Sicurezza

Riforma della Polizia ticinese: «Qualcuno è andato lungo»

Il progetto presentato ai Comuni non fa l’unanimità - Il principio che prevede una nuova definizione dei compiti è condiviso - I timori maggiori sono legati al rischio di creare «un mercato delle convenzioni» - Ma c’è anche chi parla di «anticamera della Polizia unica»
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
24.09.2024 06:00

Mettere tutti d’accordo sarà un’impresa ardua. Gli interessi dei Comuni ticinesi non sempre convergono, a maggior ragione quando si parla di sicurezza. Le necessità di Lugano - per intenderci - non sono le medesime di un piccolo Comune di valle, dove la presenza di una pattuglia della Cantonale, a complemento del lavoro di un assistente, potrebbe anche bastare. La dimensione del territorio così come il tipo di criminalità con cui il Comune si trova confrontato sono elementi imprescindibili del dibattito e del confronto. Giovedì scorso, il progetto «Polizia ticinese» (elaborato dal Gruppo di lavoro promosso dal Dipartimento delle istituzioni) è stato presentato a sindaci e capidicastero. Ma come è stato accolto nei principali centri urbani?

Le bordate di Lugano

Le bordate maggiori arrivano da Lugano. «I margini per migliorare l’efficienza e la collaborazione tra PolCant e PolCom ci sono», premette la capodicastero sicurezza, Karin Valenzano Rossi. «Il principio della revisione dei compiti affrontata dal Gruppo di lavoro è sicuramente condivisibile. Ho però delle perplessità su quanto invece è stato presentato ai Comuni. Va infatti oltre la revisione dei compiti prospettata inizialmente. Il progetto finisce per affrontare temi di organizzazione e governance in materia di sicurezza e Polizia, cosa di cui il Gruppo di lavoro non si è occupato». In particolare, Valenzano Rossi constata che il progetto prevede anche il superamento della distinzione tra «Polizia polo» e «Polizia strutturata», oltre alla nascita di una Conferenza cantonale della sicurezza che sostituisce i livelli comunali e regionali. «Mi sembra che il Cantone abbia aggiunto, di sua iniziativa, una parte non discussa e non elaborata dal Gruppo di lavoro». E ancora: «Se si vuole affrontare il tema di una nuova organizzazione tra le Polizie, lo si faccia apertamente includendo però nelle discussioni anche i Comuni», osserva Valenzano Rossi. Insomma, se da una parte la capodicastero concorda sul fatto che la prossimità debba restare di competenza dei Comuni e l’interventistica del Cantone, dall’altra, la municipale non si spiega questa fuga in avanti: «Non capisco perché questa revisione dei compiti finisca per introdurre una nuova organizzazione sovracomunale della Polizia che, di fatto, cancella l’attuale impostazione delle Polizie comunali». Interpellata sulla copertura h24 che con la nuova riorganizzazione non sarebbe più un obbligo per le Polizie comunali, Valenzano Rossi resta perplessa: «Per svolgere questo compito, le Comunali hanno fatto uno sforzo di organizzazione, hanno fatto investimenti e instaurato collaborazioni. Non capisco come mai, oggi, questo compito debba essere soppresso. Condivido un eventuale alleggerimento per chi non volesse farlo, ma non il semplice trasferimento alla PolCant. Il pattugliamento di notte è fondamentale anche per la prossimità. Nella regione funziona bene ed è garantito anche per quei Comuni che ne sono sprovvisti. Del resto, la collaborazione oggi funziona bene anche con il Cantone, che da solo non potrebbe garantire il servizio di copertura h24». Poi, l’interrogativo principale: «A medio-lungo termine che cosa dovrebbe accadere? Gli agenti della Comunale verranno assorbiti dalla Cantonale?». Insomma, il dubbio che il progetto costituisca l’anticamera di una versione light della Polizia unica - secondo Valenzano Rossi - c’è.

Il valore della prossimità

«In un periodo di ristrettezze economiche, trovare un modo per migliorare la collaborazione con la Polizia cantonale, razionalizzando le risorse e sfruttando meglio le sinergie è senza dubbio positivo», commenta da canto suo Mauro Minotti, capodicastero sicurezza a Bellinzona. «Come Comune, apprezziamo molto l’idea di poterci concentrare sulla polizia di prossimità, delegando al Cantone alcuni compiti». Spesso i Comuni convenzionati richiedono proprio una maggiore presenza di agenti sul territorio, dice Minotti: «Con la nuova ripartizione dei compiti si potrebbe soddisfare questa richiesta senza dover aumentare il numero degli effettivi». Le critiche principali, per contro, riguardano l’autonomia di cui potrebbero disporre i Comuni nel scegliere con quale Polizia convenzionarsi. «Questa eventualità effettivamente solleva qualche timore. Il rischio che in futuro si vada a cercare il servizio dove costa meno esiste. Questa libertà, però, si scontra con gli impegni che un corpo si è assunto in termini di mezzi ed effettivi. Non possiamo assumere e poi licenziare», conclude Minotti.

