Rommel fu obbligato ad avvelenarsi

Coinvolto nell'attentato contro Hitler, fu posto davanti a un orribile aut aut
Red. Online
15.11.2013 19:34

BERLINO - Per gli storici non è una novità ma adesso, nero su bianco, a quasi 70 anni dalla morte, un documento inedito conferma tutta la verità nel suo orrore: Erwin Rommel, il generale più famoso del III Reich, la leggendaria 'volpe del deserto' che guidò l'Afrikakorps in Africa, fu costretto al suicidio a causa del suo coinvolgimento nel complotto del fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944.

Un protocollo inedito della polizia criminale di Colonia, divulgato oggi dalla Bild, contiene il resoconto agghiacciante di un assassinio di Stato. Il Feldmarschall Rommel, di cui ricorre peraltro oggi la data della nascita (15 novembre 1891 - 14 ottobre 1944) era un mito già in vita: si era conquistato la fiducia del Führer ed era il generale più amato da Hitler.

Aveva da tempo capito che la guerra era persa e il suo nome venne fuori nella cerchia degli attentatori del 20 luglio 1944. La famosa Operazione Valchiria con cui un gruppo di ufficiali e aristocratici della Wehrmacht attorno al Colonnello, Conte Claus Schenk von Stauffenberg, tentò, per salvare la Germania dalla disfatta, di eliminare Hitler per negoziare la pace. L'attentato nella Wolfschanze (tana del lupo), il quartier generale di Hitler a Rastenburg, Prussia Orientale (oggi Polonia), fallì. Il Führer riportò lievi ferite, e dopo cominciò la mattanza degli attentatori e collaboratori: 200 gli ufficiali giustiziati ma migliaia le persone messe a morte successivamente.

Il nome di Rommel scottava e il regime non voleva scontrarsi con una leggenda. Fu quindi messo davanti a un aut aut: o un tribunale popolare (con processo farsa che lo avrebbe comunque condannato a morte) e conseguente arresto della sua famiglia. O inghiottire veleno e salvare il suo onore. Rommel scelse questa strada. Il 14 ottobre 1944 muore in un'auto a Herrlingen vicino Ulm (Baden-Wuerttemberg) dove abitava, dopo avere inghiottito una fiala di cianuro.

I nazisti non volevano si sapesse la verità. Il medico Friedrich Breiderhoff, all'epoca responsabile dell'ospedale da campo di Ulm, rese 16 anni dopo, il 22 luglio 1960, una dichiarazione alla polizia di Colonia. "Fui prelevato dal reparto bagni da un maresciallo - recita il protocollo dell'epoca citato da Bild - che mi disse che due generali mi aspettavano". "Abbiamo Rommel con noi", gli disse uno. Si diressero verso un'auto con dentro Rommel già morto. Il corpo fu portato all'ospedale dove un "signore in civile" ordinò di fare dei tentativi di rianimazione: si doveva fugare l'impressione che il Feldmarschall fosse morto, prosegue la sua testimonianza.

Successivamente un uomo delle SS ordina a Breiderhoff di pulire "il vomito" dalla bocca di Rommel: "cosa questa - precisa il medico - che ho fatto con un tampone rimuovendogli dalla gola anche la fiala vuota masticata di cianuro con del muco marrone". Sul certificato di morte, su ordine del "Comando supremo dell'esercito", doveva essere scritto decesso per infarto. Il dottor Breiderhoff riceve anche dall'uomo delle SS l'ordine del silenzio.

La messa in scena della morte di Rommel fu completata dai nazisti con funerali di Stato quattro giorni dopo, dove il Feldmarschall fu celebrato da eroe come il "generale del Führer". La moglie Lucia Maria Mollin e il loro unico figlio, Manfred Rommel, nato il 24 dicembre 1928 e morto giorni fa, il 7 novembre 2013, sapevano la verità. Il figlio Manfred, arruolato a 14 anni come Luftwaffehelfer nell'aviazione, dopo il suicidio forzato del padre, disertò e si arrese al generale francese Jean de Lattre de Tassigny. Nel dopoguerra Rommel junior era un politico molto popolare della Cdu, e sindaco rispettato di Stoccarda dal 1974 al 1996.