L'intervista

«Perché il tema della paura domina la politica tedesca»

Ubaldo Villani-Lubelli, storico dell'Università del Salento, analizza la società germanica alla vigilia del voto in tre Länder dell'Est
Il cancelliere Olaf Scholz a Solingen sul luogo dell’attentato terroristico di venerdì scorso. ©Thomas Banneyer
Dario Campione
26.08.2024 21:45

Ubaldo Villani Lubelli insegna Storia delle Istituzioni politiche all’Università del Salento e da anni concentra le sue attività di ricerca in particolare sulla Germania. Autore di monografie su Angela Merkel e sulle forze politiche tedesche, più di recente ha trattato diffusamente il tema dei diritti e della cittadinanza nei Paesi europei.

Professor Villani Lubelli, a settembre si vota per il rinnovo dei Parlamenti regionali in tre Länder tedeschi dell’Est. I sondaggi annunciano un terremoto politico. È davvero questo lo scenario più probabile? E perché?
«Gli ultimi sondaggi in vista delle elezioni del 1° settembre in Sassonia e Turingia danno in vantaggio l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD). La situazione, tuttavia, è complessa e diversificata. La Turingia è già un Land nel quale, da 5 anni, c’è di fatto un governo di minoranza guidato da un esponente di Die Linke, Bodo Ramelow: la prospettiva, adesso, è di una totale ingovernabilità. Nessuno schieramento potrebbe, infatti, ottenere una maggioranza. In Sassonia, invece, la coalizione di governo composta da Cristiano-Democratici (CDU), Socialdemocratici (SPD) e Verdi potrebbe raggiungere i seggi sufficienti per proseguire, nonostante la vittoria annunciata dell’AfD. Contestualmente, si dovrà fare i conti anche con l’ascesa di Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), il partito di estrema sinistra che in Turingia è dato attorno al 20% e in Sassonia al 15%. Insomma, si stanno creando le condizioni per una tempesta perfetta».

E in Brandeburgo?
«In Brandeburgo, dove si voterà il 22 settembre, la situazione è parzialmente diversa. La coalizione SPD-CDU-Verdi, guidata da un ministro Presidente socialdemocratico, potrebbe superare ancora il 45% dei voti. Anche qui, però, AfD e BSW guadagneranno molti consensi».

È corretto dire, secondo lei, che in questo momento ci siano due Germanie, politicamente ed elettoralmente diverse tra loro?
«In un certo senso sì. All’Est c’è il fenomeno AfD che, indubbiamente, raggiunge percentuali difficili da trovare all’Ovest. Questo, però, non vuol dire che AfD sia un fenomeno esclusivamente legato alla ex DDR: il partito di estrema destra ha ottenuto risultati brillanti anche in Baviera e nel Nord-Reno Westfalia. In realtà, appare chiaro come la Germania, da circa 10 anni, sia in una fase di grandissima trasformazione del quadro politico. Se l’AfD, fondata nel 2013, ha infranto il tabù dell’estrema destra, l’Alleanza di Sahra Wagenknecht ha superato l’idea che in Germania non potesse esistere un partito personale. BSW si fonda sulla personalità molto forte di Wagenknecht e rappresenta veramente una grande trasformazione. La quale avviene in un momento in cui il Paese vive anche tutta una serie di crisi profondissime: quella migratoria, quella energetica legata alla guerra del gas, la crisi della paura per gli attentati terroristici. Tutti questi elementi, insieme, contribuiscono alla tempesta perfetta di cui accennavo prima».

I fatti di Solingen possono influenzare il voto di domenica prossima? E in che misura?
«Sì, certamente. Anche se, a dire il vero, visti i sondaggi e le percentuali attribuite all’AfD e a BSW, non riesco neanche a immaginare come. Indubbiamente, il dibattito sui temi della sicurezza e del terrorismo è oggi centrale in Germania. È ciò di cui si discuterà anche negli ultimi giorni di campagna elettorale. Il leader della CDU, Friedrich Merz, ancora in queste ore ha invitato il cancelliere Olaf Scholz a inasprire alcune misure, quali il controllo dei confini e l’espulsione degli stranieri che non hanno diritto al permesso di soggiorno. Nei dibattiti social è anche ricomparso il tema della “re-migrazione”».

Una sorta di rimpatrio forzato.
«Esattamente. Tra l’altro, va sottolineato come anche il partito di Sahra Wagenknecht, che si dice di estrema sinistra, sui temi della migrazione sia su posizioni molto simili a quelli dell’AfD. A dimostrazione della complessità paradossale di questa situazione».

Molti osservatori sostengono che a dominare, oggi, in Germania siano anche la frustrazione nei confronti di chi governa e l’ansia per il sostegno militare all’Ucraina.
«Certamente è così, c’è una grande delusione rispetto all’incapacità di gestire e governare alcuni fenomeni negli ultimi anni: l’ondata migratoria; l’aumento dei prezzi, con un’inflazione post-Covid molto superiore rispetto ad altre nazioni; e la sicurezza, tema cavalcato con forza, come detto, dall’estrema destra e dall’estrema sinistra. Ma aggiungerei un’altra questione, più di natura sociale: molti cittadini dell’Est non necessariamente si sentono, come dire, parte di una Germania “minore”. Il problema è che le due Germanie hanno comunque avuto, dopo il 1990, percorsi differenti. Un elemento che non emerge dalla narrativa della riunificazione. Adesso, a distanza di anni, ci si rende conto che la condizione economica dei cittadini dell’Est è mediamente inferiore, non perché essi vivano in un Paese di Serie B, ma perché guadagnano meno, con maggiore difficoltà raggiungono posizioni apicali, hanno patrimoni inferiori. Se mettiamo insieme questi elementi economico-sociali e quelli culturali cui facevo prima riferimento, ecco spiegati la frustrazione e il malcontento verso i partiti tradizionali».

Professor Villani Lubelli, dopo questa tornata elettorale reggerà ancora la “Brandmauer”, il muro di contenimento che esclude ogni collaborazione con l’AfD?
«È complicato dirlo, bisogna anche intendersi su cosa sia esattamente la Brandmauer: se parliamo di vere e proprie coalizioni strutturali, di governo, forse ancora per poco potrebbe anche reggere. Se, invece, intendiamo semplici forme di collaborazione, ad esempio il voto su singole misure proposte dall’AfD, allora è diverso. Di fatto, è già accaduto, non esiste più alcun veto. Il problema vero è la Turingia, un autentico test: come dicevo prima, lì si creerà una situazione complessa. Lì bisognerà capire esattamente chi vorrà e potrà governare, con chi e sulla base di quale programma».