Cambiamento climatico

Riso e siccità, com'è la situazione in Ticino?

Terreni alla Maggia: «Piantine più basse, ma resa invariata» – Riseria Taverne: «L'approvvigionamento del cereale dall'Italia è diventato più complesso»
© CdT / Gabriele Putzu
Mattia Darni
19.03.2024 06:00

Qualche settimana fa abbiamo raccontato delle difficoltà riscontrate negli ultimi anni dagli agricoltori della Pianura Padana nella produzione di riso da risotto. A causa della siccità determinata dal cambiamento climatico, infatti, l’Italia ha perso, nel 2022, 26.000 ettari di risaie e la produzione del cereale è calata di oltre il 30% secondo l'Ente Nazionale Risi. Nel 2023 sono poi stati persi altri 7.500 ettari di risaie. Particolarmente colpite dal fenomeno sono alcune varietà pregiate: una su tutte il Carnaroli che subisce in maniera marcata gli effetti del cambiamento climatico. Sempre nel 2022, secondo quanto ha riferito al Guardian il ricercatore dell'Ente Nazionale Risi Filip Haxhari, a causa della prolungata siccità la produzione di Carnaroli è diminuita del 50%.

Ora, il Ticino non è, purtroppo, un’isola felice risparmiata dagli effetti del surriscaldamento globale e anche alle nostre latitudini, negli ultimi anni, si è dovuto combattere contro gli effetti della siccità. Ma quali conseguenze ha avuto la ridotta disponibilità di acqua nella produzione e nell’approvvigionamento di riso da risotto nel nostro Cantone? Per trovare una risposta alla nostra domanda abbiamo interpellato l’azienda agricola Terreni alla Maggia di Ascona e Riseria Taverne.

Un riso coltivato a secco

«Il nostro riso da risotto appartiene alla varietà Loto che ha la peculiarità di adattarsi alla coltivazione a secco; in questo si differenzia dalla maggior parte delle coltivazioni della Pianura Padana dove, invece, le piantine vengono immerse nell’acqua», esordisce la direttrice commerciale di Terreni alla Maggia Guendalina Rampazzi. «Per crescere, alla nostra varietà basta il quantitativo d’acqua di un grosso temporale settimanale che simuliamo annaffiando i nostri campi mediante un impianto di irrigazione».

Per Terreni alla Maggia, insomma, la siccità degli ultimi anni non ha avuto conseguenze negative sulla produzione. «Le piantine sono leggermente più basse, ma la resa è rimasta sostanzialmente invariata», spiega la nostra interlocutrice. «Anche a livello di approvvigionamento idrico non abbiamo riscontrato particolari problemi. L’unica lieve difficoltà ha riguardato la captazione dalla falda in quanto si è dovuto andare a prendere l’acqua più in profondità nei momenti di grande siccità, quando anche il lago era basso. A differenza del Mendrisiotto, ad ogni modo, nel Sopraceneri non abbiamo dovuto fare i conti con restrizioni nell’uso dell’acqua».

Non abbiamo avuto problemi a livello di approvvigionamento idrico in quanto al nostro riso basta il quantitativo d'acqua di un grosso temporale settimanale che simuliamo annaffiando i nostri campi mediante un impianto di irrigazione
Guendalina Rampazzi, direttrice commerciale di Terreni alla Maggia

Quello della scarsità di acqua sembra comunque essere un problema destinato ad acuirsi in futuro a causa degli effetti del cambiamento climatico. Oggi, Terreni alla Maggia riesce ancora ad approvvigionarsi, ma, come si è detto, nei periodi di siccità è dovuta andare a captare l’acqua di falda più in profondità. In futuro, il rifornimento potrebbe dunque essere sempre più difficile. Ecco allora che diventa interessante capire se l’azienda abbia già in cantiere dei progetti volti a fronteggiare le sfide a venire. «Monitoriamo la problematica e stiamo valutando se rendere alcuni pozzi più profondi», illustra il direttore agricoltura ed enologia Fabio Del Pietro. «Il focus è poi sulla manutenzione delle infrastrutture e dei pozzi di captazione».

La minore produzione di riso da risotto nella Pianura Padana non ha comunque influito sull’attività dell’azienda agricola di Ascona: le richieste del cereale non sono infatti aumentate. «Terreni alla Maggia opera solo sul mercato svizzero dove rifornisce il mondo della gastronomia, negozi specializzati e la clientela privata», chiarisce Guendalina Rampazzi. «Tutta la produzione è destinata ai nostri clienti abituali: pertanto, anche se la domanda di riso aumentasse, non saremmo in grado di soddisfarla».

I grattacapi di Riseria Taverne

Se per Terreni alla Maggia la situazione è dunque tranquilla, qualche grattacapo in più ce l’ha Riseria Taverne. L’azienda, che appartiene alla controllata di Migros Delica AG, si occupa di lavorare il riso proveniente da tutto il mondo e di immagazzinare scorte di emergenza del cereale per conto del Governo svizzero. Il riso da risotto trattato nell’impianto di Taverne proviene dall’Italia e il deficit di produzione degli ultimi anni nella Pianura Padana ha reso un po’ più complicato il lavoro dell’azienda. L’Italia, infatti, secondo l’Ente Nazionale Risi, è il maggior produttore del cereale in Europa. «A causa della siccità, negli ultimi anni l'approvvigionamento di riso è diventato generalmente più complesso, soprattutto quello per risotti proveniente dall'Italia», spiega il portavoce di Migros Tristan Cerf. «Tuttavia, grazie alle nostre partnership di lunga data con i fornitori, siamo stati in grado di trovare soluzioni che ci hanno permesso di avere poche interruzioni nelle forniture».

La scarsità del raccolto di riso da risotto che ha colpito l'Italia a causa della siccità ha influenzato anche i nostri costi di produzione
Tristan Cerf, portavoce di Migros

La scarsità di riso da risotto proveniente dall’Italia ha poi influenzato anche costi di produzione e prezzi. «Il prezzo del riso è stato molto volatile negli ultimi anni, soprattutto in Italia», spiega Tristan Cerf. «Poiché il riso è poi il principale fattore di costo dei nostri prodotti, la siccità che ha colpito la Pianura Padana ha avuto un impatto sui costi di produzione».

Proprio come lo sguardo di Terreni alla Maggia, anche quello di Riseria Taverne è rivolto al futuro e alla ricerca di soluzioni ai problemi causati dal cambiamento climatico. «Per garantire l'approvvigionamento, lavoriamo a stretto contatto con i nostri partner di lunga data in Italia e in altri Paesi. Siamo inoltre in costante dialogo per sviluppare varietà in grado di affrontare i cambiamenti climatici», conclude il nostro interlocutore.

Insomma, i ticinesi, almeno per il momento, potranno continuare a gustare quello che è ormai diventato un piatto tradizionale nel nostro cantone.

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