Quelle barche a vela che mietono la fauna marina
«La Vendée Globe intende utilizzare la potenza mediatica dell'evento per sensibilizzare il pubblico, lungo tutto il percorso della gara attorno al mondo, alla preservazione degli oceani. Percorrendo il pianeta in barca a vela, i marinai della Vendée Globe mettono in luce la fragilità del nostro oceano di fronte al riscaldamento climatico. Sono i testimoni diretti dei cambiamenti in corso, soprattutto intorno all'Antartide, una regione particolarmente minacciata». Così si può leggere sul sito della celebre gara in solitaria in barca a vela, partita dal porto francese Les Sables-d'Olonne lo scorso 10 novembre. Un obiettivo nobile, non c'è che dire, che va sicuramente sposato. C'è, tuttavia, un problema: le imbarcazioni, della classe IMOCA, possono rivelarsi letali per la fauna marina. Tutta colpa delle braccia (dette anche arms) di queste barche, i dispositivi posti ai due lati dell'imbarcazione che vengono inseriti in acqua e su cui la barca veleggia. Durante la navigazione in mare aperto, infatti, possono verificarsi collisioni tra le creature che nuotano in mare e le braccia delle imbarcazioni, affilate come coltelli. Ad avere la peggio, inutile dirlo, sono gli animali che possono riportare gravi ferite e, nei casi peggiori, possono anche perdere la vita.
La ricerca di soluzioni al problema
Proprio per questa ragione, spiega la Tribune de Genève che dedica un articolo al tema, da una decina di anni a questa parte, la classe IMOCA ha avviato numerosi studi con l'obiettivo di limitare il più possibile le collisioni delle imbarcazioni con i corpi morti e gli animali marini. Ecco allora che sono state introdotte telecamere sofisticate, radar e tecnologie a ultrasuoni. Questo lavoro sembra aver dato i suoi frutti, tuttavia il problema è lungi dall'essere risolto. Se infatti i sistemi di rilevamento permettono di rilevare tronchi di legno e container galleggianti, la questione delle collisioni con gli animali resta aperta in quanto la sua risoluzione è complessa. Facciamo un esempio: i cetacei rimangono costantemente sott'acqua, si spostano in continuazione, sono veloci e, a volte, la loro curiosità può portarli ad avvicinarsi alle barche in gara. Tali comportamenti possono condurre alla tragedia perché rendono gli animali difficilmente identificabili dai sistemi di rilevamento.
Di fronte alla fallibilità degli strumenti tecnologici è allora imperativo trovare soluzioni alternative. Una, in particolare, quella adottata che risponde al nome di ZPB. E i risultati sembrano essere positivi. Ma di cosa parliamo? ZPB è l'acronimo di «zona di protezione della biodiversità». In queste aree la navigazione è vietata (salvo casi d'urgenza come potrebbero essere la necessità di evitare una raffica di vento, di mettersi al riparo o di rientrare il più presto possibile al porto più vicino). Per definire i perimetri in cui è vietato navigare sono stati condotti numerosi studi scientifici sulle abitudini dei mammiferi marini. Zone di protezione della biodiversità sono così state istituite, per esempio, nelle Azzorre e nell'arcipelago di Capo Verde.
Al di fuori delle zone di esclusione, tuttavia, il pericolo di collisioni tra barche e animali rimane e i sistemi sonori adottati per spaventare le creature del mare hanno un efficacia limitata. Come fare allora? Un primo importante passo deve essere mosso dai guidatori delle barche che devono dimostrarsi onesti e denunciare eventuali collisioni tra il proprio mezzo e una creatura del mare. Solo grazie alle loro testimonianze è possibile comprendere meglio il fenomeno. «Quando ci si scontra con un animale marino, bisogna segnalare l'accaduto invece di nascondere il fatto. C'è una presa di coscienza collettiva e soluzioni tecnologiche sono in corso di elaborazione» ha dichiarato al riguardo lo skipper Paul Meilhat.
Non solo la Vendée Globe
A essere interessata dal problema delle collisioni tra barche e creature marine non è comunque solo la Vendée Globe. Un'altra regata transatlantica in solitaria si trova confrontata con i medesimi grattacapi; stiamo parlando della Route du Rhum («Rotta del Rum» in italiano). Secondo uno studio dell'Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement, sono 30 gli animali marini uccisi dalla flotta di 140 imbarcazioni che hanno partecipato all'edizione 2022.
Non va poi dimenticato che, secondo uno studio pubblicato lo scorso novembre dalla rivista Science, sono 20.000 le balene che ogni anno finiscono vittime del traffico internazionale di persone e merci.
Tornando alle gare velistiche, conscia del problema, la classe IMOCA ha deciso di affrontare la questione di petto. «Difendiamo una strategia globale che unisce tecnologia, studio dei percorsi, raccolta dati e sensibilizzazione», ha detto Claire Vayer, co-responsabile dello sviluppo sostenibile per la classe IMOCA. «L'obiettivo è che le tecnologie sviluppate in questo contesto possano portare beneficio all'insieme del settore del trasporto marittimo così da decuplicare la loro efficacia».