Philipp Plein: “Non siamo degli schiavisti”

Intervista allo stilista tedesco, che denuncia i metodi usati dall'Ispettorato del lavoro e risponde alle voci critiche sulla sua gestione del personale
Plein a una sfilata con due modelle.
Chiara Nacaroglu
28.03.2018 15:41

LUGANO - Sta facendo discutere il caso che vede lo stilista tedesco Philipp Plein da una parte e l'Ispettorato ticinese del lavoro dall'altra. Plein, che in via Capelli a Lugano ha il suo quartier generale, ha definito stamattina su Instagram "scandaloso" l'intervento attuato ieri in tarda serata dall'Ispettorato reo - secondo lui - di aver fatto irruzione per un controllo mentre nell'ufficio era in corso una "pizzata" con alcuni fornitori. "Nonostante per noi il tema dell'insediamento di aziende del settore della moda è assolutamente importante, anche queste ditte sono chiamate a rispettare la Legge federale sul lavoro", ha spiegato dal canto suo Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell'economia. Il sindacato OCST ha ammesso di aver ricevuto "molte segnalazioni in merito a lavoro notturno e mancato rispetto dell'orario di lavoro nell'azienda" (Vedi Suggeriti). Siamo riusciti a contattare lo stilista tedesco per un'intervista. Ecco cosa ci ha detto.

Signor Plein, ciò che finora sappiamo su quanto accaduto ieri sera presso il suo quartier generale a Lugano l'abbiamo appreso dal suo post su Instagram. Cos'è successo esattamente? C'era qualcuno che stava lavorando fuori orario oppure eravate intenti a mangiare una pizza, come da lei scritto?

"In ufficio c'erano dei fornitori venuti dall'Italia e il lavoro è andato per le lunghe. Quindi, attuando il normale esercizio dell'ospitalità, abbiamo deciso di offrire ai nostri ospiti qualcosa da mangiare. Visto che a Lugano è praticamente impossibile andare al ristorante dopo le 22 abbiamo ordinato una pizza. Il fatto di avere ospiti venuti da fuori, secondo noi, è un particolare che finora non è emerso abbastanza in questa vicenda. Questo per noi è un esercizio quotidiano: tutti i giorni arrivano nel nostro ufficio di Lugano fornitori dall'Italia per fare riunioni di produzione, prezzi e collezione e può capitare che, siccome vengono da lontano, si fermino a lungo la sera. Nella moda è una cosa normalissima".

Ha scritto che siete stati trattati come criminali, che cosa intende?

"Noi contestiamo soprattutto le modalità militari con le quali l'Ispettorato è intervenuto e il fatto che ci hanno allontanati dall'ufficio. Questo è un fatto gravissimo che, oltre ad amareggiarci, ci danneggia. Nuoce alla nostra immagine nei confronti di fornitori, clienti e di chiunque sia ospite del nostro quartier generale a Lugano".

Dopo quanto successo, signor Plein, sta prendendo in considerazione di lasciare il Ticino?

Come dimostra la cronaca recente, il problema del Ticino è che molti marchi di moda si sono installati "per finta" sul territorio, o comunque con una presenza che non è autentica e non coinvolge la vera attività del business della moda. Philipp Plein si è stabilita in Ticino a fine 2013 (dal 2006 la sede era ad Amriswil nel canton Turgovia, ndr.) con una forza lavoro rilevantissima e in modo autentico, per svolgervi tutte le attività del marchio. Abbiamo appena confermato la locazione per un ufficio di ulteriori mille metri quadri nel quale riceverò i clienti: arriveranno a Lugano persone da tutto il mondo (Dubai, Stati Uniti e Cina, per fare qualche esempio). Mettiamo che il volo di un cliente sia in ritardo: cosa facciamo? Lo mando via perché è tardi? Certo che no: nel nostro mondo non funziona così, bisogna essere flessibili. È chiaro che quando non c'è necessità il turno lavorativo finisce alle 18 ma, se ad esempio c'è da finire una collezione, le tempistiche di lavoro si allungano. Ma poi ci si riposa. Inoltre, noi siamo tra gli unici nel mondo della moda che hanno deciso di stabilire in Ticino il proprio centro dell'attività e-commerce (e sappiamo che solo poco tempo fa si è tenuta a Lugano una conferenza per promuovere la piazza ticinese come location privilegiata per queste attività). Il commercio online non si ferma mai, ma continua anche sabato e domenica: se c'è un problema è necessario fornire ai clienti un'adeguata assistenza che è garantita dalla forza lavoro. Abbiamo chiesto alle autorità ticinesi di consentirci di poter organizzare il lavoro a turni anche nei giorni festivi ma per il momento non abbiamo ricevuto una risposta.Il business sta crescendo e stiamo assumendo sempre più personale, ma abbiamo bisogno di garanzie da parte dell'autorità, sennò la domanda se io stia pensando di lasciare il Ticino diventa pertinente. Se non ci viene permesso di fare il nostro lavoro come lo sappiamo fare noi, saremo costretti a porci delle domande... Basti pensare che quando eravamo nel canton Turgovia non abbiamo mai avuto dei problemi, mai! Notiamo invece che nella piazza di Lugano ci sono degli ostacoli che non dovrebbero esserci.

Come risponde alle voci sulla presunta mancanza del rispetto della Legge sul lavoro nella sua azienda?

Non siamo certo degli schiavisti, offriamo un ambiente di lavoro assolutamente nei limiti della legge e quindi rigettiamo queste voci su di noi. Vorrei infine ricordare che ieri sera, quando è stato messo in piedi il controllo dell'Ispettorato, c'erano dei fornitori esterni e quindi la situazione era particolare.

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