Occhio al greenwishing

Ce ne siamo sicuramente accorti: passata l’emergenza sanitaria è tornata d’attualità quella climatica. Rispetto all’era pre-COVID si osserva però un’accresciuta consapevolezza sul variegato (e complesso) tema della sostenibilità. Ma passare dal capire il «cosa» sia un’attività o azione sostenibile al «come» attuarla è forse meno evidente. Il rischio, oltretutto, è di cadere nella trappola del cosiddetto «greenwashing», o ecologismo di facciata.
Passare all’auto elettrica, acquistare vestiti «coscienziosi» o semplicemente piantare un albero nel giardino sono davvero azioni sostenibili oppure solo delle buone intenzioni? «C’è una parte della società che sa che cosa sia il greenwashing, ma riteniamo che la maggioranza della popolazione non sappia davvero distinguere fra azioni genuine e quelle di facciata», afferma al CdT Sophie Hundertmark, fondatrice assieme a Martina Bühler di Greenwishing, associazione creata nel 2022 che si occupa di sensibilizzare i cittadini in Svizzera sulla questione dell’ambientalismo di facciata e, più in generale, sul macro-tema della sostenibilità.
«Prendiamo ad esempio un’azienda che si definisce “consapevole” del tema della sostenibilità che invita i suoi dipendenti di piantare degli alberi per essere “a posto” con l’ambiente. Se questi poi prendono l’aereo per recarsi nei luoghi di vacanza ecco che ci troviamo di fronte al cosiddetto “greenwishing”, ovvero a delle buone intenzioni che però non sono per nulla efficaci sul piano della sostenibilità».
La Ong con sede nel Canton Zurigo è attiva anche nella formazione del personale nelle aziende con un approccio «dal basso»: «Se sempre più dipendenti saranno consapevoli del tema del greenwashing allora le aziende non potranno più far finta di nulla e rinunceranno, per forza, alle azioni di facciata. Certo, la nostra è una visione un po’ ottimista e dovremo verosimilmente attendere ancora molto per vedere dei cambiamenti comportamentali di massa, ma crediamo anche nell’effetto “palla di neve” che prima o poi potrà accelerare il cambiamento nella società».
Spinta «gentile» alle aziende
Se il cambiamento verso una società più sostenibile potrà avvenire sommando i comportamenti individuali delle persone adeguatamente informate, è forse ancora più importante che siano le aziende a fare la loro parte. Ma qui l’approccio dal basso è meno evidente. In Svizzera qualcosa si è fatto «dall’alto» con l’entrata in vigore, a inizio 2022, della nuova Legge federale sugli appalti pubblici che obbliga i partecipanti anche a «garantire il rispetto di severi requisiti in materia di sostenibilità sotto il profilo sociale, ecologico ed economico».
In Ticino, il Consiglio di Stato ha recentemente inserito la responsabilità sociale delle imprese (RSI) tra i criteri di aggiudicazione della Legge cantonale sulle commesse pubbliche. In sostanza, si tratta di stilare un Rapporto di sostenibilità. Per aiutare le aziende con questa «novità», la Camera di commercio del Cantone Ticino (Cc-Ti), in collaborazione con la Supsi e il Dipartimento dell’economia e delle finanze, ha sviluppato un’apposita piattaforma che consente alle aziende di disporre di un modello semplificato che si basa su trenta indicatori principali. «Ormai questo genere di rapporto viene sempre più richiesto alle imprese, confrontate con il mercato dove anche nei rapporti tra fornitori e clienti c’è la necessità di comprendere gli sforzi che un’azienda sta compiendo in varie direzioni, in termini quindi di responsabilità economica, sociale e ambientale», ci spiega Jenny Assi, docente e ricercatrice al Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della Supsi. «Abbiamo quindi trovato utile fornire alle aziende del Canton Ticino uno strumento un po’ più semplificato perché fino a oggi le PMI potevano riferirsi solo alle linee guida in vigore a livello internazionale, come quelle emanate dal GRI (Global Reporting Initiative), che sono però pensate piuttosto per le grosse aziende e quindi difficili da comprendere e adottare per le PMI».
Ma come funziona? L’azienda compila il rapporto che, di fatto, la obbliga a mettere nero su bianco ciò che sta facendo in termine di RSI, in seguito la Cc-Ti verifica le informazioni ed emette infine una dichiarazione di conformità. Commesse pubbliche a parte, questo genere di rapporto viene tipicamente pubblicato dalle aziende assieme ai propri resoconti annuali. «Non si tratta di un esercizio sulla carta, non è un’autocertificazione - puntualizza Assi - bensì un sistema voluto, a prescindere dal requisito normativo, per aiutare le aziende non solo a essere consapevoli e correttamente informati sulla RSI ma soprattutto per portarle verso un processo di miglioramento continuo, perché è questo l’obiettivo vero della sostenibilità».
A questo punto chiediamo alla ricercatrice della Supsi se si possono osservare dei primi risultati o azioni concrete intraprese dall’introduzione di questo sistema. «Ci sono alcune aziende-pilota che nel 2022 hanno fatto da apripista compilando i loro propri rapporti, che sono disponibili sulla piattaforma come esempio per altre aziende. Devo dire che in materia di appalti pubblici il primo concorso per gli impresari costruttori che richiede il Rapporto di sostenibilità ai fini della legge è stato pubblicato solo nel mese di dicembre scorso; è difficile quindi parlare di risultati concreti in questo momento. Tuttavia, ritengo che un grande risultato lo si vede già sul piano della consapevolezza del tema che, soprattutto dopo la pandemia e grazie anche ai media che ne hanno parlato sempre di più, è nettamente accresciuta. Questo è, in fondo, il primo obiettivo del processo di miglioramento continuo che si vuole instaurare nelle aziende con il Rapporto di sostenibilità. Ora però, dopo aver capito il “cosa va fatto”, che è già un grande passo in avanti, si tratta di capire il “come”. Ci sono misure facilmente adottabili, per esempio usare energia elettrica rinnovabile, usare lampadine LED ecc., ma nel momento in cui dobbiamo cambiare i processi produttivi allora le cose si complicano, bisogna fare degli investimenti che possono essere molto importanti. Ma se l’azienda si trova correttamente instradata in un percorso di miglioramento continuo e se potrà contare sulle competenze dei propri dirigenti formati adeguatamente, allora credo che presto dovremo poter vedere dei cambiamenti concreti anche alle nostre latitudini».