«La Polizia non è una ditta»

Un aspetto, quest’ultimo, sottolineato anche dal capodicastero sicurezza di Chiasso, Luca Bacciarini. «Il rischio di creare concorrenza tra le varie Polizie esiste, e normalmente la concorrenza può anche influire sulla qualità del servizio, visto che i costi sono importanti per tutti». D’altro canto, Bacciarini esprime perplessità anche sulla possibilità data ai Comuni di decidere le prestazioni e i servizi: «La sicurezza è un servizio pubblico e la Polizia non è una ditta che deve vendere il proprio prodotto». Premessa a parte, secondo Bacciarini, il progetto presenta sicuramente alcuni aspetti positivi: «Per esempio, il fatto che i Comuni convenzionati potrebbero sentirsi coinvolti maggiormente oltre ad avere più voce in capitolo durante le trattative». Anche se, precisa il municipale, «i rapporti di collaborazione con i Comuni convenzionati nella regione di Chiasso sono positivi. In generale, però, possono sempre essere migliorati incentivando il dialogo». Entrando invece nel merito della riforma, Bacciarini osserva che «un quarto degli interventi della Polizia comunale a Chiasso è di competenza della Cantonale. Il più delle volte, quindi, per procedere occorre attendere l’arrivo della pattuglia. Contrariamente a quanto propone la riforma - conclude Bacciarini - vedrei meglio una Polizia comunale con qualche potere in più».

Sherlock Holmes dixit

Sibillino, invece, il commento della capodicastero sicurezza di Locarno, Elena Zaccheo. La quale, per l’occasione, cita a memoria un passo di Sherlock Holmes: «È un errore enorme teorizzare a vuoto. Senza accorgersene si incomincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché viceversa». Ad ogni modo, secondo Zaccheo, in questo momento occorre attendere la consultazione. «Per capire esattamente il contenuto della riforma, dobbiamo vedere nel dettaglio i compiti e la definizione dei mandati di prestazione con i relativi costi e compiti. Non dobbiamo dimenticare - prosegue Zaccheo - che l’attività della Polizia è variegata e complessa. Sarebbe un po’ fallace ridurla a un solo compito, la prossimità, rivolto alla qualità di vita delle persone dimenticando tutto il resto». In sintesi, secondo la municipale, la Polizia cantonale difficilmente riuscirebbe a sostituire «la vasta e complessa attività svolta dalla nostra Polizia comunale». Inoltre, va considerato che negli ultimi anni le Polizie polo hanno investito notevolmente in personale e mezzi. «Il rischio è di ritrovarsi con risorse o strumenti in eccesso rispetto ai nuovi compiti che la riforma potrebbe introdurre».

È solo l’antipasto

«La presentazione di giovedì è stata una prima entrata in materia, una sorta di riassunto delle principali novità del progetto che in un secondo tempo verrà messo in consultazione», commenta dal canto suo Samuel Maffi, capodicastero sicurezza a Mendrisio e rappresentante dei Comuni nel Gruppo di lavoro. «L’obiettivo di migliorare la situazione attuale è sicuramente lodevole». In generale, Maffi giudica positiva la revisione dei compiti proposta con la riforma: «In effetti, tra Polizia cantonale e Polizia comunale ci sono troppe sovrapposizioni. L’idea di eliminare i doppioni, garantendo alle Polizie comunali di svolgere i compiti di prossimità, è una buona soluzione». Alcune criticità, tuttavia, ci sono e vanno risolte, ammette Maffi: «Il libero mercato delle convenzioni evocato dal DI può spaventare. In un secondo momento andranno quindi ben ponderati e discussi gli aspetti organizzativi».

Le novità della riforma in tre punti. Punto uno. La Polizia comunale esegue compiti di prossimità. Non esisteranno più Polizie Polo e Polizie strutturate ma solo singoli corpi di polizie Comunali. Questa riorganizzazione fa cadere l’obbligo di copertura 24 ore su 24 da parte delle Polizie polo. Per contro, i corpi comunali (di principio) dovranno abbandonare una parte delle attività di interventistica che oggi svolgono oggi. Il Cantone si sostituisce totalmente alle Polizie comunali anche nell’ottica di eliminare i doppioni e razionalizzare gli oneri. Punto due. Polizia comunale o cantonale possono eseguire compiti per conto di altri Comuni. Se lo desidera un Comune potrà attribuire i compiti di sua competenza al Cantone o a un altro Comune. I Municipi, inoltre, potranno far eseguire i loro compiti primari agli assistenti di polizia. Punto tre. La Polizia comunale può eseguire anche compiti di spettanza cantonale. Il Cantone a condizioni da lui stabilite delega tutte le competenze e quindi non ha più forze in loco. Il Cantone fa un passo indietro e compra la prestazione al corpo comunale.