Paolo Rumiz: «In Europa la sinistra ha lasciato il campo vuoto»
Inviato di guerra, scrittore, saggista, il triestino Paolo Rumiz, 76 anni, è una delle voci più autorevoli del giornalismo italiano d’inchiesta. Il suo ultimo libro, Verranno di notte. Lo spettro della barbarie in Europa (Feltrinelli), da pochi giorni in libreria (e, online, anche nell’edizione inglese), è dedicato alle destre europee. Un testo «scritto a lampi - dice Rumiz al Corriere del Ticino - un libro che non ha una struttura ordinata, analitica, di pensiero filosofico, ma che si basa tutto su folgorazioni, su sentimenti, su percezioni».
Oltre 200 pagine, nelle quali Rumiz non nasconde una forte preoccupazione per l’avanzata in tutta Europa dell’estrema destra. «Mi occupo di Europa ormai da 40 anni - dice lo scrittore friulano - il mio primo libro, uscito nel 1990 (Danubio, Edizioni studio tesi, ndr), era dedicato ai cambiamenti seguìti alla caduta del muro di Berlino. Come uomo di confine sono sempre stato interessato a quello che accade a ridosso del nostro mondo, e sono ipersensibile a tutti i grandi temi europei». Il successo politico-elettorale, ma anche sociale, dell’estrema destra europea ha, per Rumiz, cause precise. «In questo momento - dice parafrasando Karl Marx - c’è un unico grande fantasma che si aggira per l’Europa ed è il disincanto per una sinistra che non è più in grado di ascoltare la sua gente. Parole come pace, come popolo, sono emigrate altrove. Sono emigrate sul fronte opposto».
Questa sinistra sorda e disattenta «si guarda da troppo tempo l’ombelico e non ascolta le preoccupazioni della gente semplice di fronte al crollo delle certezze, al crollo del welfare, a un futuro che spaventa. Ecco: questa paura, invece di essere interpretata e studiata dal punto di vista dei rimedi, viene completamente lasciata da parte. Per cui l’unica risposta che arriva è quella della destra, che è anche la risposta più sbagliata. In questo momento, chiudersi dentro i propri confini sarebbe il più grosso regalo possibile alle grandi multinazionali dell’economia».
Il sovranismo, insiste Rumiz, «non fa male soltanto all’Europa ma alla stessa sovranità dei singoli Paesi. Perché, prive dell’ombrello europeo, pur fragile, le nazioni del Vecchio Continente saranno mangiate in un sol boccone dai grandi poteri globali. Purtroppo, temo che l’Europa si avvii a essere irrilevante sulla carta geografica».
Le imminenti elezioni europee, dice ancora il giornalista triestino, «sono una grande incognita. Il problema, paradossalmente, non è la destra ma il silenzio di tutti gli altri, l’assenza di un contropotere che si rifletta anche nelle urne. Una volta, le parti in campo erano chiare; oggi, quelle stesse parti non ci sono più. O meglio, c’è la destra ma dall’altra parte prevale il silenzio, il vuoto. E in politica il vuoto è pericolosissimo, perché viene riempito dal primo arruffapopoli che passa, dal primo demagogo che propone ovviamente soluzioni sbagliate. La destra estrema, appunto, che allo spaesamento dei cittadini offre soltanto megafoni ma non soluzioni».
Uno dei pochi segnali positivi, conclude Rumiz, «è giunto fortunatamente dalla Germania dove la società civile ha reagito scendendo in piazza spontaneamente contro l’AfD. A partire dalle nonne, con il loro meraviglioso movimento Omas gegen Rechts».