Rottamatore a chi?

Nel quartier generale di Sintetica a Mendrisio c’è una passerella da cui i visitatori, attraverso delle vetrine, possono osservare la catena di montaggio. I dipendenti in tuta protettiva maneggiano fiale di anestetico sfornate da macchinari ultra-moderni. Altri sistemano le confezioni pronte per essere spedite negli Stati Uniti. «Il mercato americano resta per noi importante nonostante tutto» sottolinea il Ceo Hubert Puech d’Alissac. I dazi dell’amministrazione Trump non toccano il settore farmaceutico (per ora) ma l’azienda in autunno si è vista respingere dalla FDA due nuovi farmaci che dovevano essere commercializzati oltre Oceano a partire da quest’anno. «È stata una doccia fredda» ammette il manager francese subentrato un anno fa alla guida della società. «Abbiamo dovuto intervenire di conseguenza, per garantire la sopravvivenza dell’azienda». Nel mezzo della crisi Puech d’Alissac ha preferito non rilasciare dichiarazioni: adesso, per la prima volta, si concede un’intervista.
Decisioni dolorose
«Sono stati mesi difficili e abbiamo dovuto prendere decisioni dolorose, ma ora possiamo confermare che i risultati trimestrali sono in linea con le aspettative e vanno nella direzione giusta» anticipa il Ceo. «Li illustreremo al personale in occasione della prossima settimana». Le «decisioni dolorose» sono note: a gennaio Sintetica ha annunciato il taglio di 15 posti di lavoro a Mendrisio e 40 a Couvet (NE). Questo due anni dopo avere concluso un grosso investimento nello stabilimento romando (40 milioni) proprio in funzione del mercato americano. Il rapporto con i sindacati «è stato molto costruttivo» inTicino, e nel frattempo anche le polemiche in Romandia si sono raffreddate: ma Puech d’Alissac non nasconde che nel breve periodo «andrà comunque trovata una soluzione». La scadenza è la fine dell’anno prossimo: «A Couvet abbiamo due linee di produzione di cui una non sta portando i risultati attesi. La prospettiva più concreta al momento è quella di una possibile cessione, ma le opzioni sul tavolo sono ampie. Stiamo lavorando per arrivare a una soluzione positiva».
Puech D’Alissac è un manager di lungo corso, che va diritto al punto. Ha lavorato per aziende farmaceutiche in 155 paesi, da ultima Teva in Italia - parla italiano fluentemente - e non è la prima volta che si trova a prendere misure drastiche. «Di solito vengo chiamato proprio in situazioni d’emergenza, per dare una svolta positiva» dice serio. Poi tranquillizza: «La differenza la fa proprio la capacità di anticipare i danni irreparabili, anche a costo di fare scelte impopolari».
Welfare «congelato»
I licenziamenti - ancora non conclusi - sono solo una parte della ricetta. Si sommano al taglio di una serie di benefit (palestra, colazione, premi fedeltà, contributo asilo nido per le fasce salariali più alte) ereditati da una lunga storia «progressista» da fabbrica olivettiana. Fondata nel 1921, Sintetica a oggi è l’unica azienda farmaceutica inTicino ad avere un contratto collettivo e «vogliamo proseguire in questa direzione senza alcun ripensamento» assicura Puech d’Alissac. Il manager presenta con un certo orgoglio il piano sociale approvato «a stragrande maggioranza» dall’assemblea del personale a febbraio. «Possiamo dire di avere concesso il massimo possibile sia in termini di tutele finanziarie, predisponendo un contributo base combinato con forme di sostegno calcolate sia in funzione dell’anzianità di servizio, che dell’età anagrafica». Per quanto riguarda i dipendenti (175) occupati a Mendrisio, essi «beneficiano ancora di molte misure di welfare aziendale e le altre non sono state abolite, ma solo messe in sospeso per un periodo di due anni» precisa Puech d’Alissac, che si rifiuta di passare per il «rottamatore» spietato. «Sono semplicemente una persona realista» precisa.
Prospettive future
Lo scenario peggiore non prevede in ogni caso la chiusura dell’azienda, né un «adieu» al Ticino da parte di Ardian, la società d’investimento francese che ha acquistato Sintetica nel 2019. «Ci tengo a sgomberare il campo da voci e illazioni che sono circolate purtroppo anche sui media di recente» prosegue il manager. «Abbiamo creduto fin dall’inizio in questa operazione, in cui metto la faccia personalmente, perché siamo convinti del valore dell’azienda, dei collaboratori e del know-how accumulato in un settore che in futuro crescerà, ossia quello dei farmaci iniettabili sterili».
A proposito di futuro, Ardian ha rivisto la strategia - «siamo tornati ad affidarci a partner locali negli Stati Uniti, non operiamo più direttamente» - e un progetto di espansione sul mercato italiano e francese. «Manteniamo comunque il nostro focus principale là dove siamo già forti, investendo ancora di più sul mercato svizzero e tedesco».
La situazione debitoria «è trasparente e sotto controllo, checché se ne dica» taglia corto Puech d’Alissac. «I debiti sono legati agli investimenti importanti che abbiamo realizzato e realizzeremo, mentre per quanto riguarda l’operazione di acquisto non c’è nessun mistero: si è trattato di un leverage buyout in cui gli ex proprietari mantengono quote di minoranza e continuano a essere molto attivi. Nessuna speculazione» conclude il manager. «Chiaro che nessuno investe per perdere soldi. Ma l’investimento rappresenta un’inziativa dal forte potenziale, in cui continuiamo a riporre piena fiducia per il futuro».
Attraverso le vetrate, è difficile dire quale possa essere l’umore dei dipendenti al lavoro nel laboratorio. Ma forse, per la prima volta dopo tanto tempo, anche sotto le tute protettive è tornato un po’ di ottimismo.