Niente eutanasia per la 17enne vittima di stupro: si è lasciata morire

AMSTERDAM - La 17enne olandese, morta domenica dopo anni di sofferenze causate dalla depressione di cui soffriva dopo essere stata violentata da piccola, non sarebbe ricorsa all’eutanasia, ma si sarebbe lasciata morire di fame e di sete. La smentita, dopo le informazioni rimbalzate ieri sui quotidiani europei, arriva dal Marco Cappato, che su Twitter ha sottolineato come non si sia trattato di eutanasia: «L’Olanda ha autorizzato #eutanasia su una 17enne? FALSO!!! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva RIFIUTATO l’eutanasia a #Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti». Secondo Marco Cappato, attivista ed esponente dell’Associazione Luca Coscioni - imputato in Italia per aver accompagnato in una clinica svizzera dj Fabo per ricorrere al suicidio assistito - ha infatti riferito che l’Olanda, dove l’eutanasia è possibile anche per i giovani sopra i 12 anni - avrebbe negato il consenso alla 17enne, nonostante lei avesse chiesto di poter accedere alla «dolce morte». Da qui la decisione della giovane di lasciarsi morire di fame e di sete nella sua casa, circondata dai parenti.
La storia
Noah, questo il nome della 17enne, era stata molestata due volte, a 11 e 12 anni. A 14 anni poi due uomini l’avevano aggredita e violentata in un sobborgo della città. Da allora la ragazza era entrata in un vortice fatto di anoressia, depressione e stress post traumatico, tanto da rendere la sua una «non vita» come lei stessa ha scritto in un post su Instagram. I giornali olandesi riferiscono che la giovane è morta «in un letto d’ospedale nel salotto di casa sua» ma non parlano né di eutanasia né di suicidio assistito. Si sa invece che la ragazza aveva smesso di mangiare e di bere. Noah Pothoven era nota nel suo Paese per aver pubblicato un’autobiografia («Winnen of leren» - «Vincere o imparare»), in cui raccontava le violenze sessuali subite e la sua sofferenza. La madre aveva inoltre riferito al giornale «Gelderlander» che la figlia era stata ricoverata in tre diversi istituti e che, dopo il rifiuto di bere e mangiare, era stata nutrita con un sondino in ospedale per un anno.
A dicembre - riferisce ancora il quotidiano olandese - la ragazza aveva contattato una clinica specializzata dell’Aja per sapere se fosse idonea all’eutanasia o al suicidio assistito. Di fronte al no, la giovane avrebbe riferito: «Pensano che io sia troppo giovane per morire. Pensano che dovrei portare a termine il trattamento psicologico e aspettare che il mio cervello si sviluppi completamente. Non accadrà fino a quando non avrò 21 anni. Sono devastata, perché non posso più aspettare così tanto».
Le sue parole su Instragram
A Instagram la 17enne aveva affidato le sue ultime parole, annunciando di aver smesso di nutrirsi perché la sua sofferenza era diventata «insopportabile». La ragazza sosteneva di aver preso una decisione «definitiva», sottolineando che da molto tempo ormai non era più viva: «Sopravvivo, ma nemmeno quello. Respiro, ma non sono più viva». Infine, aveva annunciato che entro dieci giorni sarebbe morta.
Cosa prevede la legge
In Olanda il fine vita è normato da una legge del 2002, a cui è seguito due anni più tardi il «protocollo di Groningen» sull’eutanasia infantile. Il testo prevede che la morte possa essere accordata a partire dai 12 anni di età, ma solo dopo che un medico abbia certificato che la sofferenza del paziente è insopportabile e senza via di uscita. Tra i 12 e i 16 anni è previsto il consenso dei genitori. Nel 2017, circa 6.585 persone hanno chiesto e ottenuto l’eutanasia in Olanda, circa il 4,4% dei decessi totali nel Paese, secondo un comitato che si occupa di monitorare il fenomeno.