Potremmo essere più originali di Cannes
LOCARNO - Uno dei motivi che magicamente unisce i popoli primitivi è il racconto di eroi e di miti: dall'antica Grecia ai romani fino ad oggi, i personaggi si avvicendano e cambiano nome senza tuttavia mutare la loro avventura. L'Olimpo è abitato da una moltitudine di dei, semidei, di figure di primo piano e di comparse, che riescono nel loro insieme a spiegare quasi tutto del mondo e dei fenomeni naturali. Ma ovviamente il gioco creativo si rinnova ogni volta unicamente perché li sentiamo vicini e al tempo stesso lontani, umani e leggendari. Per la nostra immaginazione è comodo trovare una casa a tutti questi eroi, e dei e ci vuole dunque un architetto che concepisca l'Olimpo, come ha fatto Zeus per la sua dimora: l'ha collocata in una zona coperta da ghiacciai e l'ha trasformata nell'ideale casa collettiva di tutti. La curiosità di questo edificio sta proprio in questo: nel coinvolgimento della natura nell'atto della creazione e nella concezione dello spazio non come gioco della creatività ma come luogo della memoria. Ecco perché mi piace paragonare Botta a Zeus, perché durante la giornata che abbiamo passato a Locarno ha ripetuto in luoghi diversi (la piazza Grande, il Kursaal, il lungolago, la Fondazione Ghisla a Locarno e poi a Tenero al Centro nazionale sportivo) lo stesso concetto: ogni architettura deve rispettare un certo equilibrio e trasformare le condizioni di natura in cultura.
Il segreto di Locarno
Partiamo da piazza Grande: dal tavolino del bar si vede in lontananza Cardada, una delle sue creazioni, che hanno fatto di Locarno un luogo privilegiato per il turismo. Ma è la piazza che gli sta a cuore e vorrebbe mostrarmi che cosa funziona e che cosa invece non va della grande «sagra». Ciò che funziona benissimo è l'idea di piazza come casa di tutti. Lo spettatore si sente protagonista in questa geometria determinata naturalmente dal cielo, dal lago, dal bordo delle case. Ed è questo il segreto della riuscita del Festival.
I vialetti e il tappeto rosso
Disturbano, invece, gli elementi che nel tempo si sono sovrapposti a questo equilibrio. E allora inizia il giro, per osservare i luoghi «minori», quelle brutture che magari potrebbero essere rimosse, o ripensate. La critica non è mai pungente, fatta nella convinzione che per questa manifestazione internazionale si possa ancora fare di più e di meglio, ripensando all'Olimpo comune. Dietro il grande schermo ci sono baracche e tendoni che lo disturbano. Ci sono le casse da ripensare e c'è da ricollocare anche i gabbiotti (tutti in stili diversi) per la parte commerciale. Perché non ridare visibilità al lago, non rinvigorire l'accesso con un vialone, non ripensare a delle isole complementari alla grande piazza? E infine: diamo forza a quello che abbiamo: i vicoli e i ciottoli, togliendo il tappeto rosso e quella galleria di ferro per essere diversi e al tempo stesso più originali di Cannes. Farà male ai piedi delle belle attrici, ma camminare sul selciato, girare tra i vicoli e intravedere dalla piazza il lago e dal lago accedere al Festival attraverso un viale alberato darebbe a Locarno una forza maggiore. Copiare Cannes non serve, superarla è possibile, valorizzando ciò che già abbiamo.
C'è anche la giostra
Non solo Festival per Mario Botta, ma anche una visita alla Fondazione Ghisla, per osservare il vestito architettonico che due colleghi hanno dato ad un'antica villa posizionata vicino al lago: un'idea geniale quella di vestirla di rosso e di creare così un oggetto, una volumetria che si inserisce a sua volta nell'acqua. Ma prima della Ghisla c'è la giostra: gli chiedo se vuole fare un giro e lui ci sta.