Per il tiro bisogna essere atletici? Il «cecchino» Yusuf Dikeç riaccende la discussione
Mano in tasca, occhiali da impiegato, sguardo impassibile, quasi annoiato. Yusuf Dikeç, il tiratore turco che con la sua nonchalance ha conquistato un argento e, soprattutto, il web, ha riaperto un dibattito che, immancabilmente, da qualche tempo si ripresenta a ogni edizione delle Olimpiadi. Ovvero: per il tiro a segno serve davvero essere atletici?
Il fatto che il popolo di internet abbia re-immaginato Dikeç come il classico «normal guy», un uomo qualsiasi che, senza troppa preparazione né alcuna attrezzatura, si presenta a Parigi e porta a casa una medaglia, mostra come molti, moltissimi, pensino che il tiro sia una passeggiata. Ma è davvero così? Le Parisien, in un recente articolo, ha portato il caso del proprio atleta di punta, Jean Quiquampoix, vincitore dell'oro nella pistola 25 metri automatica a Tokyo 2020, per fare luce sulla questione.
Allenamenti
Nella boxe e in altri sport di combattimento, esistono categorie di peso che separano gli atleti. Nel tiro, le cose non potrebbero essere più differenti. Lo testimonia la sfida che a Tokyo 2020 ha visto Quiquampoix, un metro e ottantanove per novantadue chili di muscoli, sfidare Leuris Pupo, cubano dal fisico decisamente meno statuario (tanto che Le Parisien lo ha descritto con un poco simpatico «panciuto»). La differenza fisica tra gli atleti, insomma, può esistere. Ma la preparazione, per quanto non evidente, c'è ed è importante. «Dopo le Olimpiadi di Rio, il nostro sport è diventato più professionale, ha cambiato la sua dimensione atletica. La preparazione fisica rappresenta il 20-30% della prestazione. Quindi non fa di te un vincitore, ma senza di essa è impossibile sperare di arrivare nelle massime categorie», ha spiegato al giornale francese Gilles Muller, direttore tecnico della federazione francese di tiro.
Tutti gli atleti transalpini, spiega il giornale, si sono preparati attivamente per i Giochi di Parigi, con tre obiettivi in mente: scaricare lo stress, arrivare in forma al D-day ed evitare infortuni, soprattutto tendiniti agli arti superiori. «Sollevare una pistola da 1,2 kg per sessanta volte di seguito senza muovere il braccio», ha spiegato Quiquampoix a Le Parisien, «non è un'impresa da poco. Lavoro molto sulle mie fondamenta per avere un sostegno più stabile: polpacci e quadricipiti, cintura addominale».
Clément Bessaguet, compagno di allenamento di Quiquampoix, ha spiegato che come in molti altri sport – l'esempio citato è quello dei piloni nel rugby – sotto qualche chilo apparentemente di troppo si nasconde un fisico forte. «Io lavoro intensamente sui pettorali, sulla schiena e sulle spalle, per rimanere il più stabile possibile». Lucas Kryzs, che giovedì si è classificato sesto nella finale della carabina 50 m, ha messo su 10 kg in due anni. «Sentivo di dover ingrassare per progredire. Per le sensazioni, ma anche per evitare che le mie gambe tremassero alla fine della gara. Mi sento più forte, più robusto, anche nella testa».
Per ogni tiratore, insomma, una preparazione atletica diversa, basata sulle proprie necessità. Allenamenti pensati per eccellere, appunto, nelle massime categorie. Con buona pace di chi commenta dal divano di casa.