La Conferenza di sicurezza

Zelensky a Monaco, il nodo nella NATO e «l'errore da novellini» commesso dagli USA

Washington sembra sempre più aperta a una concessione di territori da parte dell'Ucraina a Mosca, mentre ritiene «improbabile» un'adesione di Kiev all'Alleanza – Critiche degli alleati europei: «Perché stiamo dando alla Russia tutto ciò che vuole prima ancora di aver aperto i negoziati?»
©Marcin Obara
Giacomo Butti
14.02.2025 15:17

Si sta tenendo in queste ore a Monaco, Germania, la Conferenza sulla sicurezza che vede la partecipazione di numerosi leader mondiali. Dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al vicepresidente statunitense JD Vance, passando per il leader ucraino Volodymyr Zelensky. Tema principale, ovviamente, le negoziazioni sulla fine del conflitto fra Mosca e Kiev, ma anche l'ipotetica entrata dell'Ucraina nella NATO.

Parlando in conferenza stampa prima dell'incontro con Vance, Zelensky ha affermato che ad attirare l'Ucraina verso la NATO non sia tanto il vanto del nome, ma le garanzie di sicurezza che l'Alleanza può portare. Garanzie che l'Ucraina dovrà ricercare indipendentemente da un accesso o meno nel Patto Atlantico. «L'America di oggi e il presidente Trump non sono pronti a parlare di NATO. Credono che l'Ucraina non possa farne parte. Credono che il fatto che la NATO sia nella Costituzione dell'Ucraina (un emendamento del 2019, ndr) sia la ragione principale dell'occupazione russa. Vogliamo essere nella NATO? Sì. Ma per la parola NATO? No, per le garanzie di sicurezza».

Zelensky ha anche aggiunto che l'Ucraina non esclude la necessità di cambiare la propria posizione sulle aspirazioni alla NATO. In questo caso, ha sottolineato, la questione principale sarà il contenuto delle garanzie di sicurezza, in particolare i parametri della missione di mantenimento della pace, i parametri dell'esercito ucraino, il cui numero necessario Zelensky stima in un milione e mezzo di militari nel caso in cui l'Ucraina non aderisca all'Alleanza. Il punto, importante, è essere pronti a tutto, anche per il bene del resto dell'Europa.

La Russia, ha avvisato infatti Zelensky, potrebbe essere in procinto di preparare una nuova grande escalation militare, che potrebbe colpire i Paesi della NATO già nel 2026. Durante la conferenza stampa, il leader ucraino ha affermato che la Russia intende schierare 15 divisioni, per un totale di 100.000-150.000 soldati, principalmente in Bielorussia, ha spiegato alla domanda di un giornalista del Kyiv Independent. «Sulla base di tutte le informazioni che ho raccolto dall'intelligence e da altre fonti, penso che Vladimir Putin si stia preparando per una guerra contro Paesi della NATO l'anno prossimo», ha spiegato Zelensky, aggiungendo tuttavia che il grado di certezza non è del 100%. «Come nel 2022, i russi potrebbero avanzare verso l'Ucraina, o andare in Polonia o nei Paesi Baltici. E credo che questa sia la sua idea. Dio volendo, fermeremo questo pazzo», ha aggiunto Zelensky facendo riferimento all'omologo russo.

Un errore da novellini

Ma perché questo pessimismo sulle possibilità di un'adesione alla NATO? Semplice, negli scorsi giorni – e ancora oggi – Washington ha più volte scoperto le proprie carte, affermando di ritenere improbabile un'entrata di Kiev nell'alleanza. Lo ha detto mercoledì Donald Trump e poi, ancora, il nuovo Segretario alla Difesa statunitense, il contestato Pete Hegseth, il quale, nell'incontro a Monaco con la controparte polacca Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, ha affermato che i confini dell'Ucraina «sono ancora da definire e fanno parte della discussione». Affermando di voler «introdurre il realismo nella conversazione», Hegseth ha aggiunto: «La realtà è che tornare ai confini del 2014 come parte di una soluzione negoziata è improbabile. Truppe statunitensi in Ucraina? Improbabile. L'adesione dell'Ucraina alla NATO? Improbabile». Mercoledì, Hegseth era andato oltre, arrivando a dire che gli Stati Uniti non accetteranno l'adesione dell'Ucraina alla NATO né forniranno truppe di peacekeeping: dichiarazioni, poi, parzialmente ritrattate, ma che oggi tornano con forza a definire la posizione degli Stati Uniti. 

La presa di posizione di Hegseth, soprattutto sulla questione NATO, è stata fortemente criticata, sia dai partner europei, sia da personalità statunitensi. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha definito «un errore togliere dal tavolo l'adesione dell'Ucraina alla NATO e fare concessioni territoriali prima dell'inizio dei negoziati». Un vero e proprio autogol, considerato che «Vladimir Putin non si è mosso di un centimetro» nelle sue pretese territoriali sull'Ucraina.

Critiche sono arrivate anche da pezzi grossi del Senato americano. In un'intervista concessa a Politico, il senatore repubblicano e presidente del Comitato in senato per le forze armate Roger Wicker ha definito un «errore da principiante» la mossa di Hegseth. «Hegseth sarà un ottimo segretario alla Difesa, anche se non era la mia scelta. Ma ha commesso un errore da principiante. Tutti sanno... e i membri dell'amministrazione sanno che non si dice prima del primo incontro su cosa si è d'accordo e su cosa non si è d'accordo» ha detto Wicker, aggiungendo di essere «perplesso» dai commenti di Hegseth. «Ci sono buoni e cattivi in questa guerra, e i russi sono i cattivi. Hanno invaso, in contrasto con quasi tutte le leggi internazionali, e dovrebbero essere sconfitti. E l'Ucraina ha diritto alle promesse che il mondo le ha fatto».

Le preoccupazioni

La totale apertura, da parte dell'amministrazione Trump, a una perdita di territorio di Kiev a favore della Russia è stata riconosciuta da molti analisti come una capitolazione nei confronti di Putin, se non un vero e proprio tradimento dell'Ucraina, la quale – come gli alleati europei – è stata colta completamente di sorpresa dall'annuncio statunitense, mercoledì, del prospettato inizio dei negoziati.

La leader della politica estera UE ed ex prima ministra estone, Kaja Kallas, è stata chiara su come vede il piano di Trump di decidere il futuro dell'Ucraina nei colloqui con la Russia, potenzialmente senza il coinvolgimento degli europei. «Perché stiamo dando alla Russia tutto ciò che vogliono ancora prima che i negoziati siano stati avviati? È un appeasement, una concessione, che non ha mai funzionato». Ma, come si legge sul Guardian, non è stata l'unica a definirsi preoccupata per la linea tenuta dagli Stati Uniti. Una preoccupazione chiara nelle parole del ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, che schiettamente ha dichiarato: «Vado a Monaco, ma non faremo un'altra Monaco».

Il riferimento è all'incontro avvenuto nel 1938, quando il Regno Unito, la Repubblica francese, l'Italia fascista e la Germania nazista firmarono un accordo che doveva placare il crescente desiderio di espansione territoriale di Hitler, consentendo l'annessione di parti della Cecoslovacchia (non presente al tavolo delle trattative). Un appeasement che, come la Storia insegna, non servì a evitare nuove invasioni naziste e un conflitto mondiale.

Noto come accordo di Monaco, il patto fu firmato a meno di un chilometro da dove oggi si tiene la Conferenza sulla sicurezza.

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