«Quel 24 ottobre mi fa ancora male, ci penso sempre»
«Sono passati vent’anni ma è che come se fosse ieri, mi fa ancora male. A volte mi sembra impossibile che sia potuto accadere: ci penso ogni giorno e spero col cuore che tutto questo sia almeno potuto servire per aumentare i controlli e migliorare la sicurezza».
Il 24 ottobre 2001 Rosa Vasciaveo aveva 35 anni, due figli piccoli ed uno in grembo. Quel giorno un tragico incidente nella galleria stradale del San Gottardo causò la morte di undici persone, un dramma che ferì la Svizzera in profondità e tagliò in due l’Europa. Un dramma che si portò via per sempre anche suo marito, Rosario Caggiano. Conosciuto a Verbania, lì si erano sposati e avevano formato la loro famiglia. Poi il buio. Originario della Provincia di Salerno, Rosario Caggiano aveva 37 anni. Da pochi giorni era alle dipendenze di una ditta di trasporti con sede a Roveredo, come autista. Quella mattina alle 9.39 era tra le persone che transitavano nel tunnel del San Gottardo quando altri due TIR, a poco più di un chilometro dal portale sud, si scontrarono scatenando una trappola mortale di fuoco e di fumo. Un dramma che colpì un’intera regione e tante famiglie, tra cui proprio quella di cui parliamo oggi in occasione del ventesimo anniversario dell’incidente, che cade domani.
«Sono sorpresa»
«Sono sorpresa di ricevere la vostra telefonata perché dopo il decimo anniversario nessuno si era più fatto vivo dalla Svizzera - racconta la signora Rosa al Corriere del Ticino - Però sentivo che qualcuno si sarebbe ricordato, e devo dire che mi fa piacere anche se quei ricordi fanno male, fanno sempre molto male». L’occasione per ricordare, appunto, è il ventesimo anniversario del dramma. Rosa era una giovane donna impegnatissima nel ruolo di madre. Che in pochi attimi si vide sconvolgere l’esistenza. «È stata dura, è stata durissima», racconta ripercorrendo quei momenti, i mesi e gli anni che seguirono. Anche perché, col senno di poi, ha capito di non aver potuto vivere quel periodo in maniera del tutto lucida, essendo stata travolta dalla tragedia mentre era incinta del terzo figlio. Leon (oggi 19.enne) sarebbe nato pochi mesi dopo il dramma, a marzo 2002, mentre esperti ed inquirenti stavano concludendo gli accertamenti sui fatti di quella mattinata d’autunno, giungendo alla conclusione che alla base ci fu un errore umano, quello del camionista turco che si immise nel tunnel in preda all’alcol. Per Rosa, la sua famiglia e quella del marito la nascita del terzo figlio fu evidentemente un evento doppiamente toccante. Il nome del terzo figlio l’aveva deciso proprio il marito. «Era un uomo davvero speciale, sembra ieri che stava tra di noi: sì questi vent’anni sono volati». Ma, appunto, evidentemente non sono stati affatto facili. «Per fortuna ho avuto numerose persone al mio fianco che mi hanno aiutato moltissimo».
Il bisogno di tornare
«Rievocare i fatti di quel 24 ottobre mi fa ancora male», afferma Rosa. «Da parte mia ho ancora tante domande senza risposta. Leon, come il fratello Stefano, oggi lavora in Svizzera interna. Gli è capitato di transitare da Airolo ma non ha trovato la lapide eretta nel 2002 in memoria delle undici vittime del dramma del San Gottardo, tra cui suo padre». Per il primo anniversario Rosa era lì, in Leventina, proprio con il piccolo Leon in braccio. Ora in famiglia il bisogno di tornare su quei luoghi si fa largo: sarebbe un altro modo per chiudere il cerchio, forse, per quanto possibile. A citare spesso il padre, ricorda Rosa, sono anche i figli più grandi, che hanno potuto conoscerlo: Stefano ha 25 anni, Giuseppe ne compirà 27 tra poche settimane e oggi ricorda «la rabbia ed il dolore» che dice di aver trattenuto per troppo tempo. Tutti e tre i figli, due dei quali in Svizzera, lavorano sulle strade o nella sicurezza anti-incendio. Un caso, dicono. O forse no.
«Lui è sempre con noi»
Intanto, alla vigilia del ventesimo anniversario della tragedia, nella famiglia di Rosario Caggiano non passa giorno che non si parli di lui, racconta Rosa. Secondo cui in realtà non si tratta di ricordi, bensì di una memoria perfettamente viva: «Lui per noi è sempre presente. E sempre lo sarà».