Peste suina africana: ecco come il Ticino si protegge
«Esseri umani, animali e ambiente, sono elementi diversi di un sistema unico che è il nostro Pianeta. L'equilibrio definisce la vita ed è per questo che in termini di prevenzione si utlizza un approccio denominato "one health" e la stretta collaborazione tra la medicina umana e veterinaria è fondamentale per un ambiente sano». Di «approccio globale» ha parlato il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, Raffaele De Rosa, aprendo questa mattina la conferenza stampa sulla peste suina. Il Consiglio di Stato, nella sua ultima seduta settimanale, ha infatti approvato il «Manuale operativo sulla gestione della peste suina africana nei suini domestici e nei cinghiali», la cui realizzazione è stata affidata a uno specifico gruppo di lavoro istituito nei mesi scorsi alla luce dell’evoluzione epidemiologica della malattia, in particolare in Italia.
In questo momento, è bene dirlo subito, in Ticino non c'è un allarme di peste suina africana. Ma se le procedure in caso di focolaio tra i suini domestici è ben definita, si è reso necessario stabilire le misure d'intervento in caso di malattia tra i cinghiali.
Cosa verrà fatto concretamente?
La modalità di intervento cambia a dipendenza della comparsa della malattia tra i suini domestici o tra i cinghiali. In caso di focolaio di peste suina africana in un allevamento di suini, viene applicato il protocollo MAC (malattie altamente contagiose), procedure già conosciute da molto tempo (sequestro dell'azienda ed eliminazione degli animali infetti da parte di Protezione civile e Sezione del militare e della protezione della popolazione). Per quanto riguarda i cinghiali, invece, sono appunto previste nuove misure. «Considerato il forte impatto della malattia, gli enti coinvolti sono numerosi».
L'obiettivo è l'unione delle forze per rafforzare la protezione della salute e del benessere degli animali, evitare la diffusione della malattia sul territorio e contenre il virus entro aree definite, quando emerge.
Nel caso dei suini, attualmente il processo prevede l'isolamento dell'azienda colpita (posta sotto sequestro), l'abbattimento degli animali, la pulizia e disinfezione dell'area e il «tracciamento dei contatti» per impedire la diffusione in altre aziende.
Il «Manuale operativo» è stato redatto proprio per descrivere al meglio due fasi: prevenzione (in cui ci troviamo ora) e lotta alla peste suina africana nei cinghiali.
L'invito del direttore del DSS è quindi ai «comportamenti virtuosi» per prevenire una malattia che non impatta sull'uomo, ma è devastante per gli animali e altamente contagiosa. Monitoraggio della situazione, test, analisi di laboratorio, misure adeguate e proporzionate alla situazione sono le misure necessarie. «Come per ogni malattia infettiva in circolazione».
Cosa succede a suini e cinghiali?
Luca Bacciarini, veterinario cantonale , ha quindi esposto alla popolazione alcuni dettagli sulla peste suina africana, per consentirne una migliore comprensione. La malattia è di origine virale. Ha un'incubazione di 2-14 giorni. Causa febbre emorragica e ha un decorso acuto con alta mortalità. Non è possibile alcuna terapia, ecco perché è fondamentale bloccarne la diffusione per evitare la sofferenza e la morte di molti animali.
È un virus molto persistente. Rimane infettivo per mesi nel sangue, nello sterco, nella carcassa dell'animale e nel terreno anche dopo la sua decomposizione. «È per questo che gli animali morti di peste suina africana devono essere rimossi in fretta». Infetta a lungo anche i prodotti di carne refrigerata o i salumi. In questi casi il virus rimane attivo e infettivo. Disperdere nell'ambiente dei residui di questi prodotti (quindi il cibo nell'umido) o anche solo l'involucro in cui erano contenuti diventa pericoloso per la diffusione del virus tra altri animali.
Prima di tutto la prevenzione
Grazie alle nuove misure, quando la peste suina africana toccherà i cinghiali in Ticino, sarà possibile agire subito con la lotta alla malattia. Il «Manuale operativo» approvato dal Consiglio di Stato si trova sul sito del Veterinario cantonale. «Nel mio messaggio conclusivo - ha aggiunto Bacciarini - voglio dire che tutto quello che facciamo come prevenzione è opportuno che venga integrato nelle azioni quotidiane, come la segnalazione di animali sospetti o il corretto smaltimento dei rifiuti».
Il presidente del Consiglio di Stato, Claudio Zali, tornando sulla possibilità di diffondere il virus gettando nell'ambiente i resti di cibo (salumi), ha quindi concluso con un messaggio rassicurante: «Le nostre derrate alimentari sono sicure. C'è una filiera ben precisa che viene seguita». È quindi seguita la precisazione dle veterinario cantonale: «Il controllo delle carni avviene da parte di personale assunto dal Cantone. Quando parliamo di non disperdere nell'ambiente dei resti di cibo non sicuri, non facciamo riferimento al fatto che in Italia o Germania non ci sia il controllo della carne, anzi. Ma potrebbe succedere che degli animali vengono macellati senza mostrare sintomi, non vengono trovate quindi lesioni che allarmano, e potrebbe esserci della carne che contiene il virus che viene immessa sul mercato. La malattia è conosciuta da più di 100 anni e colpisce solo i suini domestici e i cinghiali. Se noi assumiamo della carne che contiene il virus, non ci succede nulla. Ma se disperdiamo sia parte del cibo non cotto (salumi) sia l'involucro nell'ambiente, rischiamo di diffondere il virus».