Sadiq Khan è il nuovo sindaco di Londra

Il partito laburista ha rivendicato con un tweet la vittoria del suo candidato, un 45.enne figlio di immigrati musulmani - A livello nazionale i laburisti tengono
Sadiq Khan con la moglie Saadiya
Ats
06.05.2016 20:20

LONDRA - Vince la Londra di oggi e di domani. Ha il volto pachistano di Sadiq Khan, 45 anni, deputato laburista figlio d'immigrati musulmani sbarcati in Gran Bretagna senza una sterlina in tasca, il nuovo sindaco della capitale britannica, metropoli sempre più variegata e multicolore.

Il risultato più atteso del voto amministrativo nel Regno Unito segna una svolta storica, in termini di simboli e non solo. In un panorama nel quale per il resto il Labour anti austerity di Jeremy Corbyn, sotto il tiro incrociato della fronda interna e dei media, mette a segno uno 'score' in chiaroscuro: malissimo nell'ex roccaforte scozzese; meglio del previsto in Inghilterra e Galles, tanto da completare in extremis un inatteso controsorpasso in percentuale nazionale sui conservatori del premier David Cameron.

Questi ultimi possono a loro volta salutare l'avanzata in Scozia, dove si conferma (pur senza maggioranza assoluta) il dominio degli indipendentisti dell'Snp di Nicola Sturgeon, ma i Tory si piazzano secondi sopravanzando in seggi i laburisti per la prima volta. Più a sud rialzano la testa gli euroscettici dell'Ukip, dall'Inghilterra postindustriale depressa fino al Galles, dove la formazione di Nigel Farage 'sconfina' con un inedito bottino di sette eletti nell'assemblea nazionale locale confermando un consenso fra il 15 e il 20% laddove non si vota col maggioritario secco: fatto tutt'altro che irrilevante - almeno sulla carta - in vista del referendum del 23 giugno sulla Brexit. Mentre qualche spiraglio di resurrezione arriva pure per i LibDem.

Come sempre quando i risultati si mescolano e i contesti si sovrappongono, ciascuno cerca di guardare al bicchiere mezzo pieno di casa sua e a quello mezzo vuoto degli avversari. Cameron esulta per "lo storico successo" scozzese di Ruth Davidson, la sua plenipotenziaria a Edimburgo, e per la debacle sul fronte nord del Labour che, punge, "è ossessionato dai sacri principi della sinistra" ma "ha perso il contatto con i lavoratori". Corbyn - messo sul banco degli imputati dai detrattori ancor prima che si cominciassero a scrutinare le schede - rivendica però alla sua barca di aver tenuto botta. Ammette il flop in Scozia, ma sottolinea le previsioni negative smentite in Inghilterra, il risultato "eccellente" in Galles (dove il Labour resta al potere pur mancando di un soffio il 50% più uno) ed evidenzia i municipi in cui l'opposizione è anzi "avanzata": a Londra e a Liverpool, come in vari centri minori.

La verità è probabilmente a metà strada. Il Labour - azzoppato negli ultimi giorni anche dal 'caso antisemitismo' - ha perso consensi rispetto alle vittoriose amministrative del 2012, mentre ne ha recuperato qualcuno sulle catastrofiche politiche del 2015. I Tory hanno fatto l'inverso. Inviso all'establishment fin dalla sua ascesa a sorpresa sulla poltrona che fu di Tony Blair poco più di otto mesi fa, Corbyn può in ogni modo far valere la conferma di pressoché tutti i Consigli comunali inglesi ereditati (appena una ventina i consiglieri perduti, meno dei Conservatori) e una quota percentuale aggregata a livello nazionale del 31% contro il 30 del partito di Cameron. Elemento dal valore numerico relativo nel sistema britannico (con questi dati i Tory manterrebbero una prevalenza di seggi ai Comuni, pur perdendo l'attuale maggioranza assoluta), ma politicamente spendibile.

Il vero valore aggiunto per l'opposizione arriva tuttavia da Londra, realtà a parte, ma jackpot d'indiscusso peso e prestigio. Poco importa che Sadiq Khan, il nuovo sindaco, già fedelissimo dell'ex leader Ed Miliband, non sia un corbyniano organico. La sua resta infatti una vittoria targata Labour, una svolta dopo otto anni di potere del carismatico conservatore Boris Johnson.

