Quando il primo giorno di scuola è un rito di passaggio della vita

Facciamo un gioco. Fermiamoci sui gradini d’ingresso di una scuola, qualunque essa sia. E proviamo a chiedere ai ragazzi chi fosse Arnold Van Gennep. I più grandi, probabilmente, penseranno a un calciatore olandese. Altri si guarderanno in giro sbalorditi, un po’ attoniti. Nessuno, probabilmente, saprà dire qualcosa su un signore che, oltre un secolo fa, trovò le parole giuste per spiegare, anche se indirettamente, l’importanza e il valore autentico del primo giorno delle elementari o delle medie.
Sì, perché Arnold Van Gennep, antropologo francese titolare della cattedra di Etnografia all’Università di Neuchâtel nei primi anni ’10 del Novecento, è lo studioso che ha codificato prima di ogni altro i «riti di passaggio», ovvero tutti quei momenti che, nella vita di ciascuno di noi, segnano un cambiamento di status, una svolta.
Molti giovani e giovanissimi ticinesi, ieri mattina, forse inconsapevolmente, hanno celebrato il proprio rito di passaggio: lo ha fatto chi, in particolare, ha cominciato le elementari, le medie o il liceo. E «in effetti, l’ingresso nelle prime classi è un salto di crescita e ha dentro di sé una serie di aspetti che lo connotano come tale: un ambiente nuovo in cui non conosci tutti coloro che incontri, l’allerta delle conoscenze pro-sociali, la necessità di mettersi in gioco, il confronto con un mondo adulto nel quale la componente emotivo-affettiva è minore rispetto a un ambiente che punta sulle capacità cognitive».
La riflessione è di Alberto Pellai, psicologo dell’età evolutiva e docente all’Università Statale di Milano, il quale ha tra l’altro da poco pubblicato un libro in cui affronta proprio queste tematiche (Allenare alla vita, Mondadori).
L’aiuto dei genitori
«I bambini che entrano per la prima volta a scuola, o i ragazzi che compiono il salto alle medie o al liceo, mettono in atto un processo di ambientamento che in altri momenti non c’è - dice ancora Pellai al Corriere del Ticino - il loro è un lavoro di adeguamento e di decentramento: guardano gli altri per capire chi siano e sentono su di sé le aspettative altrui; riflettono sulle abilità e sulle competenze da mettere in gioco; e, ovviamente, percepiscono l’ansia e l’agitazione che accompagnano sempre l’ingresso nelle prime classi».
Chi può e deve, in qualche modo, aiutare i ragazzi a superare la tensione del momento sono i genitori. Ai quali Pellai dà alcuni consigli. «Innanzitutto - dice lo psicologo varesino - non trasferire sui propri figli l’ansia di protezione e di performance. Il genitore spaventato è un genitore spaventante, e può mandare i ragazzi in cortocircuito. Poi, riconoscere la necessaria autonomia. E, infine, tollerare eventuali errori, cosa che ai genitori di oggi risulta difficile proprio per la loro ansia di controllo e di risultato. Bisogna permettere ai figli di imparare dai propri sbagli e dire loro, sempre: “ce la farai”».
Viola, a Balerna
Il nostro gioco riprende. Abbandoniamo tuttavia la domanda su Van Gennep, e concentriamoci sulla realtà. Incontriamo, allora, sui gradini delle scuole, chi ha effettivamente vissuto il suo «primo giorno».
Viola ha sei anni, sulle spalle un gigantesco zainetto indaco, uno dei colori dell’arcobaleno. «Ero molto emozionata - confessa - stanotte non ho dormito. Volevo che tutto cominciasse subito». Nella sua classe, a Balerna, Viola ha ritrovato la migliore amica. «Le sono stata vicina perché aveva un po’ di malinconia e forse anche un po’ di paura di cominciare la scuola». L’impressione è che le due bimbe si siano sorrette a vicenda. Anche perché messe di fronte a qualcosa di totalmente nuovo.
