«Nelle elezioni presidenziali ucraine i russofoni ignorati sperano in Zelensky»

Riflettori accesi sull’Ucraina e le elezioni presidenziali, il cui esito sarà noto dopo il ballottaggio tra il presidente uscente Petro Poroshenko e il comico Volodymyr Zelensky che si terrà il prossimo 21 aprile. Il Beppe Grillo dell’Est, dopo il primo turno di domenica scorsa , guida la corsa alla poltrona di capo di Stato con il 30,1% a fronte di un 17% del suo avversario, mentre l’ex premier Yulia Timoshenko ha chiuso con il 13,2% delle preferenze (ma ha denunciato brogli). Ma com’è vissuta quest’elezione nei territori controllati dai separatisti filorussi? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Marrone, presidente della Rappresentanza della Repubblica popolare di Donetsk (DNR) in Italia.
L’Ucraina è il centro d’interesse dei media internazionali. Nel Donbass come si vive l’elezione?
«Dal futuro assetto dell’Ucraina dipenderanno molti sviluppi in quest’area, in particolare per quanto riguarda la gestione della crisi in Crimea e la guerra nella parte orientale del Paese: è quindi un’attenzione più che giustificata. Dopo cinque anni di guerra, il segnale di un voto maggioritario in favore di un candidato d’opposizione come Volodymyr Zelensky– che in più occasioni ha mostratona una linea più morbida rispetto a Petro Poroshenko (il quale ha puntato tutta la sua campagna sull’intervento nel Donbass) – è sorprendente. Soprattutto se consideriamo che tutti i cittadini con nazionalità ucraina residenti a Donetsk e a Lugansk come anche in Crimea, non hanno potuto partecipare al voto. Un altro dato che deve far riflettere è che nonostante la citata esclusione di tutta la comunità russofona, il candidato filorusso Yuri Boyko ha ottenuto il 10% dei voti. Sommato al 30% di Zelensky rappresenta il 40% di elettorato ucraino che punta a terminare questo conflitto e a disinnescare la crisi in Crimea».
Qual è la chiave di lettura del leader separatista Denis Pushilin su questi risultati?
«La posizione ufficiale della DNR è contro il riconoscimento di quest’elezione e dei suoi esiti. Proprio perché, come detto, la popolazione russofona ne è stata esclusa. Un po’ come tutti gli osservatori, anche la dirigenza filorussa temeva una vittoria di Poroshenko (anche se non è ancora detta l’ultima parola). Al contrario, anche i cittadini ucraini dell’Ovest, quelli identitariamente e culturalmente più distanti dal mondo russo, hanno espresso disaffezione verso questo Governo guerrafondaio optando per un candidato con visioni meno ostili».
La Rappresentanza della DNR in Italia, dopo Torino, ha aperto un’altra sede anche a Verona. Si è letto di pressioni della diplomazia ufficiale.
«Ad ogni inaugurazione di questo tipo l’Ambasciata ucraina protesta puntualmente con Roma (c’è anche un organismo rappresentativo per Lugansk a Messina). Nessun Governo, anche quello precedente (a noi ostile) di Matteo Renzi, ha potuto farci chiudere, per il fatto che queste rappresentanze sono associazioni di diritto privato, com’è il caso di sedi che si trovano in altri Stati europei (che hanno l’approvazione delle autorità filorusse). Non pretendiamo di avere funzioni diplomatiche, almeno fino a quando non otterremo un riconoscimento occidentale. Il nostro obiettivo, per ora, è essere uno strumento per costruire il dialogo».
Anche il Donbass sembra riporre aspettative nel Grillo ucraino.
«Poroshenko è considerato il primo nemico di questi territori, Timoshenko (già fuori dai giochi) è conosciuta per le sue posizioni nazionaliste e antirusse. Mentre Zelensky ha dichiarato che per far finire la guerra sarebbe pure disposto a ‘inginocchiarsi davanti a Putin’. L’oligarca cui ha legato lasua carriera in tv – Ihor Kolomoisky – è però tra i principali finanziatori di battaglioni paramilitari ucraini attivi nel Donbass. E questo non può non preoccupare».
Speranze, dunque, ma anche timori...
«Certamente. Con Poroshenko vi sarebbe la certezza della guerra. Con Zelensky c’è una speranza di un cambiamento, ancorché labile, a causa dei suoi appoggi politici ed economici compromettenti»