«Nessun paradiso dell'uguaglianza»: in Islanda le donne torneranno a scioperare

Negli ultimi 14 anni, l'Islanda è sempre stata, a detta del World Ecoomic Forum, la Nazione più vicina al raggiungimento della parità di genere. Una vicinanza testimoniata anche (ma, ovviamente, non solo) dalle strade dipinti a colori dell'arcobaleno, a Reykjavík e in altri comuni dell'isola, a sostegno della comunità LGBTQ+. Tuttavia, nella giornata di domani, è previsto uno sciopero delle donne e delle persone non binarie. Il primo di questo tipo da quasi cinquant'anni, volto a chiedere un'uguaglianza salariale e interventi contro la violenza sessuale e di genere. A incrociare le braccia, addirittura, ci sarà anche la premier islandese Katrín Jakobsdóttir. Ma come si è arrivati fino a questo punto?
L'ultimo sciopero delle donne in Islanda risale al 1975. A quei tempi, nel Paese nordico, il 90% delle lavoratrici si rifiutò di lavorare, dichiarando tale azione come parte del kvennafrí. Letteralmente, «il giorno libero delle donne». Questa azione, effettivamente, ebbe i suoi frutti e portò a un cambiamento cruciale nella politica islandese e non solo. A seguito della protesta, infatti, vennero dapprima approvate alcune riforme. Poi, nel 1980, ci fu la svolta, quando Vigdís Finnbogadóttir venne eletta quarta presidente dell'Islanda e prima presidente donna in tutto il mondo.
Lo sciopero nel dettaglio
Eppure, a distanza di quarantotto anni, le donne islandesi si trovano, nuovamente, in protesta. Secondo le organizzatrici dello sciopero – alcune delle quali avevano partecipato addirittura a quello del 1975 – alcune richieste del pubblico femminile rimangono, infatti, ancora insoddisfatte. In alcune professioni, infatti, le donne guadagnano ancora il 21% in meno degli uomini, mentre più del 40% confessa di essere stata vittima di violenza di genere almeno una volta nella vita.
Arriviamo, però, al nocciolo della questione. Sebbene in Islanda esista una legge che, dal 2017, impone a società e aziende di verificare che i salari tra uomini e donne siano identici a seconda della professione esercitata, secondo alcuni dati ci sono dei settori in cui questa regola non è ancora realtà. O, per meglio dire, esistono degli impieghi con un maggior numero di donne come lavoratrici, dove gli stipendi sarebbero nettamente inferiori. È il caso del settore assistenziale, ma anche di quello delle pulizie. Le responsabili dello sciopero, dunque, chiedono che i dati sui salari di questi lavori vengano resi pubblici, di modo da portare a un cambiamento che elimini la subalternità economica di cui sono vittime le donne che lavorano in questi settori.
«Si parla dell'Islanda come se fosse un paradiso per l'uguaglianza», spiega Freyja Steingrímsdóttir, una delle organizzatrici dello sciopero. «Ma in un paradiso dell'uguaglianza non dovrebbe esserci un divario salariale del 21%, o un 40% di donne che subiscono violenze sessuali o di genere nel corso della loro vita. Non è questo ciò che per cui le donne di tutto il mondo si battono».
Domani, quindi, tutte le donne e le persone non binarie d'Islanda sono invitate a scioperare in segno di protesta. Un invito rivolto sia a coloro che svolgono un lavoro retribuito, che uno non retribuito. Tra le varie attività, infatti, si chiede alle donne di sospendere anche le faccende domestiche in casa, per «dimostrare il contributo alla società». Il tutto, seguendo lo slogan «Kallarðu þetta jafnrétti?»: «Tu questa la chiami uguaglianza?». Inoltre, come anticipato, allo sciopero si unirà anche la premier islandese, che a sua volta spera che il suo intero ufficio smetta di lavorare. «Con questa iniziativa voglio dimostrare solidarietà alle donne islandesi», ha confessato.
Al momento, le previsioni parlano chiaro. Alla giornata di domani, a cui hanno collaborato 40 organizzazioni diverse, almeno 25.000 persone dovrebbero partecipare all'evento principale, organizzato nel centro di Reykjavík. Un numero importante, se pensiamo che la Nazione conta, in totale, circa 393.000 abitanti. Non solo. Infatti, si stima che, contemporaneamente, avranno luogo altre 10 manifestazioni nel resto del Paese. Che contribuirebbero a classificare l'evento come «il più grande sciopero delle donne mai organizzato in Islanda».