Quei fari ancora accesi
L’eco della Storia si affievolisce e gli slanci generosi di solidarietà verso chi lottava per la libertà vengono ricordati occasionalmente dove sono sbocciati. Del resto non si può farne una memoria quotidiana. Con una guerra devastante che fa morti e diffonde il panico anche lontano da dove si svolge, è giusto però ogni tanto ricordare come libertà, liberalismo e progresso siano stati i fari accesi anche qui, dove il Risorgimento italiano ebbe un sostegno importante. Una brutta pagina fu vissuta dai ticinesi quando per le cinque giornate di Milano vennero costretti o forzati a lasciare il suolo meneghino per tornare a piedi, in colonna, verso la propria terra. È lodevole che il Circolo Battaglini e l’Associazione Carlo Cattaneo abbiano sempre uno sguardo sugli ispiratori di queste due attivissime associazioni. Ho scritto spesso su come e quanto il Ticino avesse contribuito alla causa della libertà ospitando esuli e «cospiratori». Gli austriaci premettero molto la Confederazione affinché fosse espulsa e inviata in Italia Cristina Barbiano di Belgioso, che aveva finanziato Mazzini per la spedizione di Savoia; abitava in Piazza Cioccaro e nel 1849 diresse l’ospedale militare della Repubblica Romana; fu lei ad accogliervi morente il più giovane martire, il luganese Emilio Morosini, la cui salma avrebbe ricevuto l’onore delle armi dagli avversari francesi quando venne portata a Vezia per riposare nella cappella di famiglia dove furono traslati anche Dandolo e Manara, eroi del Risorgimento, accanto ai quali in attesa di farlo riportare in patria c’era il cuore espiantato di Tadeusz Kosciuszko, il polacco della rivoluzione antirussa morto a Soletta. La Confederazione negò l’espulsione poiché quella signora, la cui famiglia aveva a Milano palazzi storici, era grigionese dal 1400, contessa di Mesocco. A Lugano, in una notte di tempesta, in casa della Belgioioso arrivò un «avventuriero» a ritirare alcuni crediti che gli arrivavano da sostenitori inglesi; ad attenderlo c’era una splendida scrittrice di nome Jesse White Mario, moglie di Alberto, scrittore, comandante di Stato maggiore a Mentana e sciabola gloriosa dello sbarco a Marsala, il quale fu esule a Lugano, amico e biografo di Carlo Cattaneo; anche la moglie a Napoli avrebbe imbracciato il fucile antiborbonico. L’uomo avvolto in un tabarro e seguito a vista dalla polizia era Giuseppe Garibaldi. L’indomani sarebbe andato a casa Ciani, dove anche il ministro di Pio IX Pellegrino Rossi aveva visto le cantine in cui si stampano volantini antiaustriaci e qualche libello di circostanza. Furono quei volantini ad accendere a Milano le cinque giornate. Sulla scia intellettuale, morale e civile di Battaglini e Cattaneo proseguì l’attenzione all’Italia soggiogata anche durante il fascismo e non si deve dimenticare che il primo presidente della nuova Italia fu Luigi Einaudi, esule a Gentilino. Ho scritto varie volte di proporre Lugano fra le «Città benemerite del Risorgimento», mete di tante scolaresche che vengono portate a visitare i luoghi dei protagonisti delle azioni per la libertà. Battaglini, sindaco di Lugano e parlamentare federale, fu un abile risolutore del problema dei confini con l’Italia. A Cattaneo si deve il Liceo di Lugano.
È sempre ricordato il Ticino, e il luganese in particolare, per le presenze illustri che hanno anche giocato sui campi di bocce all’ombra dei castagni. Come Hermann Hesse che cento anni fa pubblicò Siddharta e divenne uno degli autori più letti, in particolare negli Stati Uniti, dove i giovani lo elessero a simbolo del pacifismo razionale e costruttivo e della libertà, facendone un richiamo contro il comunismo sovietico e le guerre, come quella in Vietnam, finita nel 1975, da cui gli USA uscirono male. A creare diffidenza su quegli slanci era il fatto che dalle sue letture crescevano gli hippies. Ricordo che quaranta anni fa i giovani «alternativi» ma non estremi, andavano a bivaccare a Montagnola vicino alla sua casa. Curiosità poco nota: dedicò una monografia al Boccaccio, il pioniere della narrativa. Hesse trascorse gran parte della sua vita qui, dove sentiva libertà e agio. Se ne andò proprio sessanta anni or sono lasciando l’eco dell’avversione ai soprusi, come lo spirito che aveva animato tanti ticinesi per il Risorgimento e per l’antifascismo. Giovanni Spadolini a Lugano disse che il valore della Libertà si impara dai libri di storia. La mattina del 12 novembre se ne parlerà al LAC con illustri oratori in un convegno aperto al pubblico.