Quando le lancette del Festival sono fenomeno da collezione
L’Omega Speedmaster di Tom Hanks in Apollo 13, il Tag Heuer Monaco indossato da Steve Mcqueen in Le Mans, il Rolex Submariner di James Bond in Licenza di uccidere o il Seiko di Martin Sheen in Apocalypse Now. È un rapporto di lunga data quello tra cinema e il mondo degli orologi. In alcuni casi bastano pochi secondi in un film per decretare il successo eterno di un segnatempo.
E, quando si parla di Locarno Film Festival, l’orologio può essere solo uno: lo Swatch. Ovviamente la versione celebrativa del Pardo, orgogliosamente al polso dei vari membri dello staff. Anche la presidente designata Maja Hoffmann, alla sua prima conferenza stampa, ne aveva indosso uno: «Ovviamente l’ultimo modello, quasi a simboleggiare il suo avvento – commenta Carlo Giordanetti, membro del comitato Product and Design e CEO dello Swatch Art Peace Hotel -. Per molti membri dello staff è quasi una medaglia di riconoscimento. È anche divertente osservare come molti di loro siano legati a particolari modelli: può capitare di vedere Marco Solari o Raphaël Brunschwig con versioni di qualche anno fa».
L’ultimo modello è tuttavia particolarmente significativo. Non perché sia diverso dagli altri, ma perché vede la casa di Bienne come main partner del Locarno Film Festival, al posto di Manor (che comunque sta continuando a rimanere vicina alla manifestazione, ndr). «Questo Festival ha la capacità di essere vicino alle persone e, nonostante la grande organizzazione, riesce a mantenere intatta quella sensazione di genuinità e libertà. Proprio come Swatch, i cui progetti legati all'arte fanno parte del nostro DNA. Nel corso degli anni, la collaborazione con il Locarno Film Festival è diventata sempre più importante per noi, dimostrata ad esempio con l’introduzione dal 2015 dello Swatch First Feature Award, il premio destinato alle migliori opere prime presentate al Pardo. Questo consolidamento del nostro impegno per il Festival è stato quindi un processo del tutto naturale».
Una collaborazione che vuole offrire una visione culturale del mondo Swatch a 360 gradi, come spiega Giordanetti: «Moltiplicheremo l’energia positiva che si è creata tra noi e la direzione del Festival coinvolgendo ulteriormente Swatch e lo Swatch Art Peace Hotel nel programma del Pardo e nelle attività parallele. In particolare per Locarno76 abbiamo voluto raccontare il nostro rapporto con il mondo dell’arte portando al BaseCamp il nostro Swatch Art Peace Hotel, la residenza per artisti dell’azienda a Shangai: in questa «succursale locarnese» potrete ammirare le opere sul tema “Love is Love” (l’amore è amore) di sei artisti, ispirati dai colori della bandiera del Pride. Con formazioni e linguaggi diversi tra loro, ma un messaggio unico, universale d’inclusione e di rispetto».
Locarno è però soprattutto cinema. «Assolutamente: ne siamo consapevoli e siamo fieri delle nostre relazioni con il mondo della settima arte – commenta il CEO di Swatch Art Peace Hotel -. Registi come Pedro Almodovar, Robert Altman, Luc Besson e Akira Kurosawa hanno disegnato alcuni dei nostri modelli. Però quest’anno abbiamo voluto mischiare un po’ le carte: sarà infatti il pubblico a vivere l’esperienza di essere attori e attrici davanti alle telecamere, ricreando nel nostro Swatch Studio, a ridosso di Piazza Grande, l’atmosfera di uno shooting cinematografico professionale, con tanto di carrello per le riprese in movimento».
Non mancheranno le edizioni celebrative degli Swatch dedicati al Locarno Film Festival: «È bello vedere come ormai siano oggetti da collezione, quasi uno status symbol per gli appassionati di cinema, tanto che spesso finiscono molto prima della conclusione del Festival. Da qualche anno partecipiamo anche alla selezione della key visual del Festival e trovo molto interessante constatare come il Pardo sia sempre lui, con il classico pattern leopardato, ma ogni anno con un’evoluzione, un aspetto diverso della sua personalità. Un po’ come Swatch, che propone centinaia di interpretazioni diverse della sua personalità rimanendo tuttavia sempre sé stessa. Quest’anno poi nell’edizione celebrativa è stato introdotto il blu, aprendo linguaggi e strade nuove che non vediamo l’ora, è il caso di dirlo, di esplorare».
A proposito di strade nuove, dove condurrà questa collaborazione con il Locarno Film Festival? «Se c’è una cosa che siamo davvero pessimi a fare è ripeterci – conclude Giordanetti -. Ancora non sappiamo come, ma di certo rafforzeremo la nostra collaborazione e proporremo la nostra visione sotto nuove forme, attualizzandole al nostro momento storico, in linea con lo spirito del Pardo».