Nel futuro della SUPSI la sfida della sostenibilità
Le grandi prove del mondo che verrà racchiuse dentro il perimetro del lavoro di tutti i giorni, delle attività quotidiane.
La sfida della sostenibilità - parola chiave che domina oggi quasi ogni discussione sui possibili (o necessari) modelli organizzativi da adottare, nel pubblico così come nel privato - è stata presa molto sul serio anche dalla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI). Istituzione che, giunta ormai al primo, importante, giro di boa della propria storia - festeggia in queste settimane i 25 anni di attività - ha deciso di utilizzare la chiave della sostenibilità per tentare di aprire tutte le porte del suo futuro.
Questa mattina, in una conferenza stampa convocata nel Campus di Mendrisio, i vertici della SUPSI hanno presentato il primo «Rapporto di sostenibilità» della Scuola riferito al triennio 2019-2021. E spiegato, in dettaglio, i termini e le coerenze di una scelta che indirizzerà, di qui in avanti, tutto il lavoro della stessa SUPSI.
Il libro e le idee
Materialmente, il «Rapporto» è un volume di 145 pagine, ricco di numeri e di suggestioni. Ma idealmente, è un cambio di rotta. Una vera e propria inversione di marcia, in direzione di un nuovo equilibrio; lo stesso riassunto in uno dei passaggi della «Carta della sostenibilità», approvata ad aprile 2020: «Ci impegniamo a promuovere i princìpi della sostenibilità (ambientale, sociale, economica e culturale) nei nostri mandati di formazione di base, formazione continua, ricerca applicata e trasferimento delle conoscenze verso le istituzioni e gli operatori del territorio».
La sintesi utilizzata da Franco Gervasoni, direttore generale della SUPSI, è nello stesso tempo una sorta di manifesto programmatico: «La nostra ambizione è di essere esemplari, di fare cioè da esempio». Con l’insegnamento e la ricerca, ovviamente. Ma anche con le buone pratiche. Ad esempio, ha spiegato il presidente della SUPSI, Alberto Petruzzella, coprendo con i «pannelli solari la nuova sede di Viganello o utilizzando per il teleriscaldamento l’acqua di raffreddamento del centro di calcolo».
Gli obiettivi
È toccato a Francesca Cellina, ricercatrice senior del Dipartimento ambiente costruzioni e design, riassumere «obiettivi e punti di riferimento» del progetto di sostenibilità definito dalla SUPSI: dalle facilitazioni nell’accesso alla formazione, allo sviluppo di conoscenze e competenze relative proprio alla sostenibilità, all’intensificazione del dialogo con gli operatori del territorio. Ma anche inedite modalità di gestione, maggiore responsabilità sociale, costruzione di un ambiente stimolante e inclusivo «per garantire il benessere e la sicurezza» di chi lavora e di chi studia. Sino alla massima attenzione al consumo delle risorse.
Il «Rapporto», ha spiegato Cellina, «offre una lettura critica di noi stessi, identifica debolezze e aspetti forti. È il punto di partenza di un processo continuo», la cui prossima tappa è già stata fissata nella primavera del 2024 con la pubblicazione del secondo «Rapporto di sostenibilità».
E a proposito di priorità e di obiettivi, non c’è dubbio che le ultime pagine del volume presentato siano le più interessanti, anche per la chiarezza espositiva e il coraggio di mettere nero su bianco ciò che funziona e ciò che potrebbe essere migliorato: parliamo delle «stelle» (da 1 a 3) assegnate ai 26 «indicatori» di sostenibilità della SUPSI.
Giudizi pienamente positivi, allora, nella tabella di sintesi, per la parità salariale uomo-donna o per il basso tasso di assenteismo del personale; da rivedere, invece, la capacità di avviare start-up.