Pressing internazionale su Israele, ma Netanyahu non molla su Rafah
Israele non lascerà «in pace i battaglioni del terrore a Rafah» e la guerra «continuerà fino a quando non sarà raggiunta la vittoria totale». Il premier israeliano Benyamin Netanyahu resta fermo sulla sua posizione. Queste sono, infatti, le parole che ha usato ieri, dopo l'incontro a Gerusalemme con l'omologo olandese Mark Rutte. Ma nel frattempo cresce la pressione internazionale perché si fermi e desista dal lanciare una massiccia operazione militare nel sud della Striscia di Gaza.
Netanyahu ora è forte dell'operazione con cui l'esercito israeliano ha liberato, nella notte tra domenica e lunedì, due ostaggi proprio a Rafah, dopo 129 giorni di prigionia. Hamas ha sostenuto che l'operazione israeliana nella città ha provocato «circa 100 morti» con attacchi che hanno colpito «14 case e tre moschee». Il premier ha dal canto suo parlato di «una delle operazioni di salvataggio di maggior successo nella storia di Israele», sottolineando che «solo una costante pressione militare porterà al rilascio di tutti gli ostaggi».
Ma l'annunciata operazione via terra israeliana a Rafah non piace. L'alto commissario dell'ONU per i diritti umani Volker Türk ha definito «terrificante» la prospettiva di un'offensiva dove centinaia di migliaia di palestinesi sono rifugiati. Il presidente americano Joe Biden ha ribadito al primo ministro israeliano Benjamyn Netanyahu la richiesta di interrompere l'offensiva a Rafah in assenza di un «piano credibile» per proteggere più di un milione di persone che vi si rifugiano: «Molte persone sono state sfollate più volte in fuga dalle violenze nel nord e ora sono stipate a Rafah, esposte e vulnerabili. Hanno bisogno di essere protetti». Il Dipartimento di Stato USA ha fatto sapere di essere convinto che un accordo tra Israele e Hamas sugli ostaggi resti «possibile» e avrebbe «enormi» vantaggi. Washington però, ha precisato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, non sostiene «un cessate il fuoco generale a Gaza. Vogliamo che la guerra finisca ma quello che serve ora è una tregua umanitaria». Il Regno Unito è «molto preoccupato» per la situazione dei civili palestinesi a Rafah, che «non hanno più dove andare». Il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ha alzato i toni: «È impossibile vedere come si possa combattere una guerra fra la gente, vogliamo una pausa immediata dei combattimenti che conduca a un tregua sostenibile senza ripresa delle ostilità». Il ministro degli esteri iraniano Hossein Amirabdollahian si è espresso su X: «Aumentare la portata dei crimini di guerra e del genocidio contro i rifugiati palestinesi a Rafah da parte del regime occupante di Israele avrà gravi conseguenze per Tel Aviv».
Appelli a cui oggi si è accodata anche la Cina, chiedendo a Israele di fermare l'operazione militare nel sud della Striscia di Gaza. «La Cina si oppone e condanna le azioni che danneggiano i civili e violano il diritto internazionale», si legge nella nota del ministero degli Esteri. Pechino esorta Israele a «fermare le sue operazioni militari il prima possibile e fare ogni sforzo per evitare vittime civili innocenti per prevenire un disastro umanitario più grave nella zona di Rafah». Pure la Russia vede «in modo estremamente negativo» un'operazione militare israeliana nella città, ha detto il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov ripreso dalla Tass.
Le operazioni militari, però, sono lontane dallo stop. Il portavoce militare ha annunciato che «sono stati uccisi oltre 30 terroristi» ed è stato «rafforzato il controllo dell'area con raid su infrastrutture terroriste, cecchini e pattuglie» di Hamas.
Intanto si continua a lavorare a un accordo di tregua tra Israele e Hamas, che includa un nuovo rilascio di ostaggi: il capo del Mossad David Barnea, il direttore dello Shin Bet Ronan Bar e il tenente generale dell'IDF, Nitzan Alon, sono attesi oggi al Cairo per un incontro con il direttore della CIA William J. Burns, il direttore dell'intelligence egiziana Abbas Kamel e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdul Rahman Al-Thani, fanno sapere fonti israeliane. Durante l'incontro si discuterà degli sforzi per liberare altri ostaggi dalla prigionia di Hamas.