Rumeni e bulgari bussano già
SIBIU/LUGANO - Scaduto il periodo transitorio di dieci anni a tutela del mercato del lavoro interno, dal primo giugno scorso rumeni e bulgari beneficiano della libera circolazione delle persone in modo completo. In altre parole possono lavorare e risiedere nel nostro Paese senza restrizioni (o quasi), dopo che il 31 maggio è scaduta la cosiddetta clausola di salvaguardia, che ne limitava la presenza in base a contingenti stabiliti dalla Confederazione. Un primo giro d’orizzonte per fare il punto.
«Ogni settimana ricevo svariate telefonate da parte di cittadini rumeni che si informano sulle condizioni per poter venire a lavorare in Svizzera, in particolare in Ticino». È quanto afferma Marinela Somazzi Safta, console onorario della Romania a Lugano, sollecitata dal nostro giornale sull’estensione della libera circolazione della manodopera estera iniziata lo scorso primo giugno e di cui beneficiano, appunto, Romania e Bulgaria (la Croazia è l’unico Paese Est europeo a sottostare ancora a restrizioni sui permessi). Continua la console: «Ho notato che raramente mi telefonano i miei connazionali dalla Romania intenzionati a recarsi all’estero per lavoro; per contro, la maggior parte delle richieste arriva dai rumeni già regolarizzati in Italia, in singoli casi anche dalla Germania, dalla Francia e dalla Spagna». I rumeni residenti in Italia, secondo la statistica ufficiale, sono circa 1 milione e 300 mila (dati ISTAT), un bacino molto consistente e che alla luce della crisi economica e del mondo del lavoro italiano in particolare, può guardare, per questo, con interesse al mercato lavorativo elvetico e ticinese in particolare.
Anche se è presto per stilare un bilancio a soli venti giorni dal libero accesso al mercato del lavoro elvetico per rumeni e bulgari, emerge tuttavia che si è già manifestato un certo interesse. Ma chi sono questi cittadini che richiedono informazioni per venire a lavorare in Svizzera, rispettivamente per trasferire il proprio domicilio in Ticino? «Più che domandarsi chi sono, è opportuno interrogarsi perché mostrano interesse verso il mercato del lavoro ticinese, visto che sono in molti casi rumeni che vivono da anni in Italia, spesso con le proprie famiglie, regolarizzati, e in possesso della carta d’identità italiana». Precisa Somazzi Safta: «Azzarderei a leggere questa indicazione come frutto di insoddisfazione verso i loro salari e anche come un segnale di saturazione delle opportunità occupazionali nella vicina Italia. D’altra parte gioca un ruolo indiscutibile il richiamo di stipendi più alti ed allettanti a quelli in vigore nell’area comunitaria».
Per ora i dati ufficiali sugli arrivi di queste forze di lavoro Est europee alle nuove condizioni (semplice notifica di lavoro) non sono ancora noti. Fatto sta che l’informazione sull’estensione del diritto al lavoro incondizionato (senza i contingenti di prima) in Svizzera sono ben conosciuti tra i rumeni, come conferma la nostra interlocutrice. Non si dimentichi, che per quanto riguarda la Romania in particolare, hanno giocato in favore di una migliore conoscenza delle regole tra i due Paesi le visite di Stato della diplomazia svizzera e rumena, come quella del consigliere federale Ignazio Cassis lo scorso settembre a Bucarest. Ma anche la visita nella Confederazione di Liviu Dragnea, già presidente della Camera dei deputati di Romania a Berna alla fine del mese di maggio dell’anno scorso.
A quali categorie professionali appartengono questi potenziali lavoratori? «La maggior parte delle persone che cercano un lavoro meglio remunerato sono attive nel settore delle costruzioni, nel sanitario e parasanitario (infermieri, case anziani) e tra le badanti. Non mancano però i casi – direi inquietanti – di persone che non hanno un mestiere vero e proprio ma che cercano un lavoro dichiarando che accetterebbero qualsiasi mansione pur di avere uno stipendio. Ciò mi lascia perplessa per il fatto che queste persone finirebbero quasi certamente nei centri di assistenza cantonali oppure verrebbero addirittura espulse dal Paese per mancanza di mezzi di sostentamento». Una sorta di problema nel problema è costituito, infine, dalla richiesta da parte delle autorità competenti, del casellario giudiziale per coloro che richiedono il permesso di lavoro. Evidenzia in proposito Somazzi Safta: «Mi sono già confrontata con questo problema segnalando al direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi l’inutilità del casellario per coloro che sono già al secondo o addirittura al terzo rinnovo del permesso B. Il casellario, infatti, si può ottenere esclusivamente recandosi al Consolato della Romania a Berna, circostanza che rende la procedura difficile e dispendiosa nei confronti di questi cittadini. Auspico quindi una soluzione». Tornando ai permessi, la console ritiene che la scarsa richiesta di informazioni riscontrata direttamente dalla Romania sia attribuibile al fatto che in questo stesso Paese (dove il PIL ha raggiunto una media del 5% nel primo trimestre 2019) c’è una maggiore domanda di manodopera a fronte di stipendi in aumento. Determinate categorie professionali qualificate come i medici e gli ingegneri hanno visto aumentare i propri salari anche del 200 per cento e più. L’effetto sull’immigrazione è concreto.
«NESSUN FENOMENO DI MASSA, MA PERSONALE SELEZIONATO»
La reazione di Stefano Modenini, direttore di AITI
Il direttore dell’AITI Stefano Modenini, dal canto suo, rileva che nell’industria meccanica ticinese potrebbero trovare spazio ingegneri specializzati soprattutto dalla regione rumena della Transilvania, dove c’è una formazione universitaria avanzata. Singole realtà imprenditoriali ticinesi, in effetti, sono già attive nei due Paesi ed è ipotizzabile che ora possano trasferire personale in Svizzera con meno pastoie burocratiche e con vantaggio reciproco.
Dalla Romania, dunque, non è necessario temere alcun «fenomeno di massa», ma piuttosto l’arrivo di «personale selezionato». Un certo numero di ingegneri meccanici rumeni, del resto, sarebbe già attivo sul suolo cantonale, ma come detto, si tratta di «numeri limitati». L’AITI, sul fronte delle notifiche di lavoro per rumeni (e bulgari, che sono numericamente di gran lunga inferiori) non ha comunque riscontrato segnalazioni di cambiamento dalle autorità competenti. Fatto sta che anche in ambito industriale potrebbero far capolino in Ticino pendolari o frontalieri che rientrano in questa categoria di lavoratori Est-europei. Per quanto riguarda specificatamente i bulgari, le richieste di permesso riguardano soprattutto il settore dell’agricoltura e dell’assistenza per gli anziani. Occorreranno comunque perlomeno alcuni mesi per poter confrontare i bisogni del mercato svizzero e le richieste di lavoro provenienti da Romania e Bulgaria e trarre le prime significative conclusioni dovute al libero accesso al mercato del lavoro elvetico.