Perché Chernobyl fa di nuovo paura
Chernobyl. Un nome sinonimo di tragedia e morte. Un nome tornato alla ribalta in queste ore drammatiche, dopo che la centrale nucleare – tristemente nota per il disastro del 1986 – è finita nelle mani dell’esercito russo. All’epoca, l’esplosione del reattore numero 4 ricoprì l’Europa di una nube radioattiva. Ora, il mondo intero si interroga: che ne sarà di quel posto così simbolico e così disgraziato? Quali sono i piani della Russia al riguardo?
Perché proprio Chernobyl?
Simbolico, a ben vedere, è l’aggettivo giusto. Zelensky, giovedì, aveva detto: i nostri soldati daranno la vita per evitare una nuova Chernobyl. Quella ferita, per forza di cose, non si è mai rimarginata. Impossibile, d’altronde. Considerando le conseguenze e il prezzo, in termini di vite, pagato. L’esercito russo, più prosaicamente, si è impossessato della centrale perché di strada verso Kiev. Ma è innegabile che questo inatteso, nuovo episodio apra uno squarcio nella memoria collettiva ucraina. Ponendo altresì un serio rischio.
Oltre al sarcofago che cosa c’è?
Al di là del sarcofago, che protegge il cuore della tragedia, a Chernobyl si trovano circa 2.500 tonnellate di combustibile nucleare usato, accumulatosi negli anni con l’attività degli altri reattori. Questo combustibile si trova in cinque piscine prive di particolari protezioni. Basterebbe poco, pochissimo per provocare un danno enorme.
Quanto ai valori della radioattività, in crescita, secondo la preposta autorità di sicurezza ucraina l’innalzamento sarebbe dovuto alla polvere sollevata dai mezzi militari. Attraversare la zona di esclusione con blindati e camion, insomma, potrebbe aver favorito a disperdere nell’aria particelle radioattive.
Quanto conta l’energia nucleare per l’Ucraina?
L’Ucraina, dicevamo, è la seconda potenza nucleare civile europea. Quattro le centrali, quindici in totale i reattori. Escludendo, va da sé, Chernobyl. La cui ultima unità venne chiusa nel 2000. Sul fronte dell’elettricità, gli ucraini dipendono per metà proprio dal nucleare. Ecco, allora, che la Russia potrebbe avere quale obiettivo il controllo (anche) delle altre centrali. Con tutti i rischi del caso, una volta di più.
Il discorso, allargando il campo, è geopolitico. L’Ucraina, visto il suo trascorso nell’Unione Sovietica, è entrata nel nucleare con tecnologie russe. Nel 2021, per contro, Kiev aveva siglato un’intesa di principio con gli Stati Uniti per dei reattori a stelle e strisce. Provocando parecchio nervosismo a Mosca, ossessionata dall’occidentalizzazione dell’Ucraina.
Che Kiev dovesse rivedere il suo parco nucleare, ad ogni modo, era e rimane essenziale. Proprio perché le centrali sono vecchie: le più nuove, infatti, entrarono in servizio negli anni Novanta. Quando gli standard di costruzione e sicurezza, beh, erano differenti.
Ma la Russia che intenzioni ha?
Ora, ribadito dell’aspetto simbolico di Chernobyl è impensabile che la Russia – vista la vicinanza geografica – provochi volontariamente un evento nefasto. È più plausibile, semmai, il rischio di un errore. Eppure, la natura di Vladimir Putin e le sue recenti azioni obbligano, per forza di cose, a prevedere pure lo scenario peggiore. D’altra parte, se gli equilibri fra Occidente e Russia sono destinati a saltare la parola Chernobyl assume tutto un altro significato.