Per i frontalieri del futuro si annuncia un vero salasso

L’accordo fiscale tra Italia e Svizzera è ormai prossimo alla dirittura d’arrivo. Il terzo passaggio a Palazzo Madama, reso necessario dagli emendamenti approvati dopo l’intesa tra i ministri dell’Economia su black list e telelavoro, è soltanto formale. Sul provvedimento, la politica romana è infatti stata unanime.
Tutto procede, quindi. E finalmente, qualcuno si è preso la briga di fare due conti in modo serio. Di calcolare, cioè, chi guadagna e chi perde. Chi potrà guardare alla riforma, in prospettiva, con un sorriso e chi, invece, non avrà alcun motivo valido per farlo.
Chi guadagna e chi perde
L’altro ieri, un seminario della Fiduciaria Mega di Lugano ha prodotto per la prima volta simulazioni attendibili sui futuri salari dei frontalieri: sia quelli italiani, sia quelli svizzeri. Sì, perché, ci sono anche persone che dal Ticino, ogni giorno, si spostano nel Belpaese per lavorare. Sono pochissime, alcune centinaia. Ma non possono essere dimenticate.
La sostanza, hanno sottolineato in sintesi gli analisti della Mega, è tanto semplice quanto chiara: dal momento in cui il nuovo accordo fiscale sarà applicato ai contribuenti di entrambi gli Stati, il frontaliere residente in Ticino che lavora in Italia guadagnerà di più e pagherà meno tasse; il neo-frontaliere italiano, residente nella fascia di confine dei 20 km e assunto in Ticino, vedrà invece peggiorare, e molto, la propria retribuzione rispetto ai colleghi che godranno fino alla pensione dell’attuale sistema impositivo.

I numeri superano di gran lunga ogni possibile commento. Un frontaliere con un salario lordo di 50 mila franchi, senza il coniuge a carico e con un figlio minorenne, guadagna oggi, al netto delle imposte e degli oneri sociali, 40.488 franchi. Lascia cioè all’erario e al sistema previdenziale elvetici il 19,024% del proprio reddito. Con un identico salario lordo, il neo-frontaliere che sarà assoggettato al sistema misto scaturito dall’accordo tra Italia e Svizzera porterà a casa, sempre al netto di imposte e oneri sociali, 34.282 franchi. Dovrà quindi “sacrificare” il 31,436% del proprio reddito. Una differenza di 6.206 franchi. In realtà, la decurtazione sarà sicuramente maggiore: gli analisti della Fiduciaria Mega non hanno infatti potuto calcolare il peso fiscale delle addizionali italiane (regionali, provinciali e comunali); addizionali non dovute dagli attuali frontalieri (che non presentano dichiarazione IRPEF), e che i nuovi frontalieri dovranno invece onorare.
Il caso di un frontaliere (sempre senza coniuge a carico e con un figlio minorenne) con salario lordo di 100 mila franchi, esempio preso in considerazione dalle simulazioni della Mega, rende se possibile ancora più chiara la differenza tra vecchi e nuovi frontalieri. In questo caso, lo scostamento sarà addirittura di 13.289 franchi. Il netto in tasca, per i neo-assunti, ammonterà infatti a 59.836 franchi (escluse sempre le imposte addizionali) contro i 72.675 degli attuali frontalieri.
Come detto, chi migliorerà le proprie finanze sarà il lavoratore residente in Svizzera e impiegato in Italia. In questo caso, grazie all’assoggettamento parziale del reddito al fisco elvetico, il frontaliere “al contrario” che oggi, con un lordo di 100 mila franchi, se ne ritrova in busta paga 58.862, vedrà crescere il salario di quasi l’11%, fino a raggiungere un netto di 65.251 franchi.
Effetti da verificare
È del tutto evidente che, per i nuovi frontalieri, siamo di fronte a un autentico salasso. Gli effetti della riforma della doppia imposizione saranno quindi molto concreti. L’Italia avrà, a regime (nel 2044) un incremento delle entrate fiscali calcolato attorno ai 250 milioni di euro. Il Ticino potrà contare, a partire dall’anno fiscale 2034 - da quando, cioè, non dovrà più versare i ristorni - su entrate crescenti, il cui ammontare non è stato tuttavia sin qui ipotizzato. I frontalieri italiani guadagneranno meno dei loro attuali colleghi. Molto meno. Se questo avrà effetti sul mercato del lavoro svizzero, se cioè la pressione della manodopera proveniente dall’esterno si attenuerà, è tutto da scoprire.
Sicuramente, le parole di molti politici del Belpaese che hanno “venduto” l’accordo come un successo dei frontalieri suonano ora come una campana incrinata. Sono sorde.
E infatti, giovedì pomeriggio, alla Camera dei Deputati, in sede di dichiarazione di voto sulla legge delega, i deputati più accorti si sono tenuti molto prudentemente alla larga da dichiarazioni reboanti. Nella trappola sono cadute soltanto Patrizia Marrocco (Forza Italia), la quale ha detto che l’intesa «migliorerà la condizione dei lavoratori transfrontalieri» e la grillina Federica Onori, secondo cui «la normativa complessivamente risponde al bisogno di offrire una maggiore tutela ai lavoratori frontalieri, non ultimo in termini di fiscalità». I conti, però, dicono un’altra cosa.