Per la tassa di collegamento Zali valuta la versione «light»
Al momento sono solo indiscrezioni che tuttavia, a Palazzo delle Orsoline, circolano con una certa insistenza. Il controprogetto all’iniziativa popolare contro la tassa di collegamento ventilato dal DT in Commissione della gestione (la notizia era stata anticipata su queste colonne la scorsa settimane, si veda l’edizione del 19 giugno) dovrebbe concentrarsi sull’esonero di una delle due categorie paganti: con ogni probabilità il testo proporrà di sgravare dalla tassa i parcheggi dei centri commerciali destinati ai clienti, mentre quelli delle aziende resterebbero assoggettati.
Una mossa per cercare di salvare il balzello approvato dal popolo nel 2016 (di strettissima misura, ossia con il 50,7% di sì) e che oggi non solo deve fare i conti con un’iniziativa che ne chiede l’abrogazione, ma anche con un contesto congiunturale radicalmente mutato. Di qui, appunto, il contropiede del direttore del DT Claudio Zali, deciso a tentare la carta del compromesso, alleggerendo parzialmente il contributo a carico degli utenti finali.
Con ogni probabilità, dunque, il DT risparmierà i centri commerciali, mantenendola invece per le imprese. Del resto, la mossa contraria sarebbe politicamente poco spendibile, visto che avrebbe coinciso con uno sgravio completo per i frontalieri. Loro, la spesa in Ticino, non la fanno. Ma sarà sufficiente in caso di voto popolare?
Verso le urne
La domanda si pone, anche se non è affatto scontato che il controprogetto arrivi alle urne. Prima dovrà infatti ottenere l’eventuale approvazione da parte del Gran Consiglio. Il quale dovrà anche affrontare la discussione sull’iniziativa popolare legislativa che ne chiede l’abrogazione. Iniziativa, oggi ancora ferma in Gestione, che ha raccolto ben 16.000 firme. La situazione insomma è ancora aperta. L’unico punto fermo - in realtà, come vedremo, neppure tanto - è l’entrata in vigore formale della tassa prevista il 1. gennaio 2025. Ma andiamo con ordine e mettiamo in fila i punti salienti di una trama piuttosto intricata a cui si è aggiunto - sui titoli di coda - il ventilato controprogetto del DT.
Un po’ di storia
Nel 2016 il popolo approva la tassa a carico dei generatori di traffico. Successivamente viene bloccata a causa di alcuni ricorsi presentati al Tribunale federale. Ricorsi che nel 2020 Losanna respinge. Il Governo prende atto, ma decide di sospendere la tassa a causa della pandemia. Del tipo: non è il momento per caricare imprese e cittadini. Il Consiglio di Stato decide quindi di posticipare la sua introduzione al 1. gennaio 2025. Fine della storia? Assolutamente no, perché nel frattempo, l’UDC con il sostegno di esponenti di PLR e Centro raccoglie 16 mila firme per abrogare il balzello. Nel relativo messaggio, il Governo chiede di respingere l’iniziativa «che calpesta la volontà popolare» e mina una legge non ancora entrata in vigore. Il resto sono dettagli che portano al presente.
I tre scenari
La Gestione, va detto subito, non si è ancora espressa sull’iniziativa. E formalmente il controprogetto, per quanto ventilato, non è ancora stato presentato. Ad ogni modo, ipotizzando il nuovo messaggio Dt, gli scenari che si offrono, a tendere, sono essenzialmente tre. Primo scenario: l’iniziativa che chiede l’abrogazione viene respinta dal Parlamento e, allo stesso tempo, viene approvato il controprogetto. In questo caso si andrebbe al voto con entrambe le proposte. La parola torna quindi al popolo. Secondo scenario: il Parlamento respinge sia l’iniziativa sia il controprogetto. In questo caso, il popolo voterebbe solo sull’iniziativa per abrogare la tassa. Terzo scenario: il Parlamento accoglie l’iniziativa e respinge il controprogetto. In questo caso, la tassa di collegamento viene abrogata per direttissima senza passare dal popolo.
Verosimilmente, i numeri per una contrarietà di principio alla tassa ci sarebbero. Meno scontata invece la volontà politica per abrogarla direttamente in Parlamento. Più verosimile invece che il Gran Consiglio, per evitare di calpestare l’esito del voto popolare del 2016, scelga il primo scenario, così da rimettere nuovamente la scelta nelle mani del popolo. La raccolta firme e il voto popolare sarebbero da intendersi come un esame riparatore alla luce di un contesto economico mutato. In questo senso, è facile immaginare che l’eventuale controprogetto possa trovare una maggioranza in Parlamento.
L’interrogativo finale
Detto questo, comunque, rimane un grande interrogativo finale. Sì, perché per mettere in vigore la legge il 1. gennaio 2025, il Consiglio di Stato era tenuto a presentare entro il 30 giugno, ossia 6 mesi prima, gli obiettivi della tassa. Al 30 giugno mancano ormai pochi giorni, e il DT secondo quanto comunicato in Gestione non sembra intenzionato a fornire questo compendio. Non certo per capriccio ma in quanto l’analisi approfondita (demandata a uno studio esterno) costerebbe centinaia di migliaia di franchi. Meglio risparmiare e attendere l’esito della votazione. Se dovesse passare il controprogetto (i tempi per andare alle urne sono comunque strettissimi) si potrebbe pensare a un’introduzione posticipata della tassa in attesa del documento necessario per valutarne la bontà a tre anni dalla sua introduzione, come richiesto dalla legge. Non vogliamo immaginare, in questo caso, i nuovi guazzabugli di un’eventuale riscossione retroattiva.