Putin in Bielorussia, Kiev teme una nuova offensiva

Vladimir Putin è volato a Minsk per un faccia a faccia col dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko: una rara visita che ha riacceso i timori del governo di Kiev che il Cremlino possa premere sul regime bielorusso per trascinarlo con sé nell'invasione dell'Ucraina, oppure tentare un altro attacco dal territorio della Bielorussia.
Nei giorni scorsi, il generale ucraino Valery Zaluzhny aveva detto all'Economist che l'esercito russo potrebbe preparare una nuova offensiva contro Kiev nei primi mesi del prossimo anno. Da Mosca però al momento smentiscono che Putin voglia far entrare in guerra la Bielorussia: sono «invenzioni assolutamente stupide» e «senza fondamento», ha tagliato corto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Mentre nei giorni scorsi era stata la Casa Bianca a dire di non vedere segnali di un «imminente» nuovo attacco alla capitale ucraina.
Difficile dire cosa bolla in pentola. E difficile dire se sia cambiato o meno qualcosa dopo le due ore e mezza di colloqui tra Lukashenko e Putin, che non metteva piede a Minsk da oltre tre anni. Il presidente russo ha detto che Mosca e Minsk continueranno a tenere esercitazioni militari congiunte mentre Lukashenko ha affermato che la Bielorussia dispiegherà i sistemi missilistici S-400 e Iskander consegnati dalla Russia.
Putin e il suo principale alleato sembrano essere tornati a flettere i muscoli. Alcuni analisti dubitano però che l'esercito russo ora abbia la forza per una nuova offensiva contro Kiev, mentre altri ritengono le truppe bielorusse relativamente deboli per un attacco del genere. La creazione - annunciata a ottobre da Lukashenko - di una nuova unità militare «di difesa» composta da soldati sia russi sia bielorussi ha fatto scattare un campanello d'allarme. E non allentano certo le tensioni le possibili esercitazioni dei soldati russi già presenti in Bielorussia di cui scrive l'agenzia Interfax citando il ministero della Difesa di Mosca.
Ma il despota bielorusso smentisce di voler attaccare l'Ucraina e, soprattutto, secondo diversi esperti l'invio di militari in Ucraina sarebbe politicamente pericoloso per Lukashenko, che due anni fa ha soffocato a colpi di manganello le proteste di massa contro la sua rielezione a presidente in un voto ritenuto completamente falsato dai brogli elettorali. Per questo, molti analisti affermano che sia difficile un attacco congiunto russo-bielorusso contro l'Ucraina. Eppure non lo escludono del tutto, consapevoli di quanto il regime di Lukashenko dipenda sempre più dal Cremlino.
Questa situazione però obbliga le forze armate ucraine a schierare contingenti anche a nord, lungo il confine con la Bielorussia, e quindi lontano dal fronte attuale. Di certo, l'offensiva russa contro l'Ucraina a febbraio partì anche dalla Bielorussia: da dove migliaia di soldati oltrepassarono il confine per tentare, senza successo, di occupare Kiev. Il regime di Lukashenko è inoltre accusato di aver consentito alle truppe russe di lanciare missili e droni dal territorio bielorusso in questi mesi di atrocità: droni come quelli che oggi prima dell'alba sono stati sparati nell'ennesimo bombardamento delle forze russe contro le infrastrutture energetiche ucraine.
Da ottobre, l'artiglieria russa ha lasciato al buio e al freddo milioni di ucraini in raid che Kiev e i suoi alleati occidentali non esitano a definire «crimini di guerra». Le forze armate ucraine affermano di aver abbattuto 30 degli almeno 35 droni kamikaze lanciati ieri dalle truppe russe: la zona più presa di mira è apparentemente quella di Kiev, dove sarebbero stati abbattuti 18 droni su 23, alcuni dei quali di fabbricazione iraniana secondo le autorità ucraine. Per ora si ha notizia di almeno tre civili feriti e nove edifici danneggiati dai bombardamenti, ma in generale le autorità ucraine riferiscono di almeno tre civili morti e 11 feriti nelle ultime 24 ore.
Gli attacchi hanno provocato altri pericolosi blackout a Kiev e in dieci regioni dell'Ucraina. Non solo: l'agenzia ucraina per l'energia atomica accusa la Russia di aver lanciato un drone sopra la centrale nucleare del sud, nella regione di Mikolayiv, commettendo quella che sarebbe «una violazione assolutamente inaccettabile della sicurezza nucleare».