Ristorazione, la nuova legge va di traverso al Governo

Il piatto è servito. Anzi, no. Dopo oltre tre anni di lavori parlamentari sembrava fatta per la nuova Legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione (Lear). E invece, a stretto giro di posta, è arrivato l’altolà del Governo. Per ora, questa revisione non s’ha da fare. La decisione risale a pochi giorni fa. A mercoledì, per la precisione, quando il Consiglio di Stato ha inviato una lettera alla Commissione Costituzione e leggi in cui comunica il ritiro del relativo messaggio governativo del 18 aprile 2018 «affinché l’Esecutivo possa intavolare rapidamente un ristretto gruppo di lavoro il cui scopo sarà elaborare un nuovo progetto legislativo». Insomma, tutto congelato. E non manca una stoccata all’indirizzo dei commissari.
La bacchettata
Ma andiamo con ordine. Pur dicendosi consapevole della necessità di rivedere l’attuale versione della legge, il Consiglio di Stato ritiene che la revisione delle Lear elaborata da Andrea Censi (Lega) e fatta propria dalla Commissione non sia adeguata. «Teniamo a ribadire che, così come da voi impostata, la revisione non è appropriata, a maggior ragione se si considerano le implicazioni e l’importanza del progetto». E tutto questo, scrive l’Esecutivo, sostanzialmente per due motivi, di natura procedurale. Primo: per il Consiglio di Stato, una revisione totale di una legge «deve essere affiancata da un messaggio esplicativo», che «permette di comprendere la portata del progetto e di poter formulare riflessioni pertinenti». Secondo: è mancato il coinvolgimento dell’autorità attualmente chiamata ad applicare la legge. «Essa – si legge – dovrebbe essere ampiamente resa partecipe nel processo di revisione, poiché grazie alla sua profonda conoscenza del settore, potrebbe apportare un contributo fondamentale». Ma non solo. Oltre alle autorità, per il Governo sarebbe stato opportuno anche il coinvolgimento degli operatori del settore e delle autorità locali».
Le reazioni
«In Commissione siamo rimasti più che sorpresi da questa comunicazione del Governo», commenta a caldo Censi. «Personalmente non ne sono felice. Non dopo aver speso mesi di lavoro su questa importante modifica legislativa». Censi rispedisce anche al mittente le critiche su una scarsa condivisione del progetto: «La revisione è stata condivisa con gli attori sul territorio e anche il Consiglio di Stato è stato sempre coinvolto». Insomma, la comunicazione ricevuta ieri è stata una doccia fredda: «Quello che più dispiace è che saremmo potuti arrivare in tempi brevi a proporre soluzioni per il settore. Il ritiro del messaggio vanifica i nostri lavori». Ora bisognerà attendere un nuovo messaggio governativo e ripartire con i lavori commissionali. «Sono sconcertato dall’azione del Governo, che a conti fatti ha messo a tacere il Legislativo. Se il messaggio è davvero obsoleto, poteva benissimo ritirarlo prima e non a 5 minuti dalla mezzanotte», conclude un amareggiato Censi. Dal canto suo, anche il presidente della Commissione Costituzione e leggi, Nicola Corti (PS), si è detto «stupito dal ritardo nel prendere una decisione come questa, di per sé comprensibile e legittima, ma che arriva veramente tardi».
I punti principali
Ma cosa prevedeva la «revisione della discordia»? Tra i punti principali, lo ricordiamo, vi erano l’abolizione del diploma cantonale di esercente e la sua sostituzione con una patente che non avrebbe più richiesto l’apposito corso; la competenza comunale per quanto riguarda il rilascio e il ritiro della patente a chi fosse incappato in ripetute violazioni della Legge sulle derrate alimentari e del diritto del lavoro; l’obbligo di possedere un attestato federale di capacità per i cuochi dei «food bar».