Priscilla, un amore sofferto all'ombra del Re

Una bambina protagonista di una favola? Una piccola donna al primo amore? Chi è davvero Priscilla Wagner Beaulieu? Quattordici anni, occhi blu, viso paffuto e grazioso, quando nel 1959 nella base militare americana di Wiesbaden in Germania, incontra l’aviere Elvis Presley, bello, ventiquattrenne, già idolo del rock, non lo lascia più. Cosa rende Priscilla speciale agli occhi di Elvis? Lei, Priscilla Presley lo ha raccontato in un libro scritto nel 1985 con Sandra Harmon: Elvis and Me e a quelle memorie si è ispirata Sofia Coppola per il film: Priscilla, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia dove la giovane Cailee Spaeney è stata premiata per l’Interpretazione Femminile. Ma la sceneggiatura del film non vuole essere una biografia, costruita com’è tutta intorno a quella ragazzina, ma piuttosto tornare sui temi cari alla regista: la solitudine, l’identità, la femminilità, la voglia di essere amata, il mal di vivere adolescenziale che le protagoniste dei suoi film hanno spesso in comune, dalle Vergini Suicide, a Lost in Translation, a Maria Antonietta.
La storia inizia proprio da quella festa fatidica dove, un pomeriggio invernale, tra thè, balli e sigarette Priscilla (Cailee Spaeney), figlia di un colonnello americano di stanza in Germania e la più giovane del gruppo, attira l’attenzione di Elvis (Jacob Elordi) che smette di strimpellare al pianoforte per dedicarle gentili attenzioni. Lei appare confusa e lui quasi sollevato, come se quell’incontro lo distogliesse dalle sue pene segrete: il dolore per la recente perdita della madre e il timore che la lontananza forzata dalle scene americane e dai suoi fan, danneggi la sua carriera.
Inoltre condividono la stessa sensazione di isolamento, di precarietà, in quella situazione di «esiliati» in terra straniera. Lei è carina, silenziosa, un po’ succube delle confidenze di Elvis e conscia del ruolo quasi taumaturgico che sente di avere, e il loro rapporto in breve si trasforma in un casto corteggiamento ufficiale, inutilmente osteggiato dai genitori di Priscilla. Quella bambina di colpo diventata adolescente, ha in testa solo Elvis, e, da quando lui è tornato a Memphis vive per le sue telefonate e per il momento in cui andrà a trovarlo, ma intanto dai giornali sa tutto sui suoi film, le sue partner e i suoi flirt. Dopo una prima volta con papà, Priscilla con la sua valigetta s’imbarca in viaggi sempre più frequenti e soggiorni più lunghi a Graceland dove conosce la tribù di Elvis: la nonna, i molti amici sempre presenti, il padre, poco incline alle smancerie e la seconda moglie. Inoltre impara che per lei, l’amica, la «dama» di Elvis, c’è una sorta di protocollo che la confina in casa, nella propria camera da letto, oppure tra i mobili bianchi del salotto, invisibile alle fan urlanti che si accalcano ai cancelli del giardino.
E Priscilla scopre con Elvis un’altra solitudine, fatta di noia, di pillole per dormire, o per restare svegli, di rare uscite, di regali, di selvaggi pigiama party invece dell’amore fisico che lei vorrebbe e che lui rimanda sempre a dopo il matrimonio, mentre gli echi dei suoi amorazzi sul set dei film in cui è impegnato, arrivano anche a lei. Per placare la gelosia di Priscilla si organizzano sessioni di shopping con interi negozi spostati a Graceland, così Elvis può giocare al pigmalione: è sua l’ultima parola riguardo agli abiti di lei, ai colori, al «suo look», compreso il taglio, il colore dei capelli e il trucco. Presto lui la trasforma, non in una lolita, ma in una donna da copertina dall’appeal ingenuo.
La pellicola di Sofia Coppola racconta in un avvincente crescendo le ambiguità, i risvolti psicologici delle varie situazioni, anche buffe, o ridicole che Priscilla affronta sino al matrimonio nel 1967 e, nove mesi dopo, alla nascita di Lisa Marie. Il film non giudica, non da dettagli, spiegazioni, o punti di riferimento cronologici e questo è anche il suo limite.
Di Elvis non ci sono le canzoni, per problemi di diritti, e sul film, amato da Priscilla, che lo ha accompagnato al Festival di Venezia, aleggia il giudizio negativo di Lisa Marie Presley, morta a gennaio di quest’anno.