Record dell'oro: è forse il momento di vendere?

L’oro si è messo a correre e ha raggiunto quota 2.283 dollari l’oncia. Si tratta di un record storico e rispetto a inizio anno la crescita è stata di oltre il 13%. In franchi la performance è stata ancora maggiore (+20,95% a 66.675 franchi al chilo), visto che il metallo giallo è quotato in dollari e che il biglietto verde si è rafforzato nei confronti del franco. L’oncia è salita a 2.070 franchi, in aumento del 18,25% da inizio anno. Per chi «ragiona» nella valuta elvetica, quindi, l’investimento in oro è stato particolarmente vantaggioso.
Crescita inaspettata
La crescita del corso dell’oro ha qualcosa di anomalo, visto che arriva proprio mentre si è verificata un’inaspettata espansione dell’attività manifatturiera statunitense, che ha raffreddato le speranze di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve americana, spingendo al rialzo i rendimenti dei titoli del Tesoro e del dollaro. Infatti, l’indice ISM dei responsabili degli acquisti manifatturieri è inaspettatamente salito in marzo a 50,3 da 47,8. Il valore dell’indice si è spinto oltre quota 50, il che indica un’espansione del settore manifatturiero, per la prima volta da settembre 2022.
Secondo lo strumento di monitoraggio del tasso della Fed, le probabilità di un taglio dei tassi americani a giugno sono scesi al 56% rispetto al 64% della scorsa settimana.
Tuttavia, l’oro ha continuato a correre. Come mai? Lo abbiamo chiesto a Stefano Ambrogi, responsabile dell’ufficio Investment Advisory di Julius Bär, a Lugano. «A dire la verità - sottolinea - noi non ci aspettavamo che l’oro salisse così tanto e pensavamo che quota 2.050 fosse un punto di arrivo, dato che ritenevamo che il buon andamento dell’economia americana e il fatto che la Fed non fosse portata a tagliare i tassi avrebbero dovuto portare l’oro a rallentare».
«Fra gennaio e febbraio - continua - l’oro veleggiava attorno ai 2.000 dollari l’oncia e già a febbraio era arrivato a 2.050 dollari. Invece adesso è salito fin oltre 2.250 dollari. Ci sono tre fattori che spiegano questa corsa. Il primo è sicuramente il fatto che, nonostante l’economia americana vada bene, il presidente della Fed Jerome Powell ha confermato la possibilità di effettuare tre tagli dei tassi nella seconda parte dell’anno. Il che ha reso i bond meno competitivi e questo ha aiutato la salita dell’oro».

Tensioni geopolitiche
«In secondo luogo - aggiunge - esistono grandi timori geopolitici. Le tensioni fra Russia e Ucraina rimangono elevate e tutte le difficoltà che ci sono fra il mondo occidentale e la Russia sono state acuite dalla netta vittoria elettorale di Putin. Inoltre, in Medio Oriente non ci sono speranze di fermare la guerra: le operazioni israeliane vanno avanti e i colloqui di tregua non hanno esito positivo. A questo possiamo aggiungere anche l’attacco israeliano a Damasco, che ha creato maggiori tensioni con l’Iran e concludiamo che il quadro geopoltico non migliora».
«Infine, l’ultimo fattore - nota - è dovuto ai flussi di acquisto di oro in Cina. Visto che il mercato immobiliare del Paese si è indebolito e le azioni sono in difficoltà, gli investitori hanno scelto valori difensivi - principalmente l’oro - e pare che ci siano stati volumi elevati di acquisto presso lo Shanghai Gold Exchange, la Borsa dell’oro cinese».
Ora la domanda fondamentale è: questi fattori continueranno anche in futuro a sostenere il prezzo dell’oro? «A nostro avviso - spiega Stefano Ambrogi - il fattore che potrebbe mantenere l’oro a questi livelli è solo un marcato rallentamento dell’economia americana. Il che comporterebbe almeno tre tagli da parte della Fed nella seconda parte del 2024 e uno o due nei primi mesi del 2025. Tuttavia questo è il nostro scenario più roseo e in questo caso l’oro manterrebbe queste quotazioni, ossia fra i 2.100 e i 2.200 dollari l’oncia. Invece il nostro scenario centrale, quello più probabile, è che non ci sia nessuno rallentamento dell’economia americana e che quindi l’oro ripieghi. Il nostro prezzo-obiettivo è di 2.000 dollari l’oncia a tre mesi e addirittura di 1.900 dollari l’oncia a 12 mesi. In altre parole, riteniamo che nel mese di marzo ci sia stata una fiammata a causa delle aspettative di ribasso dei tassi e delle tensioni geopolitiche, ma questi motivi si riassorbiranno e la quotazione dell’oro è destinata a calare».
Cosa dovrebbe fare l’investitore svizzero che ha investito in oro? In fondo ha guadagnato «due volte», ovvero sia dal rafforzamento dell’oro, sia dal dollaro. Una costellazione di fattori abbastanza inusuale... «Per l’investitore in franchi - sottolinea - i due movimenti si sono sommati. È successo per la concomitanza di due avvenimenti molto diversi e separati fra l’oro. Per quanto riguarda l’oro lo abbiamo già spiegato. Ma quello che è stato inusuale è che il franco ha iniziato l’anno a 0,84 centesimi per un dollaro e adesso sia quasi a 0,91. È stato un movimento di oltre il 6% a vantaggio del dollaro, avvenuto sull’onda del fatto che la BNS ha tagliato i tassi in virtù del basso livello di inflazione in Svizzera. Per questo la BNS è stata la prima importante banca centrale che si è potuta permettere un allentamento dei tassi guida, passati il 21 marzo da 1,75% a 1,50%».
Realizzare i profitti
«Per questo - conclude Stefano Ambrogi - per gli investitori che ragionano in franchi, probabilmente è giunto il momento di effettuare una presa di profitti parziale, vendendo un terzo o metà della posizione, incassare i dollari, convertirli in franchi e acquistare azioni svizzere. Infatti noi siamo positivi sulla Borsa elvetica, che l’anno scorso è rimasta indietro rispetto alle altre, vista la presenza di azioni difensive, mentre quest’anno potrebbe fare bene».
L’argento si difende, ma platino e palladio perdono smalto
Assieme all’oro ci sono altri tre metalli altrettanto «preziosi» che hanno registrato andamenti degni di nota. Quello più «vicino» al metallo giallo - perché bene di rifugio e materia prima molto diffusa nell’industria e nella gioielleria - è l’argento, che da inizio anno ha fatto anche meglio dell’oro, guadagnando il 20% in dollari l’oncia e il 25% in franchi al chilo. Andamenti in controtendenza li hanno tuttavia registrati gli altri due metalli preziosi più popolari, ovvero il platino e il palladio. Il primo ha registrato dall’inizio dell’anno una flessione del 6% a quota 925 dollari l’oncia. Interessante notare che all’epoca della crisi finanziaria del 2008 il platino quotava oltre 2.000 dollari/l’oncia, mentre l’oro era ancora sotto il livello di mille dollari. Pure il palladio, metallo prezioso usato soprattutto nell’industria, da inizio anno è in calo di quasi il 7%, quotando attualmente attorno a 1.007 dollari l’oncia - un livello tre volte inferiore al picco registrato due anni fa quando quotava poco sopra i 3.000 dollari l’oncia.