riflesso, gli ospedali.

Roba da ricchi

L’aumento del citato turismo dei vaccini è stato guidato dalla classe medio-alta, diciamo pure dai ricchi. Una classe che non solo ha potuto accedere ai vari studi scientifici internazionali, ma che ha potuto fare confronti. In particolare, uno studio di Lancet pubblicato questo mese ha rilevato che le persone con tre dosi di Sinovac o Sinopharm hanno il doppio delle probabilità di sviluppare forme gravi di COVID rispetto a chi ha ricevuto tre dosi con vaccini a mRNA. I preparati cinesi sono messi male anche a livello di ricoveri: chi si è vaccinato con Sinovac e Sinopharm, infatti, ha comunque il 50% di probabilità in più di finire in ospedale.

Fino a 170 dollari per una dose

Come spesso accade, attorno ai vaccini occidentali e ai viaggi da e per Macao si è sviluppato un vero e proprio business, con tanto di truffe e falsi appuntamenti. Di più, sono aumentati anche gli intermediari che chiedono, per organizzare l’appuntamento, commissioni fino a 60 dollari ai clienti della Cina continentale.

Quanto ai costi, c’è chi per una singola dose è arrivato a spendere addirittura 170 dollari. Una cifra che molti, in ogni caso, sono disposti a sborsare. Anche perché le alternative domestiche proprio non convincono, al di là di quanto affermato da Lancet. La preoccupazione dei cinesi, infatti, è legata anche alla mancanza di trasparenza da parte delle autorità.

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