Migranti

Naufragio al largo della Grecia: «Un'altra Cutro»

Ennesima tragedia di migranti nel Mediterraneo: sono almeno 78 le vittime accertate dalla Guardia Costiera ellenica nel Peloponneso – L'accusa delle ong: «Si poteva evitare»
© KEYSTONE (EPA/BOUGIOTIS EVANGELOS)
Red. Online
15.06.2023 08:39

Un'altra tragedia del mare. Che rischia di trasformarsi in una delle peggiori stragi del Mediterraneo. Ieri, un peschereccio stracarico di centinaia di migranti, forse fino a 750, partito da Tobruk, in Libia, per raggiungere l'Italia, si è capovolto nelle acque dell'Egeo, a 47 miglia nautiche da Pylos, nel sud del Peloponneso. E dopo una giornata di ricerche e soccorsi, ieri sera si contavano 79 corpi recuperati e 104 persone tratte in salvo. La guardia costiera ha chiarito questa mattina che sono stati recuperati 78 corpi, e non 79. Le ricerche sono andate avanti tutta la notte, ma non hanno portato a nuovi sviluppi. Il rischio è che il bilancio si trasformi in un'ecatombe. Il primo ministro ad interim della Grecia, Ioannis Sarmas, ha annunciato un periodo di tre giorni di lutto nazionale, iniziato alle 21 di ieri (che terminerà a mezzanotte di venerdì).

Una tragedia. «La parte esterna della nave era piena di persone, sospettiamo che lo stesso valga per l'interno», ha spiegato Nikolaos Alexiou, comandante e portavoce della guardia costiera greca. Secondo le prime ricostruzioni dei sopravvissuti che erano a bordo dell'imbarcazione, appunto, «il numero dei passeggeri era di 750», racconta il governatore della regione del Peloponneso, Panagiotis Nikas. Corpi che sarebbero rimasti in mare e che riportano alla mente il recente naufragio sulle coste calabresi, a Steccato di Cutro.

«Un'altra Cutro»

«C'è una Cutro anche in Grecia»?, ci si domanda. Già, perché alcune ong accusano Atene di «non avere avviato l'operazione di salvataggio». «Le autorità greche sapevano tutto dal giorno prima – scrive ResQ - People –. Uno dei naufragi più gravi della storia recente. Ci sono morti che sono evitabili. E poi ci sono le stragi annunciate, in questo mare che è diventato tomba per le persone e per i diritti». «Un'altra tragedia nell'Egeo che rafforza l'urgenza di un'azione concreta e globale da parte degli Stati per salvare vite in mare e ridurre i viaggi pericolosi, ampliando i percorsi sicuri e regolari per la migrazione», aggiunge su Twitter l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

La denuncia, già stata sentita in passato, è una: scaricabarile. C'è una ricostruzione ufficiale, quella di Frontex, l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, e poi c'è quella dei volontari che nelle 24 ore antecedenti al naufragio sono stati in contatto con le persone a bordo.

Le prime ricostruzioni

Frontex dice di avere intercettato il peschereccio con un aereo di sorveglianza già martedì mattina. «Il nostro aereo ha rilevato l'imbarcazione martedì alle 09.47 e ha immediatamente informato le autorità competenti». Le autorità greche. Il radar di una nave senza pilota di Frontex rileva il peschereccio, di nuovo, attorno a mezzogiorno. Dalla nave non parte nessun SOS, la situazione viene monitorata. «Le continue telefonate della sala operativa al peschereccio per fornire assistenza hanno ricevuto risposta negativa», dice la Guardia costiera greca.

Nel tardo pomeriggio di martedì si vede il peschereccio procedere a bassa velocità e cambiare spesso direzione. A bordo ci sono persone svenute (o forse già morte), manca acqua e il capitano sarebbe andato via con una scialuppa. È quanto viene comunicato al telefono ad Alarm Phone, l’organizzazione di soccorso telefonico britannica. Anche dal centro di ricerca e soccorso di Roma parte un alert ai colleghi greci. Vengono avvertite le navi di passaggio, la Lucky Sailor rifornisce i migranti di acqua e cibo con un'operazione rischiosa, seguendo le istruzioni della Guardia costiera greca che decide di avvicinarsi solo a tarda notte.