«In classe era tutto diverso rispetto a prima, siamo rimaste sedute ai nostri banchi, in silenzio e attente. Sicuramente all’asilo potevo muovermi di più». Il futuro, per Viola, è una pagina bianca interamente da scrivere. «Non so davvero che cosa aspettarmi - dice - non ci hanno nemmeno dato i compiti, io po’ li volevo e un po’ no. Penso che avrò più da fare, ma la scuola è da scoprire. L’impressione, però, è stata positiva e la paura mi è passata subito». E alla domanda finale, su chi fosse più emozionato tra la mamma e il papà al suono della campanella, Viola non ha dubbi: «La mamma».
Olivia e Marcella, a Canobbio
A Canobbio, Marcella e Olivia, gemelle di 11 anni, escono insieme da scuola. Il loro primo giorno alle medie è stato in qualche maniera sorprendente. «Sapevo che sarei andata incontro a un grande cambiamento - dice Marcella - e anche per questo non ero proprio tranquilla. Tutto diverso, più grande. Tante le classi, tanti i docenti. Ma ho fatto subito amicizia, e non me l’aspettavo, anche se ho sempre saputo di essere empatica con gli altri».
Nella vecchia scuola, «molto più piccola - dice ancora Marcella - era facile orientarsi. Alla maestra davamo del tu e la chiamavamo per nome. Adesso ai professori devo dare del lei. Mi abituerò».
Proprio le parole di una delle nuove docenti hanno tranquillizzato la sorella, Olivia. «All’inizio ero agitata, non sapevo che cosa avrei trovato. Ma il discorso della professoressa ha sciolto molti dubbi. So che dovremo studiare di più, ho percepito distintamente il passaggio dalle elementari, il cambiamento. Mi rendo conto che sarà forse più difficile, ma mi aspetto di imparare cose nuove, e in fondo anche di crescere».
Il salto dalle elementari alle medie avrà, per le due sorelle, un ulteriore effetto. Pur essendo state inserite nella stessa classe, trascorreranno meno tempo insieme rispetto a prima. «Credo che, in assoluto, non sia un male - ammette con estrema sincerità Olivia - fin qui abbiamo fatto attività identiche, dentro e fuori la scuola. Questo ci ha portato spesso a discutere, a litigare. Staccarsi, avere amicizie diverse, può essere un bene».
Adelaide, a Lugano
Sui prati del Parco Ciani sciamano, nel primo pomeriggio, gli studenti del Liceo Lugano 1. Tra loro c’è Adelaide, 14 anni, che ha scelto di frequentare l’indirizzo musicale.
«Ho sempre saputo ciò che voglio fare da grande: la violinista», dice con estrema serenità. Da anni, infatti, Adelaide studia e si esercita con l’archetto, raccogliendo anche qualche lusinghiero successo nei concorsi in giro per l’Europa.
«Oggi è stato un po’ come me l’aspettavo - racconta alla fine del suo primo giorno di liceo - l’ansia c’era, ma è passata abbastanza in fretta, tutto sommato l’inizio è stato molto positivo».
Le attese di Adelaide erano precise, e non sono state deluse. «Immaginavo una struttura più grande, più persone, una dimensione diversa, insomma. Ed è stato così. Forse, in questo primo giorno non l’ho percepito sino in fondo, ma credo che andando avanti sentirò chiaramente il distacco tra le medie e il liceo. Sono in una scuola in cui da me si pretende di più, ed è normale, perché sono stata io a sceglierla». L’ultima riflessione della giovane studentessa di Lugano introduce un argomento delicato e complesso, di quelli che non ti aspetti. «L’ambiente del liceo è sicuramente migliore di quello delle medie, dove molti ragazzini hanno atteggiamenti di aperto bullismo. Tutto questo mi sembra che qui non esista». Un vero salto in avanti, insomma. E una vita che cambia ancora una volta direzione.