Nel momento più favorevole alla Russia, Putin sembra disposto a trattare con Trump
Il presidente russo Vladimir Putin sarebbe disponibile a discutere un accordo di cessate il fuoco in Ucraina con il suo omologo americano Donald Trump, ma solo a determinate condizioni. Lo riporta in esclusiva la Reuters citando cinque fonti, tra attuali ed ex funzionari del Cremlino. Di fatto, lo «zar» resterebbe fermo sulle sue posizioni: nessuna concessione territoriale e la certezza che Kiev abbandoni le sue ambizioni di entrare nella NATO.
Trump, che in campagna elettorale ha promesso di porre fine al conflitto «entro 24 ore», si appresta a tornare alla Casa Bianca nel periodo più favorevole ai russi da quando, nel febbraio del 2022, è scattata l’invasione. Mosca continua ad avanzare nel Donbass, a ritmi mai visti prima, sta preparando una controffensiva nella regione russa di Kursk insieme ai nordcoreani e oggi controlla una fetta di Ucraina grande quanto lo Stato americano della Virginia.
Stando alle 5 fonti citate dalla Reuters, il presidente Putin potrebbe accettare un accordo di pace mediato da Trump, a patto che il conflitto venga congelato lungo le linee del fronte. Potrebbe comunque esserci spazio per una trattativa sulla precisa spartizione delle quattro regioni orientali di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, attualmente occupate dalle truppe russe.
Mosca infatti rivendica le quattro regioni ucraine come parte integrante della Russia, ma le forze armate di Putin non controllano l’intero territorio, bensì circa il 70-80%. Al momento 26 mila chilometri quadrati sono ancora in mano alle truppe di Kiev.
Secondo due funzionari del Cremlino, la Russia potrebbe anche essere disposta a ritirarsi dalle porzioni di territorio relativamente piccole che attualmente occupa nelle regioni di Kharkiv e Mykolaiv, nel nord e nel sud dell'Ucraina.
Putin negli scorsi giorni ha sottolineato che qualsiasi accordo di cessate il fuoco dovrebbe riflettere la «realtà» sul campo di battaglia, ma il suo timore è che invece si arrivi a una tregua di breve durata che consentirebbe all'Occidente di riarmare l'Ucraina in un momento favorevole alle Russia: «Se non c'è neutralità, è difficile immaginare l'esistenza di relazioni di buon vicinato tra Russia e Ucraina. Perché? Perché ciò significherebbe che l'Ucraina verrà costantemente usata come uno strumento nelle mani sbagliate (quelle dell’Occidente, ndr) a scapito degli interessi della Federazione Russa», ha dichiarato il presidente Putin lo scorso 7 novembre alla conferenza annuale del Club di Valdai, a Sochi.
L’ultima mossa del presidente uscente Joe Biden, ovvero consentire agli ucraini di utilizzare i missili balistici ATACMS in territorio russo, potrebbe però complicare e ritardare qualsiasi accordo di pace, nonché irrigidire le richieste di Mosca, che potrebbe pretendere concessioni maggiori. Kiev, proprio ieri, avrebbe utilizzato per la prima volta i missili USA per colpire un magazzino di munizioni nella città di Karachev, nella regione russa di Bryansk, a circa 115 chilometri dal confine con l'Ucraina, provocando la condanna di Mosca, la quale ha considerato tale mossa una «grave escalation».
Il leader ucraino Volodymyr Zelensky, dal canto suo, è ben consapevole delle difficoltà sul campo di battaglia e, in questo senso, una apertura al tavolo dei negoziati potrebbe arrivare pure da parte sua. Secondo il New York Times, infatti, in questa fase del conflitto Kiev starebbe dando maggiore importanza all'ottenimento di garanzie di sicurezza laddove dovesse arrivare un cessate il fuoco. Tradotto: l’Ucraina potrebbe accettare la cessione di parte dei territori occupati, a patto di avere armi occidentali come deterrente e la costante protezione della NATO. Il leader ucraino, d’altronde, è convinto che, in caso di tregua, «indipendentemente dal percorso che intraprendiamo, legalmente nessuno riconoscerà i territori occupati come appartenenti» alla Russia. Le dichiarazioni di Zelensky precedono però il via libera di Biden e l’utilizzo degli ATACMS sulla Russia. Le carte in tavola, dunque, potrebbero essere nuovamente cambiate, anche perché Putin ha approvato il decreto che aggiorna la dottrina nucleare in Russia, ampliando le condizioni di impiego di armi atomiche. Di fatto Mosca ora considera l'aggressione contro il suo territorio da parte di uno Stato non nucleare sostenuto da una potenza nucleare come un attacco congiunto. E potrebbe rispondere a tale aggressione con un'arma atomica.
Il chiodo fisso del leader di Kiev comunque è che il suo Paese non avrà pace finché non sarà stato espulso fino all'ultimo soldato russo dal suo territorio, in base ai confini ottenuti dopo la caduta dell'Unione Sovietica nel 1991. Un obiettivo, il suo, che secondo gli analisti americani sembra molto ambizioso, specialmente in una fase del conflitto caratterizzata da gravi difficoltà per gli ucraini.
Putin inoltre non sembra pronto a far alcun passo indietro rispetto all'Alleanza atlantica: Kiev deve abbandonare le sue ambizioni di entrare nella NATO e ritirare tutte le sue truppe dall'intero territorio delle quattro regioni ucraine rivendicate e in gran parte controllate dalla Russia.
Steven Cheung, direttore delle comunicazioni di Trump, ha dichiarato alla Reuters che il tycoon «è l'unica persona che può unire entrambe le parti per negoziare la pace e lavorare per porre fine alla guerra e fermare le uccisioni». Lo stesso presidente eletto, che entrerà in carica il prossimo 20 gennaio, ha promesso che parlerà direttamente con Putin nel tentativo di raggiungere un accordo di pace, senza tuttavia fornire dettagli su come potrebbe riconciliare le parti in conflitto.