Il naufragio? Attorno alle 2.30, quando il motore del vecchio peschereccio L'Adriana si spegne. L'imbarcazione si ribalta sotto gli occhi delle motovedette greche. «Avevamo allertato la guardia costiera ellenica alle 16.53 per questa imbarcazione in difficoltà, poiché le persone ci avevano chiesto aiuto – denuncia Alarm Phone –. Le autorità greche e le altre europee erano ben consapevoli di questa imbarcazione sovraffollata e inadeguata. Non è stata avviata un'operazione di salvataggio. La Guardia costiera greca ha giustificato il mancato soccorso sostenendo che i migranti non volevano essere portati in Grecia». Non c'era maltempo, era giorno. Il peschereccio è stato visto, segnalato, raggiunto. Sostengono i greci che i migranti non solo non avrebbero chiesto aiuto ma anzi lo avrebbero respinto, insistendo per proseguire il loro viaggio.

«La nostra ultima notte in vita»

Di diverso avviso Nawal Soufi, attivista per i diritti umani e collaboratrice volontaria durante la fase di soccorso dei migranti: «In data 13 giugno 2023, nelle prime ore del mattino, i migranti a bordo di una barca carica di 750 persone mi hanno contattata comunicandomi la loro difficile situazione. Dopo cinque giorni di viaggio, l'acqua era finita, il conducente dell'imbarcazione li aveva abbandonati in mare aperto e c’erano anche sei cadaveri a bordo. I migranti non sapevano esattamente dove si trovassero, ma grazie alla posizione istantanea del telefono Turaya, ho potuto ottenere la loro posizione esatta e ho allertato le autorità competenti – scrive –. Tuttavia, la situazione si è complicata quando una nave si è avvicinata all'imbarcazione, legandola con delle corde su due punti della barca e iniziando a buttare bottiglie d'acqua. I migranti si sono sentiti in forte pericolo, poiché temevano che le corde potessero far capovolgere la barca e che le risse a bordo per ottenere l'acqua potessero causare il naufragio. Per questo motivo, si sono leggermente allontanati dalla nave per evitare un naufragio sicuro». Quindi, la confusione a bordo: «Durante la notte, la situazione a bordo dell'imbarcazione è diventata ancora più drammatica. I migranti erano confusi e non capivano se quella fosse un'operazione di soccorso o un modo per mettere le loro vite ancora più in pericolo. Io sono rimasta in contatto con loro fino alle 23.00 ore greche, cercando di rassicurarli e di aiutarli a trovare una soluzione. Per tutto il tempo mi hanno chiesto cosa avrebbero dovuto fare e io continuavo a dire che i soccorsi greci sarebbero arrivati. In questa ultima chiamata, l'uomo con cui parlavo mi ha espressamente detto: "Sento che questa sarà la nostra ultima notte in vita". Quando i migranti si sono leggermente allontanati dalla nave, non c'era alcuna intenzione di continuare il viaggio verso l'Italia, perché non avrebbero saputo navigare per arrivare in acque italiane, poiché mancava il vero conducente della barca e continuavano a chiedere cosa fare. Avevano assolutamente bisogno di aiuto nelle acque dove si trovavano e se mi avessero espresso la volontà di voler continuare il viaggio verso l’Italia, avrei ovviamente mandato un aggiornamento a Malta, Grecia e Italia, ma i migranti non hanno mai detto nulla di simile».

Quindi, la smentita delle dichiarazioni ufficiali. «È mai possibile che la fuga dei migranti dallo stato di pericolo in cui si trovavano sia stata interpretata dalle autorità greche come fuga dal soccorso? Queste sono domande a cui io non posso rispondere, ma posso testimoniare che queste persone hanno sempre chiesto di essere salvate da qualsiasi Paese. Per tutto il pomeriggio e fino alle 23.00 non ho fatto altro che tranquillizzare le persone che chiamavano dalla barca, spiegando loro che le autorità competenti avevano la posizione della barca da molte ore e che sicuramente i soccorsi sarebbero arrivati. L'unica cosa che dovevano fare era gestire lo stato di panico a bordo».

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