Quel dannoso disinteresse per la politica

Astensionismo? Giovani. Un’associazione fin troppo a portata di mano, e non a torto. È quanto emerge dal Politikmonitor 2018 di easyvote, un progetto della Federazione svizzera dei Parlamenti dei giovani. In un’annata elettorale come quella attuale e ai tempi degli scioperi per il clima si ripresenta con ancor maggior veemenza l’interrogativo su come conquistare l’attenzione dei giovani cittadini. «Votiamo su cose che ci riguardano. Ma durante le campagne non è evidente quali sono gli effetti che hanno sul nostro futuro», dice Sandro, di 23 anni. E prosegue: se ad esempio sono in programma consultazioni popolari sulle pensioni, nessuno mette in guardia i giovani da eventuali conseguenze negative. Al contempo, l’interpellato ammette di recarsi alle urne solo quando un tema è importante per lui. L’ultima volta che ha compilato una scheda elettorale? Nel 2016, in occasione della votazione sulla seconda canna della galleria del San Gottardo.
Sandro non è un caso isolato: molti giovani faticano a determinare gli effetti della politica sulla loro vita quotidiana. Stando al Politikmonitor, meno della metà delle persone tra i 15 e i 25 anni sono del parere che il Parlamento prende decisioni importanti ai fini della loro quotidianità. Lo studio ha inoltre evidenziato la tendenza secondo la quale i giovani si informano sempre meno sui temi politici e d’attualità; meno di un quarto (23%) si documenta giornalmente. Sandro ammette di non cercare forzatamente informazioni in prima persona quando è chiamato a recarsi alle urne. Secondo René Knüsel, politologo all’Università di Losanna, questa tendenza è inquietante: nel momento in cui diminuisce il grado d’informazione, la democrazia viene messa a repentaglio. Il sistema svizzero è impegnativo, prosegue l’esperto.
Sempre stando a Knüsel, è necessario motivare i giovani mostrando loro come possono influenzare l’ambiente circostante con la loro partecipazione. Uno scopo raggiungibile con piccole azioni nel periodo scolastico, nelle quali non solo si parla del funzionamento delle istituzioni, ma si mostra anche, tramite esperimenti pratici, come funziona il sistema politico. La sfida maggiore è integrare i giovani nella società il più rapidamente possibile: «C’è una connessione tra la vita professionale e la partecipazione alla politica. La maggior parte delle persone si reca alle urne tra i 35 e i 60 anni», così l’esperto. In questa fascia d’età le persone sono anche integrate maggiormente nella vita sociale e politica.
Il movimento che si batte per la tutela del clima, con i suoi scioperi, ha perlomeno contribuito a sensibilizzare i giovani su un tema politico. Ciò non toglie, tuttavia, che alle scorse elezioni federali le persone tra i 18 e i 24 anni non hanno fatto registrare un’alta partecipazione (30%). Un dato di fatto, questo, che non sorprende Knüsel: «I giovani si impegnano per la causa, ma non per forza a lungo termine. Inoltre non è sicuro che i manifestanti percepiscano il loro sciopero come un gesto politico». Grazie a questo movimento, alcuni partiti hanno conosciuto un aumento degli iscritti, come i Giovani Verdi: stando al co-presidente Kevin Morisod, al mese si sono aggiunti dai 20 ai 30 nuovi membri, e da dicembre il loro numero si è quadruplicato. Anche la sezione giovanile dei Verdi liberali ha vissuto uno sviluppo analogo, anche se più contenuto (più 50%), così come i Giovani socialisti.
Quanto al ruolo dei social media, attenzione a non sottovalutarlo: le reti sociali vengono di frequente utilizzate da partiti, istituzioni e associazioni per parlare ad un pubblico giovane, in particolare Instagram, Facebook e Twitter. Anche Snapchat conosce un impiego analogo, specialmente tra coloro che hanno meno di 20 anni, dichiara Tanguy Ausloos, responsabile del settore giovani della Città di Losanna. Come spiega ancora Zoë Maire di easyvote, Facebook ha tuttavia vissuto un recesso dal 2016: in quell’anno il 13% dei giovani si informava su questa piattaforma, mentre nel 2018 tale quota era calata al 5%.