Non si scherza con i gatti delle nevi

Ci sono mode e modi, anche in montagna. Le escursioni notturne, specie con le pelli di foca, sono diventate proprio una moda. Ma c’è modo e modo di viverle. È una questione di educazione, oltre che di coscienza. Sì, perché in montagna la maleducazione e più ancora l’incoscienza si pagano spesso a caro prezzo. A volte a dettare questo costo è l’imponderabile - la montagna nella sua essenza -, altre la presenza di soggetti diversi, fisici, sui pendii. A cominciare dai gatti delle nevi, animali per definizione notturni.
Il rischio
Il caso di Stoos - con la seggiovia falciata da un verricello di un battipista, una vittima - è una storia diversa. Quello di Bad Kleinkirchheim di una decina di giorni fa rientra invece proprio in questa casistica; a perdere la vita un 24.enne, che stava sciando dopo la chiusura delle piste, scontratosi con un gatto delle nevi. Ne abbiamo parlato con Mauro Pini, direttore di Valbianca SA, e con Fabiano Medici, responsabile dei gattisti ad Airolo-Pesciüm. Pini spiega: «Il grosso problema delle stazioni sciistiche è chi va in montagna di notte, dopo la chiusura. Nessuno può proibire a qualcuno di andare sulle piste una volta chiuso il comprensorio. Ma la responsabilità è di chi ci va, e il rischio in montagna è sempre concreto». Il rischio anche di imbattersi in un gatto delle nevi al lavoro, magari con tanto di verricello.
La corda metallica
Il verricello è una fune che può estendersi fino a un chilometro. Medici spiega come si utilizza: «Il verricello assicura al battipista l’ancoraggio al terreno. In cima alla pista, dalla neve emerge un gancio, al quale appunto agganciamo il cavo, una corda metallica di 11 millimetri di diametro che ci permette di lavorare su forti pendenze, frenando il gatto in discesa e aiutandolo a risalire. In discesa frena, in salita tira. La macchina pesa 12 tonnellate, mentre la corda ha una trazione fino a 4 tonnellate e mezzo. La corda si muove quando la macchina si sposta lateralmente, spostandosi anche di venti o trenta metri». E sono delle frustate, dalle traiettorie imprevedibili, oltre che violente. Ad Airolo, non ci sono piste che richiedono un chilometro di cavo, ma si arriva a 600-700 metri. «Quello che succede a simili distanze, noi sui gatti non lo vediamo. A volte non vediamo oltre cinquanta metri». Il verricello si può nascondere nella neve, oppure può sorvolare la superficie di alcune decine di metri, oppure ancora essere ad altezza uomo. Il potenziale di rischio è insomma enorme. E si rischia la vita.
Le responsabilità
Ogni notte sono decine gli escursionisti che si avventurano sui percorsi di Airolo-Pesciüm dopo la chiusura del comprensorio. Mauro Pini: «Da lì in poi, non c’è nessuna garanzia di sicurezza sulle piste, né di fronte a potenziali valanghe, né in merito al lavoro dei gattisti. Dall’orario di chiusura, dalle 16.30, dalle 17, le piste non sono controllate né segnalate. I gattisti piazzano cartelli e lampeggianti, quando stanno lavorando, ma non possono rendersi conto di quanto accade a centinaia di metri da loro». Tutto torna alle coscienze degli escursionisti. «Tanti conoscono il funzionamento dei gatti delle nevi e rispettano le indicazioni. Altri o non le considerano o non si rendono conto di cosa comporti il mancato rispetto delle stesse. Alcuni gattisti infatti si sono già trovati in qualche situazione al limite», spiega Mauro Pini. Fabiano Medici: «Lo scorso anno, mentre un mio collega lavorava con il verricello, due sciatori sono passati proprio sotto al cavo, che per fortuna era a un’altezza di 60-70 metri. Ma quel cavo di notte non lo puoi vedere. Non c’è modo». Anche considerando che alcuni escursionisti, per non farsi vedere, spengono addirittura le loro torce.
La sensibilizzazione
«Nell’ambiente si sa benissimo che sono accadute e accadono, in questo campo, diverse situazioni pericolose. Il caso ha fatto sì che in Ticino non sia successo ancora nulla di grave». Importante quindi sensibilizzare, ulteriormente, gli escursionisti. «Nessuno vuole togliere gli appassionati dalle piste di notte - puntualizza ancora Pini - Ciò che possiamo fare è creare una sempre maggiore coscienza del pericolo». Il tema è d’attualità insomma tra chi gestisce le piste. Alcuni gestori addirittura non reggono più le pressioni derivanti da tali responsabilità. A Grossarl, in Austria, un omologo di Pini ha recentemente dato le dimissioni, stufo degli strafottenti e degli ubriachi frequentatori notturni delle sue piste. Anche se la responsabilità resta tutta, dopo l’orario di chiusura, di chi le vive, magari senza curarsi di chi ci lavora, dei cartelli, della buona educazione, insomma della montagna.
Da sapere
La Commissione svizzera per la prevenzione degli infortuni sulle piste per sport sulla neve (SKUS) all’interno del proprio sito riporta alcune disposizioni giuridiche relative allo sciescursionismo notturno, sottolineando gli obblighi di chi gestisce le stazioni: «L’obbligo di garantire la sicurezza della circolazione vige per tutta la durata del funzionamento degli impianti. Al di fuori di questi orari, il gestore deve avere il tempo di provvedere alla manutenzione delle piste e, in particolare, di batterle. In questo frangente le piste sono chiuse e, quindi, sbarrate».
Chiaro l’avvertimento: «Chi percorre piste chiuse e, dunque, sbarrate lo fa a proprio rischio e pericolo». E tra le regole: «Durante la preparazione delle piste occorre prestare la massima attenzione. Durante i lavori eseguiti con l’argano, le piste sono sbarrate per motivi di sicurezza. Vi è pericolo di morte». E chi non rispetta le regole? «Gli sciescursionisti che non rispettano i percorsi (ossia percorrono piste sbarrate) o che utilizzano le piste di notte quando queste non sono aperte non sono perseguibili penalmente».