Otto giovani su dieci sono pronti a lasciare il posto di lavoro
Che quello del lavoro sia un mondo difficile è risaputo; negli ultimi tempi, tuttavia, sembrerebbe che la situazione stia progressivamente peggiorando. Parole un tempo esotiche quali «burnout» oggi sono invece all’ordine del giorno. A corroborare la nostra affermazione interviene un sondaggio condotto su 30.000 dipendenti in 30 Paesi dal McKinsey Health Institute i cui dati sono stati presentati dal Corriere della Sera. Secondo lo studio, il 22% dei lavoratori a livello globale ha sperimentato sintomi di burnout. In cima a questa poco edificante classifica si trova l’India, il cui dato sale al 59%, mentre sul fondo c’è il Camerun con il 9% dei dipendenti che sono stati confrontati con sintomi riconducibili alla sindrome da esaurimento professionale.
Giovani e piccole aziende i più interessati dal fenomeno
Andando più nel dettaglio, si scopre poi che a essere maggiormente toccati dal fenomeno del burnout sono giovani e dipendenti che non ricoprono ruoli manageriali in piccole aziende. A fornire questa fotografia è un altro sondaggio pubblicato su People Management citato sempre dal Corriere della Sera. Secondo lo studio, il 50% dei dipendenti che appartiene alle generazioni Z e Millenial si sente stressato sul posto di lavoro per la maggior parte del tempo. L’80% degli appartenenti a queste fasce d’età poi, sarebbe pronto ad abbandonare il proprio impiego a causa di una cultura aziendale giudicata tossica.
Secondo la CNBC, l’insoddisfazione sul posto di lavoro che si registra dal 2020 a oggi potrebbe comportare per l’economia globale una perdita di produttività per un valore complessivo di 8,8 trilioni di dollari. Al contrario, un ambiente di lavoro positivo fa sì, è lapalissiano dirlo, che i dipendenti si sentano ed effettivamente stiano meglio, a tutto vantaggio della loro creatività e delle loro prestazioni.
L’importanza dell’ambiente di lavoro
Alla luce di questi dati, si capisce come l’ambiente lavorativo all’interno di un’azienda sia di fondamentale importanza per la sopravvivenza e la prosperità dell’azienda stessa. Francesca Verderio, training & development practice leader di Zeta Service, spiega infatti al Corriere della Sera che l’idea che le persone cambiano il posto di lavoro spinte da ragioni legate alla retribuzione o alle prospettive di carriera non è del tutto corretta. In molti casi, infatti, a spingere gli individui verso nuove sfide lavorative è la necessità di sottrarsi a un clima lavorativo giudicato insoddisfacente se non, addirittura, tossico. Oltre agli aspetti economici, Verderio sottolinea che, in effetti, per i datori di lavoro è importante prendere in seria considerazione fattori quali il benessere psicologico e la salute dei dipendenti, l’eticità dei comportamenti manageriali nonché le possibilità di formazione.
Insomma, se le imprese vogliono trattenere i propri impiegati, è importante che comincino ad ascoltare le necessità di questi ultimi e si adoperino per creare una cultura aziendale incentrata sul rispetto e sulla collaborazione. Solo in questo modo le persone vivranno il proprio lavoro con un'attitudine positiva e potranno essere un valore aggiunto per l'azienda. Da questo discorso non vanno poi esclusi i giovani che oggi più che mai danno importanza al clima aziendale e che, invece, troppo spesso si sentono trattati come l'ultima ruota del carro.