Richiedenti l'asilo, si cercano alloggi

Un bando per cercare alloggi da destinare ai richiedenti l’asilo. Il Cantone - o meglio, la Sezione del sostegno sociale - è alla continua ricerca di nuovi spazi. Di qui la decisione di pubblicare una sorta di annuncio sul Foglio ufficiale, un appello ai proprietari di immobili a farsi avanti. «Siamo sempre alla ricerca di possibili soluzioni per ottimizzare gli alloggi da destinare ai richiedenti l’asilo. E questo perché, in funzione del numero degli arrivi e delle caratteristiche delle persone attribuite al Cantone, la situazione può cambiare molto rapidamente, mettendo il sistema sotto pressione. Quindi è importante poter avviare una ricerca a tappeto sul territorio, in modo da ottenere una panoramica delle diverse possibilità di alloggio in tutto il Cantone», spiega Renzo Zanini, a capo dell’Ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati del Canton Ticino.
Gli interessati hanno tempo fino al 15 novembre per far pervenire alla Cancelleria dello Stato le soluzioni alloggiative offerte. Due, in sostanza, le caratteristiche richieste: le strutture devono poter ospitare un minimo di 20 persone e la disponibilità deve essere garantita per almeno un anno. «Cerchiamo sia collaborazioni con strutture ricettive, ma soprattutto nuclei di appartamenti o immobili di grandi dimensioni che possiamo utilizzare nella loro totalità. L’importante per noi è avere una chiara idea dell’offerta, anche per contenere i costi, elemento imprescindibile in questo momento», spiega Zanini. Sì, perché a fronte di una situazione finanziaria complicata per le finanze cantonali, anche il settore dell’asilo ha dovuto tagliare. «Lo abbiamo fatto già nel 2023 e nel 2024, riducendo l’intensità della presa a carico e quindi aumentando il numero di persone - prima degli adulti e dopo anche dei minorenni non accompagnati - assegnate a ciascun operatore. Per il 2025, invece, stiamo ragionando sulla possibilità di rivedere l’entità di alcune prestazioni di aiuto sociale e sulla riduzione dei costi per gli alloggi». Contenere i costi, in un settore così sensibile, è però tutt’altro che semplice. «Non dobbiamo fare l’errore di non investire nella prima fase d’integrazione, perché altrimenti corriamo il rischio di spendere molti più soldi sul lungo periodo. Le persone che non riusciamo ad agganciare rapidamente rischiano infatti di rimanere a beneficio delle prestazioni assistenziali molto più a lungo, con conseguenze evidenti sulla spesa dello Stato».
Spendere meno e meglio
Avere a disposizione una mappa chiara dell’offerta sul territorio, permetterà quindi di spendere meno e meglio. «Soprattutto, ci consentirà di essere più flessibili. Da un lato, dobbiamo avere un numero di posti letto congruo rispetto alle esigenze di un dato momento, per non sprecare risorse finanziarie pagando alloggi che poi restano vuoti, ma al contempo dobbiamo essere pronti a trovare soluzioni abitative velocemente, nel caso di un picco improvviso degli arrivi». La grossa sfida per il Cantone, infatti, una volta avvenuta l’attribuzione di una certa quota di richiedenti l’asilo da parte della Segreteria di Stato della migrazione, è riuscire a trovare una sistemazione per tutti. «E nel momento in cui gli arrivi aumentano di parecchio, il rischio è di trovarsi con l’acqua alla gola».
La situazione migratoria
Dall’inizio dell’anno, sono state attribuite al Ticino circa 450 persone, provenienti soprattutto dalla Turchia e dall’Afghanistan. «Il 13% del totale sono minorenni non accompagnati», spiega Zanini. «Per fortuna, il loro numero è calato rispetto allo scorso anno, quando avevamo toccato il 22%. Questa diminuzione ci consente una migliore gestione, soprattutto considerando il fatto che i minorenni con accompagnati necessitano di una presa a carico diversa rispetto agli adulti». La situazione, attualmente, in Ticino sembra essere sotto controllo. «Nel 2024 abbiamo registrato un flusso di arrivi uniforme, senza particolari picchi. Finché si riesce a bilanciare il numero di chi entra e di chi esce dagli alloggi collettivi della prima fase d’integrazione, non ci sono particolari problemi. Ma, come detto, quando in un solo mese ci ritroviamo con 100-200 arrivi, ecco che sorgono i problemi, soprattutto per la necessità di trovare strutture in brevissimo tempo perché quelle a disposizione non sono più sufficienti». Ecco perché è così fondamentale poter mappare l’offerta di alloggi. «In questo modo potremo capire quali siano le possibilità, quali potremmo sfruttare ora e quali un domani, ottimizzando anche la spesa».

La Confederazione vuole risparmiare, il Governo non ci sta
«Questo indiretto risparmio per la Confederazione comporta un ulteriore onere finanziario a carico dei Cantoni, confrontati con sempre maggiori costi in questo ambito e che dunque non può essere accettato». È netta la posizione del Consiglio di Stato sulla modifica dell’Ordinanza 2 sull’asilo. In pratica, con il cambiamento posto in consultazione, se un richiedente asilo ammesso provvisoriamente riceve in un secondo tempo lo statuto di rifugiato, i sussidi già corrisposti devono essere conteggiati. Attualmente, ricordiamo, per i rifugiati riconosciuti, la Confederazione rimborsa un forfait ai Cantoni per 5 anni, mentre per le persone ammesse provvisoriamente, il versamento dura per 7 anni. Se un’ammissione provvisoria viene trasformata in uno statuto di rifugiato nell’ambito di una domanda multipla, il termine di 5 anni ricomincia a decorrere indipendentemente dai sussidi già versati durante la precedente ammissione provvisoria. Ora, però, Berna (per alleviare le casse federali) vorrebbe che il periodo durante il quale sono stati già stati versati i sussidi sia conteggiato nella nuova durata complessiva, in modo da ridurre il contributo ai Cantoni. «Un bel problema», dice Renzo Zanini, «visto che già il forfait erogato è solo una parziale copertura dei costi». Insomma, «il Cantone già incassa meno di quanto spende, e con questa modifica prenderemmo ancora meno». Di qui la dura presa di posizione del Governo: «L’esiguo grado di copertura della somma forfettaria porta il Ticino a confrontarsi con maggiori costi a livello cantonale che non sono più sostenibili».