Quel volo della Japan Airlines che causò la morte di oltre 500 persone
È di poche ore fa la notizia di un aereo della Japan Airlines immortalato in fiamme su una pista dell’aeroporto Haneda di Tokyo. All’origine dell’incidente ci sarebbe un contatto accidentale con un aeromobile della Guardia costiera, riferisce l'emittente pubblica Nhk secondo cui i morti sarebbero cinque. Le vittime sono presumibilmente le persone a bordo del volo della Guardia costiera, dato che tutti i passeggeri del velivolo civile sono stati allontanati dall'aereo.
La tragedia peggiore della Japan Airlines
L’episodio avrà sicuramente richiamato alla mente di alcuni la tragedia del volo Japan Airlines 123 in cui il 12 agosto 1985 persero la vita 520 persone. La seconda tragedia più grave di sempre nella storia dell’aviazione e quella che, coinvolgendo un solo aeroplano, ha causato il maggior numero di vittime. Ma cosa successe quella sera d’estate di trentotto anni fa?
Tutto iniziò all’aeroporto di Tokyo-Haneda alle 18:12 quando il Boeing 747-SR46 della Japan Airlines guidato dal comandante Masami Takahama, dal primo ufficiale Yutaka Sasaki e dall’ingegnere di volo Hiroshi Fukuda decollò in direzione dell’aeroporto di Osaka-Kansai. Dodici minuti dopo la partenza ebbe quindi inizio l’incubo che portò alla morte 520 delle 524 persone a bordo: solo 4 passeggeri si salvarono tra cui una hostess della compagnia aerea fuori servizio i cui commenti tecnici furono di aiuto nella ricostruzione del disastro. A dare il la alla tragedia fu lo squarcio della paratia posteriore del velivolo che causò una decompressione esplosiva la quale provocò il distacco dello stabilizzatore verticale e il conseguente danneggiamento dell'impianto idraulico. L’aereo divenne così ingovernabile e cominciò a variare quota rapidamente. I piloti tentarono allora di controllare l'aereo con il solo ausilio dei motori, abbassando anche il carrello di atterraggio e i flap e provarono a effettuare una virata verso l'Oceano Pacifico. La manovra non andò tuttavia a buon fine e l’aereo cadde in picchiata tra le montagne. Un’ala colpì quindi il costone di una parete rocciosa e si spezzò. Successivamente l'aereo sbatté contro un secondo crinale, capovolgendosi e schiantandosi contro nella zona del monte Takamagahara.
Dall’inizio dei problemi allo schianto passò circa una mezzora che per gli occupanti del velivolo fu di panico totale. Molti capirono che non avrebbero mai fatto ritorno a casa e lasciarono lettere e messaggi indirizzati ai propri familiari.
Ma, cosa portò allo squarcio della paratia posteriore? A indagare sulle cause dell’incidente fu la Japanese Aircraft and Railway Accidents Investigation Commission che individuò quattro punti critici. Innanzitutto, durante l’atterraggio all’aeroporto internazionale di Osaka il 2 giugno del 1978, la parte posteriore del velivolo aveva toccato la pista ed era rimasta danneggiata. Il mezzo di trasporto venne quindi riparato dai tecnici della Japan Airlines, ma in maniera errata. Durante i voli successivi, poi, i piloti denunciarono di sentire dei fischi intermittenti nella parte posteriore della fusoliera, tuttavia i tecnici della Japan Airlines sottovalutarono l’entità del problema e non verificarono mai approfonditamente gli interventi di manutenzione precedentemente eseguiti. A contribuire allo schianto dell’aereo, infine, ci fu un errore di progettazione da parte della Boeing. Per garantire la manovrabilità del velivolo, infatti, erano state realizzate quattro linee idrauliche in modo che, qualora uno, due o addirittura tre dei sistemi fossero andati in panne, il velivolo potesse venire pilotato ugualmente senza particolari problemi. Il guaio fu che Boeing non aveva ipotizzato che un cedimento della paratia stagna potesse portare alla disfunzione di tutte le linee idrauliche. Ecco allora che la somma di questi fattori portò a uno degli incidenti più gravi nella storia dell'aviazione.