Khan, il figlio dell'autista pachistano di bus cresciuto in una casa popolare, ha battuto nettamente il conservatore Zac Goldsmith, erede di una dinastia miliardaria di banchieri e aristocratici, figlio del finanziere sir James Goldsmith e di lady Annabel Vane-Tempest-Stewart, regina dei salotti e della vita notturna londinese. A Goldsmith non è servito schierarsi al fianco del popolare Johnson nella campagna referendaria anti-Ue, né abbandonare l'aplomb da gentleman per cavalcare - con toni ai limiti del razzismo, secondo le voci critiche - la paura del sindaco "islamico".

Khan lo ha spazzato via, ma non è solo il primo 'mayor' musulmano che rompe un tabù: può essere il sindaco di tutti i nuovi venuti, gli outsider e i dimenticati di una megalopoli che - con il suo scintillio e le sue contraddizioni - si nutre del loro lavoro. Una città in cui gli anglosassoni bianchi non superano oggi il 45% e senza la cui spinta, senza i cui soldi (speculazioni incluse) la vecchia Inghilterra non sarebbe ormai se non una nazione insulare di media grandezza in declino.

A livello nazionale il Labour sorpassa i Tory

Controsorpasso a sorpresa del Labour sui Tory in Gran Bretagna, secondo le proiezioni Bbc del dato nazionale percentuale aggregato. Il partito di Jeremy Corbyn è dato al 31%, contro il 30 di quello di David Cameron, malgrado la batosta in Scozia. Anche se nel sistema britannico le percentuali hanno valore relativo, si tratta di una smentita delle previsioni, tanto più che il Labour in Inghilterra mantiene pressoché tutti i consigli comunali - quasi il doppio dei Tory - e non perde più di una ventina di consiglieri: meno dei conservatori.

 

Irlanda del Nord, conferme per i due partiti principali

Nelle elezioni per l'Assemblea dell'Irlanda del Nord si confermano i due principali partiti, gli unionisti del Dup e i repubblicani del Sinn Fein, che già condividevano i vertici del governo locale emerso dopo gli accordi di pace al termine del conflitto in Ulster.

La 'first minister' uscente, Arlene Foster del Dup, conta di essere riconfermata, col suo partito che ha conquistato 16 seggi, quando ne sono stati scrutinati 28 su 108, mentre il Sinn Fein ne ha ottenuti sino ad ora otto.

Irlanda, Kerry riconfermato primo ministro

A più di due mesi dalle elezioni politiche in Irlanda e dopo lunghe trattative, Enda Kenny è stato ufficialmente riconfermato primo ministro con un voto di fiducia del parlamento di Dublino.

Il leader del Fine Gael guida così un governo di minoranza con l'appoggio esterno del Fianna Fail, nonostante la storica rivalità fra i due schieramenti.

Entrambi i partiti sono di centrodestra ma si scontrarono nel corso della lotta per l'indipendenza dell'Irlanda dalla Gran Bretagna e, sebbene siano passati decenni da quei fatti, è rimasta un frattura storica a dividerli.

Critici i laburisti, che formavano una coalizione guidata da Kenny nel suo precedente governo, secondo cui l'accordo avrà breve durata.

Scozia, per Sturgeon un governo di minoranza

Nicola Sturgeon formerà un governo di minoranza dopo la vittoria del suo Scottish national party (Snp) nelle elezioni per il parlamento di Edimburgo. Lo ha dichiarato la 'first minister' scozzese dopo aver definito come "storico" il risultato ottenuto dal suo partito, che si è aggiudicato 63 seggi. Successo che però non ha permesso la conquista della maggioranza assoluta nell'assemblea di Holyrood.

Il mandato per Sturgeon è comunque "chiaro e inequivocabile" e l'Snp non intende fare accordi con altri partiti.

Il Galles resta in mano ai laburisti

Il Partito Laburista mantiene il controllo del Galles, storico bastione industriale e minerario, dopo il voto amministrativo di ieri in Gran Bretagna. Secondo dati ormai consolidati dello scrutinio relativo all'assemblea nazionale gallese, la formazione di Jeremy Corbyn si aggiudica 29 seggi perdendone solo uno. Mentre i Conservatori di David Cameron si fermano a 9, arretrando di tre e venendo scavalcati dagli indipendentisti-autonomisti locali di Plaid Cymru, che salgono da 10 a 11.

Importante affermazione locale infine degli euroscettici dell'Ukip di Nigel Farage che escono dai confini dell'Inghilterra e non solo entrano per la prima volta nell'assemblea del Galles, ma con ben sei eletti: oltre le previsioni più favorevoli.

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