Non solo economia: le elezioni decise dai temi sociali
Sono trascorsi 721 giorni dal momento in cui l’ex presidente Donald Trump ha annunciato di voler correre per la terza volta alla Casa Bianca. Era il 15 novembre 2022, una manciata di giorni dopo la «non vittoria» del Partito repubblicano alle elezioni di medio termine. Addetti ai lavori ed esperti pensavano che l’ex presidente fosse un candidato poco credibile, vista la sconfitta di due anni prima e l’eredità della sua amministrazione, sfasciata dall’insurrezione del 6 gennaio 2021.
E invece, complici soprattutto le debolezze di un Partito democratico imbarazzato dalla disorganizzata ritirata della seconda campagna elettorale di Joe Biden, e la radicalizzazione della base Make American Great Again all’interno del Grand Old Party, Trump è ancora qui. Secondo i sondaggi, a un soffio da un secondo mandato che avrebbe un sapore storico: nessun presidente si è infatti ricandidato dopo aver perso, con la sola eccezione di Grover Cleveland, che nel 1892 sconfisse il presidente uscente repubblicano Benjamin Harrison e il candidato del Partito del Popolo James Weaver.
Cosa dicono i professori
Rispetto al 2020, non solo i candidati sono diversi, con Kamala Harris che è riuscita a costruire nel giro di 100 giorni una macchina elettorale mastodontica, la cui efficacia si capirà stanotte. Anche i temi lo sono. Nel 2020, razzismo e gestione della pandemia COVID-19 furono priorità assoluta per una vasta maggioranza di elettori. Per navigare le tematiche di quest’anno, il Corriere del Ticino ha quindi interpellato alcuni docenti, sondaggisti ed esperti di politica. E le risposte hanno avuto una certa convergenza: è l’economia ad avere massima priorità in questa tornata elettorale, in primis la lotta all’inflazione, tuttora elevata nonostante timidi miglioramenti. Inflazione che ha macchiato altri risultati ottenuti dall’amministrazione Biden su disoccupazione - di nuovo ai minimi storici pre-pandemia - e aumenti degli stipendi.
Non tutti, però, concordano che sia l’economia a motivare il voto. «La maggior parte degli americani preferisce un partito politico per ragioni non economiche come la religione, la questione delle armi, l’aborto, l’atteggiamento verso gli immigrati, e così via - dice Robert Speel, politologo della Penn State University - Forse i tre problemi determinanti potrebbero essere le minacce alla democrazia, l’aborto e la sicurezza dei confini».
Kyle Kondik, professore alla University of Virginia e Managing Editor di Sabato’s Crystal Ball, uno degli istituti demoscopici più rispettati degli USA, dice che dietro alla forza di Trump nei sondaggi quest’anno ci sia il fatto che gli elettori lo vedono come un candidato più solido per gestire l’economia: «Una delle domande più importanti è capire se questo vantaggio sia sufficiente a superare le preoccupazioni che le persone hanno sul suo modo di comportarsi».
Donne decisive
Oggi, gli Stati Uniti vanno ufficialmente al voto per la sessantesima volta per eleggere il proprio presidente, ma oltre 76 milioni di Americani hanno già votato: di persona in anticipo o per posta. Per il 53% si tratta di donne, secondo la MSNBC. Proprio il tema del gender divide è diventato cruciale nei dibattiti sui talk show politici e online: le donne possano essere decisive per una eventuale vittoria di Kamala Harris? Abbiamo scritto ieri di come Trump stia corteggiando il voto di uomini giovani e lavoratori, non laureati e under 30, una fascia di popolazione che alle urne tende a recarsi poco e mal volentieri.
La vicepresidente, invece, ha scelto la strategia opposta, inviando messaggi politici diversi alle fasce più giovani, a seconda dei loro bisogni. E puntando moltissimo sul voto femminile, di tutte le fasce d’età, specialmente nelle periferie fuori dalle grandi città del Midwest (anche tra le minoranze afroamericane e ispaniche). Non è un caso che Michelle Obama si sia presentata per un comizio a Norristown, alle porte di Philadelphia, lo scorso sabato, seguita dalla First Lady Jill Biden, la quale ha fatto alcune tappe in Pennsylvania domenica, inclusa una nella cittadina di King of Prussia (di nuovo, alle porte di Philly) e a Harrisburg, nella Dauphin County. Lì dove il marito vinse con 7 punti percentuali di margine nel 2020 e Hillary Clinton con meno del 3%, perdendo poi lo Stato e le elezioni.
Kondik ammette: «I sondaggi non sono conclusivi sul divario di genere». Ma secondo Paula Holoviak, politologa della Kutztown University of Pennsylvania, saranno i dati dell’affluenza a dare un’idea più chiara del come e del quanto il voto delle donne possa essere stato decisivo: «Ci sono cinque contee nelle periferie di Philadelphia dove si sta votando tanto, e ho sentito di qualche donna repubblicana che si sta guardando in giro e sta pensando a Kamala Harris per la questione dell’aborto, specialmente dopo la fine di Roe v Wade».
Jeffrey Green, docente di Scienze politiche alla University of Pennsylvania, conferma: il tema dell’aborto, così centrale nel messaggio di Harris, si sta confermando traino significativo per il voto femminile, almeno secondo i sondaggi di queste settimane. «Molti trovano Trump sgradevole, compresi alcuni dei suoi sostenitori, ma questa forma di disapprovazione sembra essere ancora più comune tra le elettrici», dice.
Dimenticare il 6 gennaio
Il 6 gennaio 2021 è stato forse dimenticato da certi elettori ma non da Donald Trump, il quale parlando di frodi elettorali senza prove sembra pronto a riproporre la stessa strategia della tensione di quattro anni fa. In Pennsylvania, sono numerose le cause legali avanzate dal team repubblicano, con l’obiettivo di eliminare alcune schede elettorali dal conteggio finale. Green e Holoviak non hanno dubbi: se dovesse perdere, Trump è pronto al bis delle settimane antecedenti al 6 gennaio. Aggiunge Kondik: «Sono sicuro che condividerà fake news sul voto: è ragionevole che la campagna avvii azioni legali se ritiene che ci siano stati errori».
Più diretto, invece, Speel: «Se Kamala Harris dovesse vincere con ampi margini la maggior parte degli Stati in bilico la maggior parte dei mass media e del pubblico ignorerebbe la retorica di Donald Trump come una fanfaronata». E se così non fosse, e la lotta diventasse serrata? «Allora sì, la campagna di Trump tenterebbe anche di ricorrere all’intimidazione per cercare di bloccare la vittoria di Harris, come ha fatto nel 2020».